“La condanna di Scajola a due anni per il favoreggiamento della latitanza di Amedeo Matacena, un condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa (mica per divieto di sosta), non sorprende. La tesi difensiva portata da Scajola a giustificazione del suo operato, ovvero una sorta di parziale incapacità di intendimento causata dal "trasporto" per l'avvenente moglie del latitante, appariva anche più debole del suo classico, già tragicamente utilizzato in passato, sugli eventi accaduti a sua insaputa”. Interviene in questo modo ‘Sinistra Italiana’ di Imperia, dopo la condanna per Claudio Scajola.
“Solo un collegio giudicante appassionato di reality sentimentali –prosegue - poteva trovare penalmente giustificante la scusa del "trasporto" di fronte ai comportamenti ammessi da Scajola ed al contesto emerso dalle indagini. Ma noi, che siamo garantisti, attendiamo con pazienza l'esito finale dei vari gradi di giudizio, confidando che Scajola, a differenza del passato, sia pronto a rinunciare ai tempi della prescrizione dei reati contestatigli. Nelle prime dichiarazioni rilasciate appena dopo la lettura della sentenza, Scajola definendosi uomo delle istituzioni, ha dichiarato che non intende dimettersi, non trattandosi di una condanna relativa ad atti amministrativi svolti nell'esercizio delle sue funzioni di Sindaco. Come se, dopo una condanna in primo grado per un reato grave e commesso con un comportamento oggettivamente imbarazzante, l'opportunità di mantenere un ruolo istituzionale delicato come quello di sindaco possa giustificarsi sulla base di un tecnicismo giuridico”.
“Ricordiamo al Sindaco di Imperia che, come sancito dall'Art. 54 della Costituzione, chi assume un ruolo politico nelle Istuzioni deve porsi il problema di svolgerlo in modo specchiato e con onore, condizione difficile da riconoscergli già per quanto emerso durante il processo di Reggio Calabria e ancora più dopo la condanna. Il nostro Sindaco sembra pervaso non tento dal senso, bensì una forma di nonsenso dello Stato e delle Istituzioni. La decisione di non dimettersi non sorprendente, dal momento che la carriera politica ed istituzionale di Scajola è costellata di dimissioni non date volontariamente, ma imposte successivamente data la gravità delle vicende che l'hanno coinvolto. Ripercorrendo nel tempo le sue precedenti mancate dimissioni, si parte da quelle dopo la vergognosa gestione dell'ordine pubblico durante il G8 di Genova nel 2001 quando, da Ministro dell'Interno, avallò le risibili giustificazioni sull'irruzione e i pestaggi della Polizia nella scuola Diaz. Per dare sfoggio del suo nonsenso dello Stato anche nella città di Imperia, replicò all'esposizione sui balconi cittadini di lenzuola da parte di chi ne chiedeva le dimissioni, organizzando una contro esposizione di bandiere italiane. Solo chi aveva un nonsenso dello Stato, infatti, poteva pensare di utilizzare la bandiera di tutti gli italiani per dare sfoggio del proprio potere contro chi democraticamente lo contestava”.
“Per vedere finalmente affermata la sua inadeguatezza a ricoprire il ruolo di Ministro degli Interni, si dovette attendere lo scandalo per l'epiteto di 'rompicoglioni' affibbiato al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse anche perchè rimasto senza scorta a seguito del taglio di quei "privilegi" determinato proprio da una circolare dell'allora Ministro Scajola. A quelle dimissioni si arrivò esclusivamente grazie alla risolutezza dei giornalisti presenti quando quella frase fu pronunciata dall'allora Ministro, nonostante le pressioni e il goffo tentativo dello stesso di negarla con la celebre scusa ‘non mi riconosco in quelle dichiarazioni’. La scusa più celebre per tentare, invano, di evitare di dover dare le dimissioni Scajola la pronunciò però in occasione dello scandalo della casa romana con vista Colosseo, pagata in gran parte "a sua insaputa". Anche in quel caso il nonsenso dello Stato del nostro Sindaco lo portò ad un disperato tentativo di difesa della poltrona che lo proiettò dalle cronache politico giudiziarie a quelle della satira.
“Ora che – termina Sinistra Italiana -, per quella vicenda giudiziaria, il reato ipotizzato è stato dichiarato prescritto (per le figuracce l'oblio ha termini più lunghi) e la prestigiosa casa romana è stata venduta, attendiamo ancora di sapere da Scajola a chi ha destinato in beneficenza la plusvalenza realizzata cedendola, come aveva promesso nel tentativo di riabilitare la sua immagine. Rimanendo alle cose realistiche siamo invece fiduciosi che, in caso di rinvio a giudizio per l'indagine di peculato in corso per l'uso dell'auto del comune, il sindaco Scajola, appellandosi al suo nonsenso dello Stato, saprà efficacemente giustificare le ragioni per cui valuterà non opportune ne necessarie le sue dimissioni”.
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