La pandemia da Covid19, le restrizioni imposte dai governi, non solo quello italiano, e i loro effetti sono state le grandi protagoniste delle note regionali della Banca d'Italia sull'economia ligure nel 2020.
Conseguenze, per la maggior parte negative come naturale fosse in un periodo di congiunture sfavorevoli a livello globale, molto eterogenee a seconda dei settori presi in analisi: decisamente più incisive per il settore terziario e i servizi, sul quale hanno pesato il calo delle presenze turistiche e dei traffici portuali, meno significative invece per quanto riguarda l'industria, in particolare grazie alla ripresa del secondo semestre dell'anno.
"Nel tracciare il consuntivo dell'anno trascorso delineiamo un punto di minimo da cui confidiamo di riprenderci velocemente - ha auspicato nei suoi saluti iniziali la dottoressa Marina Avallone, direttrice della sede genovese della Banca d'Italia che da settembre lascerà il capoluogo ligure per spostarsi a Napoli - L'analisi ha confermato le informazioni ricavate nel primo trimestre: la Liguria ha risentito, come d'altronde tutto il Paese, in maniera significativa della pandemia. L'industria dopo il brusco calo della prima metà dell'anno è riuscita a conseguire un buon recupero, dovuto principalmente alle caratteristiche dell'economia regionale".
A illustrare nel dettaglio il complesso quadro è stato il dottor Alessandro Fabbrini della divisione "Ricerca economica territoriale" di Bankitalia. Nelle slide mostrate sono stati analizzate alcune macro aree: i contorni dei due principali settori produttivi (industria e terziario), il mercato del reddito per imprese e famiglie, il mercato del lavoro e la finanza pubblica.
Secondo l'indagine annuale, come detto, situazione meno drammatica per l'industria. A essere prese in analisi in questo caso sono state le imprese con almeno 20 addetti: per queste gli effetti della pandemia su fatturato (-1,3%), ore lavorate (-3,3%) e occupazione sono stati attenuati dalla specializzazione regionale in comparti a lunghi cicli produttivi. Ad esempio quello edile, già molto ridotto nei numeri di grandi imprese presenti sul territorio regionale, rimasto stabile sia nella componente privata che in quella pubblica: questo comparto aveva registrato un ciclo regressivo già in passato riducendo i livelli di attività, ma proprio gli investimenti pubblici in infrastrutture come quelle portuali e stradali (Terzo Valico e Ponte San Giorgio) hanno fornito un contributo importante alla tenuta del settore.
Non altrettanto si può invece dire del terziario, comprensivo di turismo, commercio, logistica e intermediazione immobiliare, per il quale determinante è stata la contrazione dei flussi di movimento, sia delle merci che delle persone. In quest'ultimo caso gli effetti sono stati duplici andando a incidere sia sull'economia dei porti liguri e quindi anche sul turismo: negli scali regionali, con una preponderante componente crocieristica, i transiti sono calati del 70%, dato collegato alla diminuzione delle presenze turistiche complessiva del 40% in Liguria sulla quale pesa un -66% dei soli stranieri.
Un approfondimento lo hanno meritato i porti, in particolare per quanto riguarda i traffici: la sofferenza della componente containerizzata è risultata in linea col dato nazionale (-8%), ma la diminuzione globale è stata del 15%.
Nel comparto immobiliare sono diminuite le compravendite di circa il 9%, con un forte recupero nella seconda parte dell'anno non suffciente a riportare in positivo i risultati del territorio.
Questi numeri portano quindi all'analisi delle condizioni economiche e finanziarie delle imprese, la cui redditività è peggiorata portando a un contestuale aumento del fabbisogno finanziario che ha ottenuto due effetti: l'aumento della domanda di nuovo credito bancario con un maggiore livello di indebitamento e un miglioramento della situazione di liquidità, fondamentalmente per cautela.
E cautela è la parola chiave, il mantra, anche delle famiglie liguri, per cui le condizioni finanziarie rimangono nel complesso solide, nonostante oltre il 10% di esse abbia vissuto momenti con la privazione di un reddito da lavoro. Se nel 2019 la ricchezza netta era pari a quasi 11 volte il reddito e la quota finanziaria era prevalentemente costituita dalle forme più liquide (come i conti correnti) e diversificate (fondi comuni), alla fine del 2020 il rapporto tra debito e reddito disponibile, pur aumentando, si è mantenuto inferiore rispetto alla media nazionale e del nord ovest.
Come si sono poste le due diverse entità, imprese e famiglie, nei confronti del credito? Contrastanti sono state le risposte alla crisi pandemica: per i primi è aumentata la domanda di prestiti, in particolare a medio e lungo termine, in crescita del 4,2% (su cui pesa in maniera particolare il +10,1% delle piccole imprese) con una corrispondente distesa delle condizioni di offerta e ampio e crescente ricorso a moratorie e garanzie pubbliche alle quali hanno fatto ricorso oltre i due terzi delle aziende; per i secondi invece la richiesta di credito, specialmente quello al consumo, ha rallentato (-0,9%) nonostante la continua crescita su ritmi analoghi a quelli del 2019 per i mutui e la ripresa di slancio per la richiesta di surroghe, sia per il livello dei tassi sia per il differenziale tra variabile e fisso. Proprio la predilezione delle famiglie della nostra Regione verso quest'ultima tipologia di tassi in prospettiva potrà essere elemento di contrasto alla loro vulnerabilità finanziaria.
"I dati creditizi nel primo trimestre vanno verso un consolidamento dei segnali dell'ultima parte dell'anno scorso - hanno spiegato ancora i ricercatori di Banca d'Italia - in particolare sui prestiti alle famiglie consumatrici e alle imprese. Sui depositi vi è una sostanziale continuità del dato, come per il tasso di deterioramento congelato dalle misure a sostegno famiglie e imprese. Non si segnalano variazioni di rilievo".
Vulnerabilità e insicurezza dovuta alla pandemia incidono sui redditi familiari, in particolare da lavoro dipendente, per i quali è aumentata la disuguaglianza, riflettendosi nei consumi: questi sono diminuiti in misura più che proporzionale rispetto al reddito il cui calo è stato mitigato dalle misure di integrazione salariale (Cig, Fondi di solidarietà e Naspi) e dai trasferimenti pubblici (RdC, PdC, REm e fondi alimentari).
Interventi come questi ultimi hanno contribuito a mantenere bassi i flussi di nuove posizioni deteriorate per famiglie e imprese, che hanno incrementato i depositi bancari in totale del 7,5% (per i secondi +18%), portando quindi all'analisi dell'azione dell'operatore pubblico. Nel 2020 gli enti territoriali liguri, sostenuti da un deciso incremento dei trasferimenti statali, hanno aumentato le voci di spese dirette ad attenuare gli effetti economici della pandemia e per potenziare l'assistenza sanitaria (+30%), con una contestuale diminuzione delle entrate relative ai tributi (ad esempio gli sconti sulle tasse come la Tari o la Cosap).
E a proposito di interventi statali, resta imprevedibile il futuro dell'occupazione alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti: "Stimare un eventuale calo è esercizio molto arduo - dice Fabbrini - I dati per l'industria si sono rivelati meno peggiori delle attese e per questo si tendono a escludere shock pesanti sull'industria Più complicato è invece prevedere l'effetto sui servizi che in verità hanno già pagato un prezzo piuttosto elevato per quanto concerne i contratti a tempo determinato non rinnovati". La pandemia ha infatti prodotto un forte calo di ore lavorate (-10,3%) con un impatto sul numero di occupati dell'1,7% in meno attenuato dalle misure a tutela dei lavoratori dipendenti, le cui assunzioni nette sono, come prevedibile, fortemente calate. I numeri sono comunque stati inferiori a quelli delle due aree di confronto (nordovest e intera Italia) pur con un dato in comune: il flusso si è deteriorato per le categorie già in svantaggio, ossia giovani e donne, scoraggiate dal trovare un nuovo lavoro con la conseguente diminuzione del cosiddetto "tasso di attività".
Cosa sarà a questo punto del futuro? Tra i nodi ritenuti cruciali la Banca d'Italia evidenzia l'evoluzione futura della pandemia, i tempi e le modalità di rientro dalle misure di sostegno, il clima di fiducia che avranno le due tipoligie di attori della scena economica quali sono famiglie e imprese e, per ultimo, l'intensità della ripresa internazionale.
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