Eventi - 06 ottobre 2017, 15:49

Diano Marina: sabato 7 ottobre, inaugurazione della mostra di Pablo Atchugarry ‘Tra terra e cielo’. Intervista al famoso scultore

L'evento è organizzato dalla Civiero Art Gallery con il patrocinio del Comune di Diano

Pablo Atchugarry

Pablo Atchugarry

Sabato 7 ottobre dalle ore 17 si inaugurerà presso la Sala “Rodolfo Falchi” di Palazzo del Parco, Corso Garibaldi 60, a Diano Marina, la mostra di Pablo Atchugarry “Tra terra e cielo” organizzata dalla Civiero Art Gallery con il patrocinio del Comune di Diano Marina.

Il celebre scultore è nato a Montevideo (Uruguay) nel 1954, la sua famiglia ha origini italiane, anzi liguri. La nonna paterna era partita da Dego in Valle Bormida, provincia di Savona, con la mamma e due sorelle alla volta dello stato sudamericano fatto di panorami verdi ed ameni, dolci colline a perdita d'occhio, piante e fiori in una natura incontaminata che l'hanno conquistata.

Le radici liguri hanno rappresentato molto per la famiglia e nel 1982 tutti i componenti sono tornati all'origine per incontrare tutti i parenti con infinito piacere.

Può definirsi figlio d’arte: sono stati infatti il padre Pedro e la madre Maria Cristina Bonomi, anche'essa di origini italiane, grandi estimatori d’arte, ad infondergli questa passione accompagnandolo nei suoi primi passi.

Alla fine degli anni 70 Atchugarry intraprende vari viaggi di perfezionamento in Europa e nel 1978 a Lecco ha luogo la sua prima mostra personale italiana.

Da allora si è innamorato della città, tra lago e monti, scegliendola come luogo per dimorare. Tutt’oggi l’artista vive a San Giovanni mentre il suo laboratorio è a Sirone

Oggi lo intervistiamo per conoscere un po’ meglio la sua personalità e ciò che sta dietro alle sue opere.

Sig. Atchugarry immaginiamo che per la sua carriera avrà esposto in migliaia di città come mai ha scelto di esporre a Diano Marina?

“E' un ritorno agli affetti e alla mia Liguria , un’amicizia profonda mi lega a Francesco e Lorenzo Civiero e la città mi ha affascinato perché il luogo è di rara bellezza, uno scrigno che contiene un territorio tra mare e montagna. Sono cittadino onorario e torno dopo tre anni con l’unica esposizione in Italia .”

Lei ha iniziato come pittore e si è poi “convertito” alla scultura: com’è successo?

“La pittura è stato il mio primo approccio al mondo artistico anche per merito di mio padre che ne era un grande amante. In realtà la scultura mi ha sempre accompagnato, poi c’è stata la decisiva scoperta del marmo: nel 1979 lo lavorai per la prima volta e fu subito amore”.

Quali sono i temi delle sue opere?

“Armonia, unità, sintesi espressiva e spirito universale che anima il mondo. Le mie immagini incarnano una ricerca indirizzata verso la possibilità di vivere in armonia con se stessi, gli altri, la natura. Per superare contraddizioni e contrasti”

Nel 2002 lo scultore ha ricevuto il Premio Michelangelo, uno tra i più prestigiosi premi alla scultura.

Dal 1997 il Comune di Carrara assegna l'ambito riconoscimento a grandi artisti, da Giò Pomodoro a Paul Nagel, il premio consiste in una scaglia di marmo a rappresentare il blocco di bianco statuario delle storiche cave del “Polvaccio”, oggi “cave Michelangelo”, che l'artista premiato andrà a scegliere personalmente in cava.

Le sue opere sono però in molti materiali?

“Certo, il marmo è sicuramente il materiale che prediligo, nelle sue quattro varianti: lo statuario di Carrara, che è bianco, il marmo rosa, quello grigio e quello nero del Belgio. Ho lavorato anche col bronzo, con l’acciaio e con il legno.

Di fatto tra materiale e artista si instaura una sorta di dialogo: non è solo l’artista che sceglie il materiale ma viceversa, è anche il materiale che sceglie l’artista. Come insegnava Michelangelo, l’idea che mi guida nello scolpire è che l’opera vada solo fatta uscire dal blocco di materiale che ho davanti”.

Il titolo della mostra “tra terra e cielo” vuole spiegarlo?

“E' un'avventura umana come le piante che si nutrono dalla terra ma hanno bisogno del cielo lo stesso cielo che contiene anche i nostri sogni.

Ogni mia scultura  risponde al bisogno innato di bellezza che abbiamo tutti, il bisogno di elevarsi, di guardarsi dento, l’anelito di spiritualità interiore è insito nella verticalità e nelle delicate e sottili punte che svettano verso l’alto, tratti inconfondibili delle opere.

I solchi scavati liberano scie di luce che dal basso fuggono verso l’alto, energia che sostiene le estremità apicali della scultura vere e proprie antenne proiettate tra terra e cielo.

Le sue opere hanno uno sviluppo verticale e non riproducono figure specifiche, qual è il motivo?

“Si sviluppano verso l’alto perché sono indicatori di continuità, si interrogano, come me, sul futuro, sullo spazio, sul tempo in cui si trovano ad esistere, la più alta che ho realizzato, 8 metri e 50 centimetri, si chiama ‘Abbraccio cosmico”.

Immensamente orgogliosa della presenza della sua arte in città, sono sicura che un pubblico profondamente conoscitore dell’arte affollerà la sala dell’esposizione. Grazie.

Gloria Crivelli

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