LA VERA STORIA DI OSCAR RAFONE - 04 settembre 2016, 07:05

La vera storia di Oscar Rafone: Batteria scarica (cap.28)

Pubblichiamo ogni domenica il libro di Enzo Iorio, suddiviso per capitoli, per offrire a tutti un momento culturale nella 'giornata on line'

Quella mattina ci svegliammo presto. Zamina disse che doveva fare un giro in paese per fare un po' di spesa a modo suo. E andò. Io non avevo voglia di salire al laghetto da solo. Rimasi a rigirarmi un po' sul materasso, ma poi cominciarono ad assalirmi i brutti pensieri. Pensai a mia madre, a Wrestler. Potevo fare un salto a casa per vedere come stavano le cose, ma avevo paura di incontrare mio padre. Cercai di non pensare a niente, di godermi il silenzio della casa abbandonata, ma mi annoiavo. Rimisi la batteria nel cellulare. C'erano decine di messaggi. Ero diventato famoso? Avevo poca carica, se li avessi letti tutti la batteria si sarebbe esaurita completamente. Ripresi solo quello di Zak perché aveva continuato a ritornarmi in mente. Non riuscivo a capirlo. Lo rilessi attentamente. Faceva riferimento a una somma che non mi ricordava niente, ma da quello che aveva scritto sembrava che pensasse che quella somma l'avessi presa io. Pigiai su Rispondi e digitai semplicemente "?" e poi invio. Dopo qualche secondo mi arrivò la sua risposta: "Vediamoci. Decidi tu dv e q".

Non volevo andare verso la scuola e non volevo farmi vedere in giro. Di Zak potevo fidarmi? Credevo di sì. Allora non potevo sapere che mi sbagliavo. Avevamo fatto un sacco di cavolate insieme e ci conoscevamo dall'asilo. Anche lui era un ragazzo sfigato con un mare di guai in famiglia, se la sua si poteva chiamare così. Forse fu proprio la sua sfiga che mi fece credere di potermi fidare di lui. Sono stato proprio uno stupido. Penso ancora adesso al sorrisino che mi venne sulle labbra quando pensai a noi due, Matteo Zaccheo e Oscar Rafone, fratelli di sfiga. Che stupido!

Non gli dissi di incontrarci alla casa abbandonata semplicemente perché pensai che avrebbe potuto dare fastidio a Zamina. In fondo quello era anche il suo nascondiglio segreto e non potevo invitarvi chiunque, seppure un mio amico, senza chiederlo a lei. Allora gli scrissi di vederci al laghetto, nel pomeriggio. Fu l'ultimo invio che la batteria mi concesse.

Enzo Iorio