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In Breve

LA VERA STORIA DI OSCAR RAFONE | 18 settembre 2016, 06:00

La vera storia di Oscar Rafone: Fango (cap.30)

Pubblichiamo ogni domenica il libro di Enzo Iorio, suddiviso per capitoli, per offrire a tutti un momento culturale nella 'giornata on line

La vera storia di Oscar Rafone: Fango (cap.30)

Quella sera andai a casa. Era buio. Dovetti entrare dalla finestra anch'io come aveva fatto Zamina, visto che quando ero scappato non avevo preso neanche le chiavi. Fui silenziosissimo. Non volevo che mi sentissero i vicini e non desideravo incontrare mio padre. A dir la verità non ero sicuro di trovarlo in casa; ha avuto sempre degli orari molto strani e non ho mai capito bene come funzionavano i suoi turni di lavoro, soprattutto l'alternanza tra notti, mattine e pomeriggi.

Ero stato via solo per pochi giorni eppure entrando in casa la vidi diversa. Non so cosa me la facesse sembrare così, perché tutto era al proprio posto, i mobili, gli oggetti, i colori e gli odori. Eppure ebbi la sensazione che non fosse più casa mia. Forse anche il fatto di non ritrovarmi Wrestler tra le gambe come faceva sempre appena mi sentiva arrivare, mi diede la sensazione di essere un estraneo. Stetti fermo a origliare e avvertii un lieve rumore che andava e veniva. A volte era più forte, poi quasi non si sentiva. Ci misi un po' per capire che era il russare di mio padre. Proveniva dalla cucina. Quindi era in casa. Lo trovai con la testa sul tavolo, accanto a una bottiglia di vodka quasi vuota. Sul viso aveva un'espressione quasi sorridente, ma un filo di bava gli usciva dalla bocca. Era ancora piuttosto giovane, ma in quello stato sembrava già vecchio. Mi fece un po' pena, quasi tenerezza. Poi mi ricordai come era veramente e mi venne la pelle d'oca. Fui scosso da un lungo brivido.

I miei occhi furono attratti da qualcosa che vidi sotto il tavolo, dove di solito si accucciava Wrestler quando mangiavamo. Mi sentii mancare. Ebbi la sensazione di precipitare in un pozzo. Mio padre indossava gli stivali di gomma ed erano sporchi di fango rappreso. In un attimo capii tutto.

Enzo Iorio

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