Elitaria e austera con le sue ville, i giardini fioriti e le sue facciate art noveau, Sanremo è una città sospesa tra un passato celebre, quasi glorioso, e gli effetti di una crisi che ha rivelato le sue molte fragilità. Una città che deve fare i conti con un modello economico ormai superato, ma che mostra i segnali di chi si prepara a intraprendere un nuovo corso.
Di questa comunità e delle dinamiche che la attraversano si parlerà oggi 15 settembre alle 17, all’interno del Centro sociale Lina Lanteri a Palazzo Roverizio, nel corso dell’appuntamento “Fare Comunità nella Comunità di Sanremo”. L’evento, che si inserisce nell’ambito dell’iniziativa Conad Il Grande Viaggio Insieme, è l’occasione per presentare lo studio commissionato da Conad all’istituto di ricerca Aaster sulla comunità sanremese, un momento di ascolto per comprendere i fenomeni che la caratterizzano in questo momento storico così delicato.
Con Aldo Bonomi, direttore del Consorzio Aaster, Francesco Pugliese, amministratore delegato Conad e alcuni rappresentanti del Comune di Sanremo, moderati dalla giornalista Marianna Aprile ci saranno Franco Boeri, imprenditore di Olio Roi di Badalucco, Francesco Guglielmi, sindaco di Perinaldo e titolare dell’Impresa Agricola Guglielmi, Matteo Lupi, presidente della cooperativa sociale Spes, Maurizio Marmo, direttore della Caritas Sanremo-Ventimiglia, Mattia Noberasco, direttore generale della Noberasco Spa, Marco Revelli, storico e politologo, docente all’Università del Piemonte Orientale.
La provincia di Imperia è tra quelle che hanno pagato alla crisi dell’ultimo decennio uno dei dazi più salati. Se negli anni a ridosso del 2008 la crescita economica di quest’area era più sostenuta delle altre province liguri, qui la recessione ha avuto ripercussioni più intense e durature; la più evidente è il crollo dell’occupazione, con percentuali ancora nel 2016 vicine ad alcune aree del Mezzogiorno. La chiusura dei maggiori stabilimenti nel polo di Imperia, come il pastificio Agnesi e i maggiori oleifici (con la vistosa eccezione di Carli, sola grande firma ad aver “resistito” e che ha anzi consolidato la sua presenza sui mercati), il progressivo declino della floricoltura e la temporanea contrazione dei flussi turistici, settore che ha scontato l’incapacità di evolversi e diversificare l’offerta, rappresentano le principali criticità non risolte del territorio.
D’altro canto, rileva lo studio Aaster, a Sanremo “ampi strati di popolazione detengono ricchezze accumulate e patrimoni che consentono almeno una buona qualità della vita. E una parte importante delle attività di servizi alla persona, nel turismo, nella manutenzione, nella cura, nella stessa edilizia minore, si è reinserita nel circuito economico”.
Dopo anni di stallo la comunità sanremese ricomincia a guardare al futuro. Gli analisti non mancano di sottolineare che, nonostante e forse proprio in ragione degli stravolgimenti indotti dalla crisi la società e l’economia sono incamminati lungo un percorso di riconversione e una fisionomia composta da “piccole cose di grande qualità”. Le produzioni industriali del passato, come quella dell’olio, cedono spazio a una leva di piccole imprese con produzioni di qualità; nell’agroalimentare si affacciano nuovi attori – il principale, pochi chilometri più ad est, è Noberasco, leader nazionale della frutta secca e disidratata - produzioni di nicchia e presidi Slow Food (es. toma di pecora brigasca, fagioli di Badalucco, carciofo di Perinaldo) e la produzione di vini Doc ottiene crescenti riconoscimenti. Nonostante la concorrenza internazionale e il ripiegamento di lungo periodo la floricoltura sanremese resta sinonimo di qualità. E sul versante turistico nuovi itinerari e nuove proposte integrano ed eccedono il tradizionale soggiorno imperniato sullo “stabilimento balneare”.
Anche dal punto di vista sociale, “la Liguria Occidentale ha un tessuto associativo e di società civile tutt’altro che asfittico: una risorsa civica che dota la comunità di centri d’incontro, empori solidali, imprese di agricoltura sociale, pratiche istituzionali e diffuse di accoglienza, associazioni per la riqualificazione dei quartieri, reti di produttori impegnati nella promozione delle aree interne e molto altro” , evidenzia lo studio Aaster. In questa società fanno capolino i germi del cambiamento. Un nuovo corso che dovrà però passare “per una riqualificazione e abbellimento del costruito, la cura dei borghi, la qualità dell’offerta, lo sviluppo del settore culturale. Segnali in questo senso non mancano”.