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In Breve

LA VERA STORIA DI OSCAR RAFONE | 27 marzo 2016, 07:05

La vera storia di Oscar Rafone: Due bombe sotto la maglietta (cap.5)

La vera storia di Oscar Rafone: Due bombe sotto la maglietta (cap.5)

— Aoh!

Mi voltai. Era la zingara.

— Non mi chiamo Aoh, — dissi.

— Dammi dieci euro.

— Eh? — urlai.

Rise. Poi si fece di nuovo seria e ripeté:

— Dai, dammi dieci euro. Dai, la madonna ti protegge se mi dai dieci euro, — adesso stava piagnucolando.

— Ma vai va', — le dissi.

Ma lei non se ne andava. E nemmeno io.

Eravamo fermi sul marciapiede, uno di fronte all'altra e ci guardavamo negli occhi. Lei li aveva verdi. Era un po' più bassa di me, ma dalla faccia sembrava più grande. Poteva essere una di seconda media o di terza; non lo so bene perché in queste cose dell'età io non sono molto bravo. Per esempio a scuola ci sono delle mie compagne che hanno tredici o quattordici anni ma sembrano delle donne grandi. Perché hanno un corpo molto sviluppato, soprattutto quelle due bombe davanti, insomma ci siamo capiti.

Anche la zingara ce le aveva grosse. Le avevo già notate il  giorno prima quando le avevo dato cinque euro. Io di solito non do niente a nessuno, barboni, zingari, mendicanti, ma questa era una settimana che mi tampinava e per togliermela di torno le avevo dato qualcosa, ma ero stato proprio scemo perché adesso quella aveva capito che, se insisteva, con me ci guadagnava.

— E dai, fai il bravo, dammi dieci euro, — disse ancora, quasi piagnucolando come una bambina. — Dai, — insistette. Dicendo quest'ultimo Dai batté con forza il piede a terra e per i miei occhi fu impossibile non notare quel ballonzolìo sotto la sua maglietta. Lei se ne sarà accorta, perché improvvisamente fece sparire dalla sua faccia quell'espressione piagnucolante e sporgendo il petto in avanti mi disse:

— Oh, vuoi che ti faccio un coso?

Naturalmente lei usò un'altra parola che comincia con la p e finisce con la o, ma io non voglio parlare male e comunque ci siamo capiti. Adesso sorrideva con la bocca aperta. Io sarò diventato rosso come non so che cosa perché lei dovette rendersi conto che stava perdendo tempo inutilmente con uno come me e che doveva continuare il suo giro per portare la zuppa a casa.

Finalmente riuscii a trovare le parole e dissi:

— Devo andare a scuola, entro alla terza ora.

Ma lei mi voltava già le spalle, diretta verso un tizio in giacca e cravatta.

 

Enzo Iorio

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