Una foto al giorno dalla Mostra di Santa Tecla
La Mostra proposta dal Club Unesco di Sanremo “Sanremo e l’Europa: l’immagine della città tra Otto e Novecento” che si svolge a Santa Tecla ha ieri segnato il record giornaliero di 450 presenze, La manifestazione resterà aperta sino a settembre, e si avvale del Patrocinio del Polo Museale Ligure, del contributo del Comune di Sanremo, del prezioso aiuto degli Sponsor Banca di Caraglio, COOP Liguria, C.N.A. Imperia, UNOGAS e Impresa Marino Sanremo.
Quando sul porto e all’Arenella si commerciava
bestiame inventando sushi e street food
Anche nella seconda porzione dell’800 Sanremo sembra già essere Sanremo, come recita una moderna tautologica pubblicità derivata dal giudizio sull’impossibilità di definire la regina dei fiori adeguatamente: La
rosa è una rosa.
Il “Quando” del titolo anticipa fatti accaduti, almeno a giudicare da quanto racconta il famoso storico inglese d’arte antica John Addington Symonds nel suo libro scritto a Sanremo ed apparso nel 1879 con il titolo Sketches and Studies in Italy and Greece:
La banchina funge da mercato del bestiame. E’ il posto dove le piccole mucche del Nord Italia riposano dopo il lungo viaggio a zoccoli; stanno inginocchiate sul terreno sabbioso o strofinandosi fianchi e schiena contro un’antica croce di legno e tutti i suoi simboli. Gli agnelli sgambettano tra le barche a secco; bambini impudenti accarezzano le orecchie cadenti di muli pazienti. Mandriani in giacca bianca e pantaloni di pelle al ginocchio, conducono ispidi montoni e vivaci capre barbute, pronte a dar testate ad ogni cane che abbai; sempre alla ricerca di vie di fuga. Agricoltori e preti da parrocchia con lunghi sottanoni neri, scelgono il bestiame e ne contrattano il prezzo, oppure discutono d’affari davanti ad una bottiglia di vino.
Nel frattempo le reti sono tirate a riva scintillanti di sardine ancora vive, che sono cucinate friggendole come i bianchetti, con seppie e oggetti amorfi dai lucidi tentacoli allungati sulla sabbia calda secca e le uova del pungente riccio di mare dalla pelle violacea. Le donne vanno avanti ed indietro per il loro lavoro, mischiandosi alla folla: alcune trasportando pietre sulla testa, altre scaricando da un veliero tavole di legno legate in un unico fascio; due in coppia marciano, fianco a fianco, sotto un carico di calce, altre seminascoste sotto una lenzuolata di avena; un'altra, infine, passa svelta abbracciando una culla con il suo bambino addormentato.
Sono bozzetti pittoreschi, come si diceva allora oppure il reportage di uno spaccato quotidiano, la vita fluente per una città che sta lasciando il secolare isolamento pronta a ritrovare contatti con il resto del mondo che comincia ad accorgersi della sua esistenza?
Nella realtà che si conosce della Sanremo di allora è facile constatare che l’acquisto di animali da parte di tonacati appare più che giustificato perché i suoi edifici di maggiori dimensioni erano zeppi di religiosi e stavano per ospitare i militari della nuova Italia appena unificata. Erano i soli a poter operare l’acquisto di intere bestie, quotidiano o no che fosse, davanti ad una bottiglia di Barbera, se si eccettua qualche rinnovo di stalla da parte degli indigeni.
Vale anche per i pescatori che tiravano a riva reti con pescato a centimetro zero da offrire crudo in insalate di mare; o spegnendo i guizzi delle sardine, in tempo reale, nel miglior olio della Riviera (ogni cittadina della costa definiva così il proprio prodotto).
Presumibilmente i clienti che assaporavano questo primitivo seashore-food erano gli ospiti della nascente Sanremo turistica; non certo le infaticabili devote di Santa Logistica, a copricapo pesante, descritte da Addinson Symmons e da molte altre pubblicazioni, nel loro faticoso tirare a campare.
-Programma di oggi:
-Ingresso libero orario 17- 23.