Nel 1962 la nostra zona frontaliera veniva interessata per l’ultima volta da un’operazione che potremmo definire «d’altri tempi»: l’incippamento del nostro confine nella zona di Olivetta San Michele, che comportò, tra l’altro, un arretramento della linea di confine con di qualche centinaio di metri a vantaggio dell’Italia, contro alcuni piccoli appezzamenti ceduti ai francesi a titolo di compensazione.
Dopo la delimitazione del nuovo confine italo-francese fissato dal Trattato di pace di Parigi del febbraio 1947, erano infatti rimasti in sospeso alcuni tratti su cui le delegazioni dei due paesi avevano riscontrato alcune divergenze. In particolare, nel comprensorio olivettano, era rimasto da definire il tratto da Serra dell’Arpetta a Monte Mergo, a cavallo della val Roja e dei torrenti Trono e Bevera, per uno sviluppo di circa sei chilometri. Nel 1961, su iniziativa del governo italiano, fu istituita una Commissione mista italo-francese con l’incarico di procedere alla delimitazione del confine nei tratti in cui questo era rimasto in sospeso.
Nel corso di una riunione preliminare, svoltasi presso il ministero degli Esteri il 13 giugno 1961, alla presenza, tra gli altri, del capo della delegazione italiana della Commissione, di un rappresentante della presidenza del Consiglio e dei ministeri dell’Interno, degli Esteri e della Difesa, vennero quindi stabilite, in linea di massima, le richieste da formulare ai francesi.
Per quanto riguarda la zona di Olivetta, fu deciso di concordare con la delegazione transalpina una serie di piccole compensazioni locali al fine di migliorare il tracciato dove fosse stata riscontrata una sua scarsa rispondenza alle esigenze economiche locali, rappresentando ai delegati francesi la situazione del Comune ligure e le possibili soluzioni, allo scopo di rendere più razionale il tracciato del confine. Il 27 luglio Claviere, il generale Courtiade comunicò ufficialmente che il suo governo era disposto ad accettare di incippare il tratto di Olivetta San Michele, secondo la «linea rossa» dell’Allegato I del Trattato di pace, ma con la riserva che non si sarebbe potuto procedere ad alcun tipo di compensazione locale.
Dal 10 settembre al 15 novembre 1962 venne quindi effettuato l’incippamento nel tratto di Olivetta con la posa di 27 termini di confine. Sebbene gli impegni presi fossero quelli di seguire la 'linea rossa' del Trattato di pace, il capo della delegazione italiana riuscì a convincere il suo omologo transalpino, nello spirito di una fattiva collaborazione e tenendo presenti i rapporti amichevoli tra le due delegazioni, dell’opportunità per entrambi gli Stati di effettuare piccole compensazioni locali al fine di tracciare un confine più razionale. Fu così possibile risolvere numerosi problemi riguardanti gli interessi degli abitanti della zona e migliorare sensibilmente l’andamento del confine.
In particolare, furono retrocessi all’Italia il grande tornante a sud di quota 406 della rotabile tra Olivetta e il punto quotato 499 (eliminando così i molteplici attraversamenti previsti dal Trattato di pace); la mulattiera Olivetta-Punta Becché in testata dell’impluvio che sbocca nel torrente Bevera in località Torre, assicurando in tal modo un agevole collegamento tra il centro abitato e una zona particolarmente ricca di uliveti, oltre a evitare il taglio delle proprietà italiane attraversate dalla stessa mulattiera; una consistente fascia di terreno (circa due ettari di bosco di pino marittimo), nella zona ad ovest di quota 569 della dorsale di Cima di Trono, in modo da avvicinare la linea di confine alla cresta della suddetta dorsale, per un tratto di circa; una piccola fascia lungo la rotabile San Michele-Olivetta, in corrispondenza del ponte sul rio di Trono, allo scopo di salvaguardare il diritto per l’Italia di allargare la strada in corso di avanzata progettazione da parte del Genio Civile di Imperia.
Da parte sua, ricevette in compenso una ristretta fascia di terreno parzialmente coltivata a uliveto, a sud-ovest di Case Arin, verso il fondo della val Roja, e un’altra piccola fascia di terreno incolto, nel tratto compreso tra quota 569 e l’ingresso nord della galleria 'Fanghetto'.