Attualità - 05 giugno 2016, 11:43

Ventimiglia: la "non" sottile linea di confine tra migranti, rifugiati e richiedenti asilo politico

Nella realtà dei fatti, al di là di quanto i nostri politici locali stiano cercando di fare nelle loro possibilità, chi sono effettivamente i cosiddetti “Migranti”? Ce lo spiega l'Istituto di Diritto Umanitario di Sanremo

Parlare di emergenza migranti al momento è fuori luogo" ha affermato il nostro premier Matteo Renzi, durante la conferenza conclusiva del G7 in Giappone, in riferimento al tema dei flussi migratori.

Quello che stiamo vivendo a livello nazionale e locale, le problematiche legate ai flussi migratori che interessano anche il comune di Ventimiglia con cadenze sempre più frequenti; mi sembra evidente che non si possano più considerare ordinarie. A mio avviso si sta vivendo, da molto tempo ormai, uno stato di emergenza” afferma il Dottor Gian Luca Beruto, Assistente del Segretario Generale dell'Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo, con sede a Villa Ormond. L’Istituto di Sanremo è un organizzazione umanitaria avente per obiettivo la diffusione e l’insegnamento dei principi del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei rifugiati e di tutte le tematiche correlate.

I fatti di cronaca che leggiamo ogni giorno sui media locali, parlano di sgomberi a Ventimiglia, di zone del Roja adattate ad accampamenti abusivi e di spostamenti materiali di uomini. Ma nella realtà dei fatti, al di là di quanto i nostri politici locali stiano cercando di fare nelle loro possibilità, sulla gestione di oltre 400 persone, chi sono effettivamente i cosiddetti “Migranti”?

Parlare genericamente di migranti è come parlare di tutto e di niente. In verità con questo termine si indicano coloro che lasciano volontariamente il proprio Paese sostanzialmente per motivazioni di carattere economico, potendo eventualmente farvi ritorno in condizioni di sicurezza. Migranti erano gli italiani, che nel secolo scorso lasciarono il nostro Paese per cercare nuova vita in America, per esempio. Lo status di rifugiato è invece una precisa condizione giuridica sancita dalla Convenzione di Ginevra del 1951 (e da altri successivi strumenti giuridici internazionali) ed è riconosciuto a chi è oggetto di persecuzioni e fugge da situazioni in cui la sua vita e quella dei suoi familiari sono gravemente minacciate, ed ha quindi la necessità di trovare protezione altrove: una protezione che il suo paese non può o non vuole concedergli. Può ottenere lo status di rifugiato, chi è perseguitato per la sua razza, religione, cittadinanza, per la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche, ma anche chi fugge da situazioni di conflitto armato e di violenza generalizzata. Si identifica quindi con chi richiede asilo, una persona che si trova in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle autorità competenti. Se da un lato la Convenzione di Ginevra definisce chiaramente la condizione giuridica di rifugiato consentendo il beneficio della “protezione internazionale”, dall’altro lascia ad ogni Stato la libertà di definire le procedure per la determinazione di tale status” afferma il Dottor Beruto

Come si capisce quali delle oltre 400 persone presenti ora a Ventimiglia definite migranti, si collochino in una o nell'altra definizione? Il nodo principale secondo Gianluca Beruto, è l'identificazione.

“Chi si trova ora a Ventimiglia, ha richiesto in qualche modo lo status di rifugiato? Ha fatto richiesta per la protezione internazionale o si tratta invece di “semplici” migranti? Questo è il nodo fondamentale da sciogliere e che andrebbe risolto all'origine, ovvero all'ingresso di queste persone in territorio italiano. Esiste però una difficoltà oggettiva dettata dalle dimensioni e dalla frequenza con cui si verificano gli sbarchi, che poi di sbarchi non si tratta considerato che queste persone molto sovente vengono salvate in mare evitando per fortuna ulteriori tragedie. Proprio sulle problematiche legate alle operazioni di soccorso nel Mar Mediterraneo l‘Istituto di Sanremo ha dedicato tre giorni di studio, lo scorso marzo, in collaborazione dell’Alto Commissariato per i Rifugiati e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Per coloro che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne hanno i requisiti esistono in Italia 5 grandi centri di identificazione ed espulsione, denominati CIE e si trovano a Roma, Caltanissetta, Bari, Torino, Trapani, ma credo che a questo punto forse sarebbe opportuno ripensare, possibilmente con strategia e lungimiranza, l’intero sistema di accoglienza a livello nazionale e a livello europeo, investendo molte risorse. Chi di loro arriva a Ventimiglia, nel 90% dei casi non la sceglie come destinazione finale, ma come transito per raggiungere altri Paesi, tra cui la Francia, che però non gli permette di varcare la frontiera; comportamento assunto da diversi stati dell'UE che va contro il principio della libera circolazione delle persone, uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione Europea. Quello che evidentemente è necessario è trovare una soluzione per queste persone”.

E l'UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), ovvero l'Alto Commissariato per i Rifugiati, l'agenzia dell'Onu che si occupa di queste problematiche, come opera in queste situazioni? “Esercita un controllo ed interviene se necessario, per garantire che i richiedenti ottengano protezione internazionale e non vengano rimpatriati, rischiando la propria vita. All'Istituto di Diritto Umanitario, organizziamo da anni programmi di formazione su queste tematiche proprio in collaborazione con l’UNHCR. Ogni anno circa 300 esperti, funzionari governativi e di organizzazioni internazionali da ogni parte del mondo prendono parte a cinque corsi (in lingua inglese, francese, araba e spagnola) sulle problematiche dei rifugiati e migranti. Inoltre a fine settembre ne partirà uno proprio sul diritto dei migranti organizzato con l’OIM. Partire dalla base del problema è per noi fondamentale” chiosa il dottor Beruto.

Tra gli Stati Europei esiste un accordo del 2015, per ricollocare nell’arco di due anni i circa 160mila richiedenti asilo, approdati in Grecia e in Italia. Ad oggi tali accordi non sono stati rispettati. Parlando di numeri: solo lo 0.17% dei richiedenti asilo sono stati ricollocati; 19 Paesi vincolati dall’accordo non hanno accolto nemmeno un richiedente asilo; la Francia ne ha accolti 19.

Stefania Orengo