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Ventimiglia Vallecrosia Bordighera | 29 aprile 2016, 17:00

Chiare, fresche e dolci acque petrolifere

Le tante contraddizioni della "Liguria pulita".

Chiare, fresche e dolci acque petrolifere

Esplode una tubazione dell’oleodotto della Iplom a Genova, 680.000 litri di greggio si riversano nei torrenti, la procura inizia a indagare, pone sotto sequestro l’impianto, apre un fascicolo per disastro ambientale colposo, pare che da tre anni l’azienda sapesse che l’oleodotto avrebbe potuto rompersi in più punti, oltre 200 dipendenti sono a rischio, chissà quale sarà il futuro della raffineria. Succede tutto ciò e tutti - politici, ambientalisti, giornalisti - rispolverano la ricetta magica: fonti rinnovabili. L’energia pulita diventa la panacea con cui risolvere le disgrazie di una Liguria che finora, però, nel campo delle tecnologie verdi ha fatto pochissimo.

La nostra regione, infatti, è tra le ultime in Italia quanto a percentuali di elettricità generata con l’eolico, il solare e le altre fonti dette rinnovabili perché hanno l’invidiabile caratteristica di essere inesauribili o quasi. Così quando succede il disastro, ognuno strumentalizza l’accaduto. Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, dopo il sopralluogo sul rio Fegino ha dichiarato che «dobbiamo investire sempre di più sulle energie rinnovabili». Quali, quando, come? Gli investimenti sono fermi da più di un anno, a causa del ritardo accumulato dal Governo Renzi e dalle valutazioni della Commissione europea sul decreto che deve regolare il settore. «Basta fare i piagnoni», ha detto il governatore ligure Giovanni Toti, perché come ricordava il ministro Galletti, deve valere il principio “chi inquina paga”.

Quindi la Iplom, che secondo le ipotesi della procura avrebbe continuato a utilizzare un oleodotto stravecchio e pericoloso pur conoscendone lo stato, bonificherà e ripagherà. Ma per Edoardo Rixi, assessore ligure allo Sviluppo economico, è il Governo a doversi impegnare per garantire la sicurezza degli oleodotti, fornendo risorse adeguate ai poli petroliferi nazionali. Intanto i pentastellati approfittano della coincidenza (la tubazione ha ceduto il 17 aprile, la stessa domenica del referendum sulle piattaforme offshore, anche se quelle contestate estraggono quasi solo gas e non petrolio) per ribadire che l’Italia deve abbandonare le fonti tradizionali e abbracciare quelle rinnovabili.

La Liguria è un colabrodo energetico, frutto di decenni di politiche sbagliate e compiacenti con la lobby fossile, oltre che di autorizzazioni ambientali quantomeno discutibili. La Repubblica ieri ha pubblicato un album-inserto con questo titolo: Liguria pulita. La foto in prima pagina mostra quattro grandi turbine eoliche in mare aperto. Peccato che in tutta Italia non esista nemmeno una pala eolica di quel tipo. Sono tutte altrove, nel Mare del Nord soprattutto, perché le fattorie del vento offshore da noi sono improponibili, troppo costose e troppo osteggiate dalle regioni per il presunto impatto visivo. Nell’album ritroviamo Rixi che vagheggia una “smart valley” (valle intelligente) così denominata perché sfrutterà piccoli impianti rinnovabili per produrre energia, come mini-idroelettrico e mini-eolico. Ritroviamo anche utili progetti, tipo i biodigestori per ridurre i rifiuti, e poi la balla spaziale dei bus a idrogeno a Imperia. Che bella e contraddittoria questa Liguria pulita.

Luca Re

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