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Attualità | 01 agosto 2017, 07:14

Come si sta a Triora da migranti? Le risposte di alcuni ospiti dell'ex Colomba d'Oro ed il progetto della Cooperativa (Video)

Nell’ex albergo di Triora trovano spazio tante storie. Difficoltà o no, questi migranti concordano tutti su come Triora sia una splendida realtà e come si stia bene.

Come si sta a Triora da migranti? Le risposte di alcuni ospiti dell'ex Colomba d'Oro ed il progetto della Cooperativa (Video)

Come si sta a Triora? Una domanda che non abbiamo posto né ai residenti né ai turisti del paesino ma ad alcuni dei 19 ragazzi che da alcuni giorni si trovano ospitati tra le mura della Colomba d’Oro. Da quando sono arrivati i media hanno offerto un’ampia copertura, in particolare sulle preoccupazioni espresse dagli abitanti del paesino che hanno sempre sottolineato come le rimostranze non siano per una questione di razzismo ma di numeri.

I trioraschi, circa 200 anime nel capoluogo (355 circa considerando le frazioni) chiedevano al massimo 6 migranti ma alla fine ne sono arrivati 19 e volenti o nolenti la situazione per il momento rimarrà questa. La Valle Argentina non ha paura degli stranieri o del diverso ed ha sempre dimostrato spirito d’accoglienza ma chi vive in questi borghi teme per il turismo e non accetta a cuor leggero le scelte imposte da altri.

Nell’ex albergo di Triora trovano spazio tante storie per altrettanti ragazzi e uomini. Per lo più  sono persone scappate da Boko Haram, l’organizzazione jihadista sunnita che miete vittime e porta il terrore in Nigeria ma non solo.

Tre di loro ci hanno voluto parlare. Gli abbiamo fatto domande semplici: come si chiamano, quanti anni hanno, da dove vengono, se gli piace l’Italia, se vogliono andarsene, che cosa vorrebbero fare e cosa ne pensano di Triora.



Alex, ha 18 anni, arriva dalla Nigeria, lì c’è la crisi e Boko Haram, vorrebbe finire gli studi e rimanere qui. Poi c’è M’Poku dal Ghana, ha 38 anni, ama l’Italia ed il suo cibo, vorrebbe iniziare a lavorare qui facendo quello che faceva prima nel suo Paese. L’ultimo è Stanley, ha 28 anni, anche lui arriva dalla Nigeria, ha conosciuto i terroristi e la povertà. E’ proprio della sua nazione ne parla come un posto dove le libertà sono venute meno. E’ comprensibile che oggi loro vedano il nostro Paese come un paradiso dove magari rimanere e farsi una nuova vita.

Ad aiutarli in questo iter burocratico ci sta pensando la Migrazione Srl. “La nostra è un’impresa sociale nata da storiche cooperative torinesi che si sono unite per realizzare alcune sperimentazioni di accoglienza nel nord Italia su territori che riteniamo fertili  per attivare progetti particolari. - racconta il presidente Daniele Caccherano - Nello specifico di Triora c’era il ragionamento su un progetto che potesse creare inclusione sociale sul tema agricolo. Vorremmo lavorare con la popolazione”.

“In questo momento abbiamo attivato un programma con la Prefettura che è in fase di definizione. La struttura ha un’autorizzazione fino ad un massimo di 40 persone, dipende da alcuni lavori che si dovrebbero fare qualora il numero superi i 25. La nostra idea di progetto prevede di ragionare con le comunità locali, sulla vocazione agricola del territorio e di cura del patrimonio boschivo. Gli attori in causa però non siamo soltanto noi. Ci sono i sindaci, le comunità locali ed i vari enti sul territorio” - spiega e sulle rimostranze di alcuni abitanti del paese replica - “Occorrerà conoscerci. Bisognerà vedere se alla fine, come pensiamo, possano essere una risorsa sul territorio o se ci saranno problematiche reali da affrontare”.

La strada burocratica per i richiedenti asilo non è semplice ma soprattutto i tempi si sono fatti lunghi. La Migrazione Srl conosce bene questo problema. “Ci occupiamo di accompagnare questi ragazzi nella loro richiesta di documenti. Potrebbe volerci tanto tempo - confessano i rappresentanti della cooperativa presenti alla Colomba d’Oro - Quando la questura li chiamerà  andranno a fare la loro richiesta ufficiale come richiedenti asilo in attesa che la commissione decida la loro sorte in base alla loro storia ed esaminerà se queste persone possano avere la protezione o meno”.

La loro convivenza all’ex Colomba d’Oro non è facile. Le difficoltà a volte nascono negli aspetti del quotidiano, a partire dal cibo. Hanno culture spesso differenti tra loro ed accontentare tutti non è mai semplice comunque c’è anche chi ha apprezzato tanto la cucina italiana. Molti hanno dimostrato l’interesse verso la nostra tradizione culinaria ed è già un segnale importante verso l’integrazione. Per farlo, il primo grande scoglio da superare è la lingua. “Avvieremo quanto prima un percorso di integrazione che partirà dalla conoscenza della lingua italiana, un aspetto imprescindibile. Ci organizzeremo per cercare di avviare delle lezioni o qua o ad Arma di Taggia. - sottolineano dalla cooperativa a Triora - Per il resto abbiamo già preso contatti con alcune realtà locali con cui cercheremo di appoggiarci. E’ importante che questa struttura non diventi un ghetto e che loro possano uscire. Certo, molto dipende da come reagirà il paese”.

“Non c’è solo ostilità in paese. - raccontano i rappresentanti - Ci sono stati gesti significativi. Un’ora dopo il loro arrivo, i nostri vicini gli avevano portato un sacco di prugne. C’è chi ha portato pane, chi i vestiti. Quando sono arrivati hanno vissuto un attimo di choc. Non è quello che si aspettavano pensando all’Europa.  In base alle altre esperienze abbiamo visto che con il tempo impareranno a convivere con questa situazione. Loro immaginano l’Europa con grattacieli, auto lussuose e poi la realtà è diversa. Qui, sono arrivati in un paesino di montagna con poche anime, per un ragazzo giovane che tu sia africano o meno non è semplice. Riguardo al rigido inverno nell’ex albergo c’è il riscaldamento e sappiamo che la vita al di fuori sarà difficile ma sono venuti qui in Italia, il clima è questo e se vorranno rimanere dovranno imparare a conviverci”.

Difficoltà o no, questi migranti concordano tutti su come Triora sia una splendida realtà e come si stia bene. Soltanto il tempo ed un po’ di buona volontà da entrambe le parti potrà dire come andrà a finire questo esperimento di integrazione ed accoglienza.

Stefano Michero

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