Questa sera alle 21.15 nell’ambito delle manifestazioni collaterali legate alla mostra “Sanremo e l’Europa”, che stanno caratterizzando l’estate sanremese 2018, verrà proiettato un film di successo della lontana stagione cinematografica 1913.
“Ma l’amor mio non muore” fu lanciato, 115 anni fa, in prima mondiale nel Giardino d’inverno del Casinò Municipale, alla presenza di un pubblico strabocchevole, della famosa diva pro tempore Lyda Borelli e del regista Mario Caserini.
I set esterni di quella grandiosa produzione erano stati i giardini dell’Imperatrice, il porto e la stazione di Sanremo e la villa Sultana di Ospedaletti.
L’occasione offerta da Carla e Walter Vacchino ripropone questo reperto ed uno dei primi cinegiornali d’attualità, anche se sono passati 115 anni dagli eventi dal titolo Sanremo Perla della Riviera.
Il critico cinematografico de La Repubblica Renato Venturelli introdurrà la pellicola, situandola nel contesto in cui venne realizzata, ponendo particolare attenzione, come emerge dai suoi scritti, sulla “liguricità” del film: a partire da Lyda Borelli il cui luogo di nascita oscilla tra la Spezia e Rivarolo Ligure, mentre più certa è la paternità della sceneggiatura degli autori genovesi Monteleone e Bonetti.
Ci sarà lo spazio, nella sua prolusione, di parlare anche di una famiglia sanremese molto attiva in sede locale ed internazionale nel lungo cammino del Cinema italiano del quale furono tecnici e realizzatori di gran prestigio: Eugenio e Mario Bava, rispettivamente padre e figlio.
Il primo dei due, scultore, fotografo, elettricista folgorato da una delle tante produzioni che sceglievano il sole di Sanremo si converti alla settima arte creando la Sanremo Film e realizzando numerose coproduzioni con la Artistic Cinema Negatives di Sanremo: pellicole richiestissime a causa della tumultuosa crescita delle sale di proiezione. Emigrato a Torino e quindi a Roma si affermerà come uno dei più inventivi tecnici cinematografici, lasciando il testimone al figlio Mario il quale alternerà all’attività di direttore della fotografia a quella di regista inventando il genere “horror” del quale resta, soprattutto all’estero uno dei rappresentati più autorevoli.
Renato Venturelli, critico del quotidiano La Repubblica, ha redatto per il catalogo della mostra un saggio sulla Sanremo cinematografica di inizio novecento con una dettagliata descrizione della importanza produttiva che fugacemente assunse Sanremo per alcuni anni, divenendo sede fissa di produzioni UFA tedesche, delle escursioni della Pathè e di altre produzioni nazionali come il film di questa sera.