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Attualità | 24 giugno 2017, 10:54

Vallecrosia: i risultati dei primi mesi del progetto educativo di strada contro il disagio giovanile

Il progetto ideato per prevenire forme di devianza in ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni

Vallecrosia: i risultati dei primi mesi del progetto educativo di strada contro il disagio giovanile

 

Il progetto, nato dal tavolo permanente di concertazione delle politiche scolastiche di Vallecrosia con le forze dell’ordine locali e le associazioni con scopi educativi, proposto, su mandato dei membri del tavolo, dall’associazione di promozione sociale G.R.A.Z.I.E., denominato “Educativa di strada”, produce dopo i primi mesi di attività di alcuni operatori sul territorio alcune rilevazioni. «Il mandato, che ci era stato affidato» riferisce il dott. Magliano, presidente dell’associazione G.R.A.Z.I.E. e referente del progetto «era di verificare la necessità del progetto, di tentare un “aggancio” [termine proprio dell’educativa di strada NdR] con qualche ragazzo. Per alcuni mesi abbiamo colto tutte le occasioni propizie per riuscire a comprendere tutti i movimenti dei giovani, in maniera particolare dei giovani che vivono situazioni di difficoltà e disagio.»

Il progetto ideato per prevenire forme di devianza in ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni, tale infatti è l’età dei gruppi che tanto avevano preoccupato nello scorso anno i cittadini e gli amministratori di Vallecrosia, è stato finanziato dal comune con un contributo di € 4.000. Oltre all’intervento nei luoghi di incontro dei giovani, è stato sottoposto un questionario a circa 200 genitori delle scuole pubbliche e private presenti sul territorio cittadino i cui risultati sono in elaborazione.

«Nel prossimo mese di settembre» prosegue Magliano «potremo dare i risultati dei questionari e capire, dal campione selezionato, quale sia l’idea di devianza che i genitori hanno e di quali strategie dispongono per affrontare il disagio giovanile».

Nelle parole del Dott. Magliano più volte è stato colto il rammarico per non poter operare con piena efficacia a causa della mancanza di rete tra i vari attori educativi del territorio, tuttavia si coglie anche la speranza di poter continuare e ampliare il progetto collaborando in maniera più attiva con le agenzie territoriali.

«Da settembre il progetto dovrebbe assumere nuove caratteristiche proponendo servizi aggiuntivi per i ragazzi più svantaggiati, ma ancora non è possibile esprimersi in tal senso poiché non sono chiare le risorse economiche che avremo a nostra disposizione».

Segue relazione:

Nel mese di febbraio a seguito di alcuni incontri intercorsi tra gli assistenti sociali e la nostra associazione, con la collaborazione della dott.ssa Alessandra Giacobbe e della Dott.ssa Monica Borgogno abbiamo cercato di ipotizzare delle teorie su come raccogliere i dati a noi necessari sulla percezione del disagio o delle situazioni di devianza presenti sul territorio.

Come primo assunto ci siamo resi conto che la forte presenza, registrata nello scorso anno, di ragazzi in strada era diminuita e che alcuni “volti noti”, condivisi anche con il comando locale dei Carabinieri, non erano più soliti frequentare i luoghi un tempo deputati alla socializzazione e spesso a situazioni al limitare dell’illecito. Ci siamo altresì resi conto che era in atto un processo di “rientro” in abitazioni private: più sicure per il consumo di droghe leggere e meno in vista per le attività ricreative “chiassose” spesso denunciate su riviste online e dagli abitanti di talune vie.

Il secondo aspetto registrato verso aprile-maggio è l’affiorare di un nuovo gruppo di pre-adolescenti nelle zone Via Matteotti, Gazebo via Don Bosco. Questi giovani, sempre molto circospetti in nostra presenza, sono stati più volte visti da abitanti della zona, mentre nascosti in via Matteotti facevano utilizzo di marijuana. Ovviamente la conferma ufficiale di un loro utilizzo non è arrivata né dal colloquio con loro né dalle telefonate ai loro genitori. Il gruppo di una decina di ragazzi, alcuni pluriripetenti, spesso stigmatizzati anche dalla scuola come ragazzi difficili, più volte sospesi[1], manifesta un’assoluta inconsapevolezza di ciò che comporta l’uso di sostanze e delle conseguenze legate al loro totale disinteresse per il mondo della scuola. Le attenuanti trovate dai genitori rivelano la fragilità di famiglie spesso monoparentali e con un vissuto di incapacità educativa mai segnalato alle autorità competenti e mai esposto come richiesta di aiuto a chicchessia.

Come conseguenza del secondo aspetto viene il terzo: l’inconsapevolezza genitoriale di possibilità territoriali di aiuto, anche gratuito, e l’appartenenza di alcuni aspetti della condotta dei figli a quella sfera, invisa, degli atteggiamenti devianti. Già da alcuni incontri tra gli alunni delle allora classi seconde e terze con il dottor Rombo nel mese di gennaio 2016 finanziati dall’opera salesiana, era emerso una minimizzazione dei problemi legati all’effrazione per poter fumare in maniera meno visibile, o all’assunzione di droghe. In alcuni casi ci è stato riferito dagli stessi ragazzi che per comprare delle quantità di fumo alcuni loro amici avevano utilizzato il mezzo del furto, sebbene di piccola entità. Ciò è parzialmente riscontrato con alcune informazioni ricevute in incontri con il SER.T. La risposta dei genitori a tutto questo è pressoché inesistente. Davanti ai Carabinieri mostrano un atteggiamento severo e di totale intransigenza sull’accaduto, ma alle parole non seguono fatti rilevanti. Alle nostre chiamate e sollecitazioni per poter intervenire per tempo hanno risposto che se riuscivamo a farlo noi loro non si sarebbero opposti. Ovviamente oltre a redarguire questo gruppo e ottenere qualche informazione aggiuntiva sui loro compagni più grandi li abbiamo invitati a recarsi nel centro giovanile Oratorio Don Bosco, cosa che si è verificata, ma con poca costanza.

Il quarto aspetto, sembrerà un luogo comune, è la noia e l’indifferenza generalizzata dei giovani incontrati, soprattutto nella zona campo sportivo – giardinetti di via Garibbe, dove ultimamente non si incontrano più grandi gruppi di giovani. La vita sembra essere sezionata in tanti momenti scollegati tra loro in cui non esiste un progetto o un progettarsi, ma separati e vissuti in modo differenziato badando sempre bene a non perdere la loro credibilità sociale. Per credibilità sociale ci riferiamo al criterio di immagine di sé costruita in relazione con l’altro, o meglio costruita dall’altro sul sé. In più casi nei colloqui o negli atteggiamenti è emersa una contrarietà al proprio comportamento, ma un’impossibilità, o presunta tale, di cambiamento dovuta alla necessità di essere parte di qualcosa, un gruppo, per quanto sballato, ma che mi faccia percepire una presenza umana.

Il quinto aspetto è la reale organizzazione e collegamento di tutti i soggetti definibili a rischio tra loro. In questo caso occorre dire che non esiste un limite di età, una netta distinzione di appartenenza sociale o di provenienza. Sembra, a chi ci si voglia immergere, che esista una grande rete in cui tutti sono collegati. Non si parla di singoli, ma di una rete molto vasta che ha dei nodi più o meno stretti, a seconda che il ragazzo o il gruppo in questione sia più o meno assiduo consumatore di sostanze o sia più o meno addentro al giro di smistamento. Non neghiamo lo stupore di vedere alcuni ragazzi che sembravano lontani per luogo di incontro, per età, per scuola e classe frequentata incontrarsi in luoghi insoliti. Tale rete sembra conosciuta non solo dai facenti parte, ma anche da altri soggetti che dall’esterno ne conoscono componenti e sistemi. L’utilizzo di gruppi WhatsApp per la richiesta all’amico più esperto, la reperibilità continua da parte di alcuni presunti corrieri tra Sanremo e la nostra zona e alcuni nomi ricorrenti non inseriti nei gruppi, ma citati come figure mitiche per i loro comportamenti, fanno presumere che i minori con cui abbiamo anche parlato siano pilotati da mani più esperte che però rimangono occulte.

Il sesto aspetto è la fragilità dei nodi più forti della rete. Spesso ragazzi con un trascorso scolastico burrascoso, con fallimenti ripetuti e abbandono scolastico. Per quel che riguarda le famiglie si rimanda ai punti precedenti, in quanto questo sembra essere un comun denominatore. Sono abili nel richiedere aiuto e risolvere i loro problemi, ma anche pronti alla sincerità più disarmante. Sono totalmente slegati dalla rete in sé anche se in realtà ne sono i maggiori esponenti. Sembra che non sia una loro scelta far parte della rete, ma una necessità che li accomuna, un senso di solitudine rispetto agli adulti che non hanno saputo comprendere le loro fragilità. I loro agiti non sono mai eccessivi, non attirano troppo l’attenzione, anzi sembrano essere i più idonei.

Il settimo ed ultimo aspetto riguarda la comunicazione. Nell’analisi di molti comportamenti ci siamo resi conto di come la comunicazione verbale diretta da parte dei ragazzi sia carente di informazioni circa il proprio essere ed invece più aperta sul vissuto in generale. Nulla di nuovo vista l’età, ma certamente ci siamo accorti di come ci sia una semantica particolare che rivela il loro modo di essere e tutte le loro ansie, attese, fragilità e anche virtù e possibilità. In molti casi sembrava necessaria un’analisi semiotica più che un colloquio che lambiva lo strato superficiale. Il bisogno di sentire un’umanità presente che si opponesse al loro superomismo imposto dai modelli proposti anche dagli stessi genitori. Solo con due ragazzi siamo riusciti ad entrare in una confidenza tale da scatenare una volontà di cambiamento e di rivalsa per la propria vita e iniziare un cammino di ricerca di senso.

Ci sembra opportuno prima di concludere la relazione ricordare che il lavoro in strada non è e non può essere sistematico. Quasi sempre è un invito, un tentativo di aggancio. Molti sono i ragazzi che vedendo arrivare uno dei tre si allontanava anche dallo stesso gruppo, molti rimanevano per sfida, molti mettevano in campo atteggiamenti ancora più eccessivi tali da non permettere nessun lavoro con il gruppo o con i singoli. Non possiamo pensare di aver toccato il centro di nessun ragazzo incontrato, in quanto si sarebbe infranta la regola della risposta autonoma all’invito fondamentale perché il ragazzo si senta parte di un progetto e non schiacciato da un peso in più. Certamente con un lavoro metodico e con una maggiore circolazione di informazioni si sarebbero potuti raggiungere dei risultati più significativi, ma, in fondo, era solo un “mandato esplorativo” e sulla mappatura dei luoghi di incontro siamo arrivati ad una buona conoscenza. 

In conclusione rielaborando gli incontri, casuali o ricercati, che abbiamo fatto tra le vie cittadine, nei cortili dell’oratorio o nelle sale del doposcuola abbiamo ritenuto opportuno iniziare la stesura di un questionario che riguardasse essenzialmente la ricerca di cosa si intenda per devianza e cosa, pur essendolo nella realtà dei fatti, sia diventato una posizione tollerabile da parte dei genitori.

Nel mese di settembre vorremmo proporre un altro questionario ai giovani per capire come poterli interessare anche nella fascia più difficile dell’adolescenza. Sarebbe nostra intenzione usufruendo dei fondi messi a nostra disposizione da questo comune e richiesti anche ad altri enti, organizzare uno sportello informa giovani con sede presso l’oratorio don Bosco in cui inserire figure di riferimento per giovani e genitori che possano costruire dei focus group per poter elaborare strategie di autoaiuto ed essere protagonisti di proposte realizzabili sul suolo comunale. Abbiamo denominato il progetto Pagina Nuova proprio per sottolineare la volontà di reindirizzare il progetto verso le vere urgenze educative del territorio.    

 

Francesco Li Noce

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