“Arrivammo a S. Remo al pomeriggio del 16 aprile 1601” racconta Padre Labat nel suo libro Voyages (edito successivamente nel 1731) in occasione della sua tappa in Liguria mentre si recava in pellegrinaggio a Roma.
Nella nostra città trascorse alcuni giorni lasciandoci preziose notizie sulla vita di allora completamente ignote.
Si scopre così che a Sanremo si producevano alcuni tipi di pasta per esportarli in Provenza.
Ad esempio, Padre Labat ci racconta: “Ora parlo dei Macaroni, e nessuno ne sa qualcosa in proposito; occorre specificare, affinchè nessuno li scambi per i pasticcini che in Francia chiamiamo “Macaron”.
I Macaroni, Vermicelli, Andarini, Tagliolini, Fetucine, Mille Santi ed altri passano tutti sotto il nome generico di pasta.
In effetti è un impasto di farina della più fine e migliore che si possa trovare, lavorata senza lievito a lungo, battendola sino alla consistenza opportuna; messa in una tortiera con piccoli fori e comprimendo la leva con forza, si fornisce alla pasta la grandezza e la forma dei fori dalla quale esce. Ci sono dei buchi tondi e della sezione di una piuma da scrittura e la pasta che ne esce a forma di bastoncini, mantiene la stessa misura per tutta la lunghezza. Ed è quella chiamata “Macaroni”.
I “Vermicelli”, o piccoli lombrichi, non sono più grossi del crine di un cavallo; e più sono sottili maggiormente sono apprezzati, ma bisogna che i fori dai quali passa siano molto piccoli.
Si fanno questi Vermicelli in case particolari con una siringa il cui cannello è forato da una gran quantità di piccoli buchi. La pasta per questi deve esser preparata con molta cura e meno compatta che per le altre preparazioni. Mentre si comprime si deve girare in tondo il passa pasta per fare dei gomitolini di un’oncia ciascuno.
I “Tagliolini” si fanno stendendo piatto l’impasto e tagliandolo a losanghe.
Le “Fetucine” o nastrini sono larghe da 8 a 10 linee, dello spessore di un foglio di carta. Si arrotolano in modi differenti uscendo dal passa-pasta.
Gli “Andarini” o “Mille fanti” si lavorano a mano. I primi sono rotondi più o meno della grandezza degli Anicini di Verdun. I secondi hanno la stessa misura ma sono più lunghi di tre linee appuntite sulle due estremità.
Ne esistono a forma di seme d’arancia e di limone.
Altri sono simili a semenze di melone o di cetriolo ed ognuno si modella a fantasia, ma sempre con la medesima pasta. Se ne produce molta di queste ultime forme in Sardegna dove il grano e di qualità eccellente e la farina candidissima.
Sono le donne a produrle in grande quantità, in particolare le religiose perche l’operazione richiede grande attenzione, ma non impedisce di chiacchierare, esercizio abituale e favorito di ogni sesso, soprattutto da chi è dietro le griglie di una clausura.
Il consumo che si fa in Italia di questi piatti è sorprendente. Quelli che non hanno ancora abbandonato gli antichi modi di vivere si pascerebbero piuttosto di pane che di Maccheroni o altra pasta del genere.
Costituisce la minestra ordinaria ed ecco come si prepara: preparato un brodo di carne senza verdure, con il solo sale, si pone una pentola piatta su un fuoco dolce con la quantità di pasta voluta. Mentre si scalda lentamente si irrora continuamente aggiungendo il brodo, lasciandola assorbire ed ingrossare; quando si vede la pasta gonfiata al giusto livello, prima che si spappoli e sia tenera, ma ben umettata si serve in tavola.
Se ne prepara anche senza brodo di carne, cuocendola in acqua calda per qualche minuto, per rammollirla ed umidificarla, recuperandola con uno schiumatoio e deponendola in un piatto coperta di formaggio grattugiato, talvolta spolverizzata di cannella o di pepe.
Genovesi e napoletani considerano un festino regale, mangiare un quarto di staio di questo bollito di carne. Ma bisogna esse di bocca buona per giudicarlo di buon sapore, a meno che non sia accompagnato da Andarini o Vermicelli cotti in un buon brodo e senza formaggio; per buono che sia, dà un certo sapore che non sono mai stato in grado di gradire.
Questo piatto di pasta è molto nutriente ed è giudicato di facile digestione malgrado il suo contenuto.
Abbiamo visto a San Remo molte manifatture di Maccheroni e Vermicelli; si mangiano usualmente in Provenza e la consuetudine comincia a far breccia anche a Parigi.
Quando queste paste sono fresche e di buona fattura sono bianche, ma ingialliscono con il tempo e prendono un odore poco gradevole.”
Voyages du P. Labat en Espagne et en Italie
Tome premier - au depens de la Compagnìe MDCCXXXI
La Mostra SANREMO e l'EUROPA in svolgimento a Santa Tecla sino al 9 settembre, è strettamente collegata al copioso patrimonio artistico e storico esistente nel Museo Civico di Piazza Alberto Nota in Sanremo, con la Pinacoteca Rambaldi di Coldirodi e la Chiesa di Santa Brigida nella Città vecchia; tutti luoghi che invitiamo caldamente di visitare. -
- Ingresso libero orario 17- 23.
Chiusura settimanale: il Lunedì
- Programmi - Programmi Domani LUNEDI’ 27 Agosto all'Ariston-Sala 1 - Ore 21,15 verranno proiettati il documentario Sanremo la perla della Riviera ed il Film Ma l'amor mio non muore di Mario Caserini girato a Sanremo nell'anno 1913. La cittadinanza è cordialmente invitata dall’Ariston, dal Polo Museale di Genova, dal Comune di Sanremo e dal Club per l’Unesco di Sanremo nell'ambito delle manifestazioni collaterali alla Mostra Sanremo e l'Europa. - Giovedì 30 agosto ore 21: “Parole scritte, lette, cantate e recitate" - A cura di Elio Marchese: recita l’attore Gianni Modena e canta il tenore Gabriele Esse accompagnato dal maestro Carlo Zaccaria |
La Mostra proposta dal Club per l’Unesco di Sanremo “Sanremo e l’Europa: l’immagine della città tra Otto e Novecento” che si svolge a Santa Tecla resterà aperta sino al 9 settembre, e si avvale del Patrocinio del Polo Museale Ligure, del contributo del Comune di Sanremo, del prezioso aiuto degli Sponsor Banca di Caraglio, COOP Liguria, C.N.A. Imperia, UNOGAS e Impresa Marino Sanremo.