Attualità - 29 novembre 2016, 15:21

Morte di Fidel Castro: il pensiero degli aderenti alla segreteria imperiese di Rifondazione Comunista

"Una piccola isola dei Caraibi, a poche miglia dal più potente paese del mondo, la più grande potenza economica e militare del pianeta, è diventata dal gennaio del 1959, da quando i Barbudos guidati dal giovane Fidel Castro entrarono nella capitale l’Avana, una nazione protagonista della politica mondiale, rispettata, ammirata, temuta e da alcuni odiata".

Interviene in questo modo la segreteria imperiese di Rifondazione Comunista, commentando la morte di Fidel Castro. "È’ stata rispettata per la sua determinazione nel difendere la sua indipendenza dagli Stati Uniti, dall’Imperio, che la portò ad essere addirittura pronta ad ospitare missili nucleari, pur di allontanare la pesante minaccia del poderoso e arrogante vicino, che pochi mesi prima aveva tentato di far morire la giovane rivoluzione con il noto piano della CIA dell’invasione nella Baia dei Porci. Una determinazione grazie alla quale ha resistito (e resiste) all’embargo imposto dagli Stati Uniti, che, nonostante molti credano il contrario, rimane purtroppo intatto anche oggi, dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche avvenuta con Obama, e nonostante la quasi totalità delle nazioni del mondo ne chieda da anni la fine all’assemblea generale dell’ONU. È ammirata per gli indici di sviluppo umano da paese del primo mondo, nonostante non lo sia, per i suoi successi nell’educazione, nella medicina, nella biologia, nello sport. Per la sua musica, la sua poesia, il suo cinema. È ammirata perché Cuba esporta medici. Non armi. Esporta farmaci e medicine. Non bombe. Ha inviato soldati all’estero. Lontano, in Africa. Non per occupare paesi terzi, ma per lottare contro il mostro dell’apartheid e per la liberazione dal colonialismo. Senza ricevere nulla in cambio, se non la riconoscenza e l’ammirazione del mondo di sotto, dei paesi africani, delle ex colonie, di chi aspirava alla liberazione dal giogo secolare dell’imperialismo e del colonialismo. Ecco spiegato perché da alcuni è temuta. Perché hanno paura che altri possano seguire il suo esempio. Quelli che vogliono stati docili con elite politiche pronte a soddisfare i desideri delle multinazionali che Cuba espropriò dopo il 1959.
Da alcuni odiata perché testarda nel voler mantenere l’idea di una società che non sia fondata sul primato del profitto e del denaro. La odiano gli apologeti della globalizzazione, del liberismo, della privatizzazione dei beni comuni, della distruzione della sanità e della scuola pubblica, in nome del loro Dio unico, il mercato.
Costoro, dai loro comodi salotti, dalla sicurezza di appartenere a quella poca parte di mondo che controlla e concentra nelle sue mani gran parte delle ricchezze, non capiscono quanta umanità e civiltà vi sia in un paese e in una rivoluzione che cura l’infanzia e la vecchiaia, che non lascia soli i suoi cittadini nella disperazione del non poter dare istruzione o cibo ai propri figli. Che non ti chiede assicurazioni per curare la tua malattia".

"Fidel - termina Rifondazione di Imperia - è stato un grande leader mondiale perché Cuba e il suo popolo sono stati al suo fianco in tutti questi anni. Scompare un protagonista del ’900. Ma chi si affretta a voler chiudere la pagina della liberazione dal colonialismo, di cui Cuba e Fidel sono simbolo e orgoglio, sappia che la rivoluzione cubana con la sua voglia di autodeterminazione, di internazionalismo e di giustizia sociale AVANZA e non si chiude con la morte di Fidel. Le sue idee e la sua tenacia, vivranno e continueranno a vivere nella lotta per una società migliore di quella fatta solo di pubblicità e marketing, di antidepressivi, violenza, guerra e solitudini. Fidel, hasta la victoria, siempre!"