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Attualità | 20 marzo 2016, 08:00

In & Out: dal Sudafrica a Castelvittorio. La storia di Terry Prada, tra passioni, viaggi e cucina

"Purtroppo non potevo frequentare le lezioni, in quanto la casetta in mezzo al bosco dei miei genitori era lontanissima e mio padre disse: "vai, la migliore scuola è la vita!"

In & Out: dal Sudafrica a Castelvittorio. La storia di Terry Prada, tra passioni, viaggi e cucina

Partire un giorno, lasciandosi alle palla la calda estate sudafricana e atterrare all'aeroporto di Milano in pieno inverno, dopo un tragito interminabile, fu il benvenuto in Italia di Terry.. Una vita fatta di traslochi, di cambiamenti, di grandi passioni e di cucina. Questa è la vita di Terry Parada, sudafricana, ma adottata diventata castelluzza da ormai 25 anni.

Da bambina hai lasciato il Sudafrica, in piena estate, per atterrare a Milano in pieno inverno. Come andò? Il paese di Castelvittorio mi ha adottata da 25 anni, dopo un lungo percorso di scelte, traslochi, indecisioni e possibilità. Quando avevo 1 anno i miei genitori hanno deciso di trasferirsi Italia, lasciando un Sudafrica in preda alle follie dell'Apartheid. Eravamo in quattro: io, mia sorella maggiore, mia mamma nata in Sudafrica da papà Boero e mamma inglese e mio padre, di Trento. Dopo un lunghissimo volo, approdammo a Milano in febbraio, lasciando una calda estate sudafricana. Dopo un breve periodo dai parenti a Trento, ci stabilimmo a Milano dove mio padre si dedicava alla sua attività di fotografo di moda, ma scontento del jet-set e in cerca di nuove visioni, lasciò la famiglia per la Toscana e una casetta senza elettricità, in mezzo ad un bosco: si chiamava “Selva Nera”.

Dopo essere nata in una cultura diversa come quella sudafricana, come sei cresciuta qui? Innamorata di mio padre e delle doti artistiche della sua nuova compagna, mi aggregai a loro, scappando da Como, dove ci eravamo intanto trasferiti e dall'atmosfera che regnava in quegli "anni di piombo": manifestazioni e droga non erano per me. Irruppi nella vita tranquilla di Selva Nera, dove ebbi modo di avvicinarmi alle tecniche del l'illustrazione, di conoscere il bosco, e soprattutto dove capii il mondo senza telefono o televisione. Riuscii a frequentare per un anno l'istituto d'arte a Porta Romana, Firenze, e qui ebbi una rivelazione sul mondo della grafica e della stampa, tralasciando le lezioni di matematica e altre noiosissime al momento, ero sempre in laboratorio. Naturalmente fui bocciata e senza indugio mi iscrissi nuovamente con buone intenzioni. Purtroppo non potevo frequentare le lezioni, in quanto la casetta in mezzo al bosco era lontanissima e mio padre disse: vai, la migliore scuola è la vita!

Una tappa intermedia a Londra e poi Castelvittorio. Come accadde? Ho ancora un gran rammarico per non aver potuto frequentare scuola. I miei genitori, fricchettoni ed egoisti, la vedevano diversamente e così partii per la grande Londra. Dopo svariati lavori conobbi un bel ragazzo scozzese e con lui ebbi il mio primo figlio. Ah l'amore... e io avevo solo 18 anni! Quattro anni dopo tornammo assieme in Italia ma presto, lo scozzese decise di andarsene! Una mia amica mi invitò qui in riviera: vieni un po' al mare in Liguria, che è bello mi disse. E io con il piccolo Roberto arrivai a Bussana Vecchia, ma in pochi giorni avevamo terminato tutto il budget e così iniziai a lavorare nell'osteria locale. Un amico mi fece visitare Castelvittorio e cenammo nel mio attuale locale, Il Busciun, che, al tempo, apparteneva ad una giovane coppia: lei in dolce attesa e con un bimbo di 3 anni mi offrì di restare poiché aveva bisogno di aiuto... e sono ancora qui! Mi sono sposata con un indigeno e ho avuto un'altro figlio; con la sua famiglia abbiamo poi rilevato il ristorante e da sua madre e da sua sorella ho imparato la cucina tipica del luogo.

Cosa hai portato del Sudafrica a Castelvittorio? Non ho portato molto dal mio Paese, soprattutto in cucina. Si tratta di una cultura fusion, perché appartenente a tante etnie; si usano molte spezie e influssi europei, tra cui la disastrosa cucina inglese e olandese, che non sono di mio gradimento. Ricordo che mia nonna ci portava il bilton una carne secca che ricorda un poco la bresaola: la adoravo! Un giorno mi disse che era di giraffa....non so se fosse vero ma mi divertivo nel dire "io ho mangiato la giraffa" quando si parla di piatti strani! Mio padre mi ha insegnato tanto in cucina: lui scriveva e pubblicava ricettari accompagnati dalle sue belle foto. Da lui ho compreso come fotografare un piatto, la luce, i colori....quasi da sentire il profumo tramite le immagini!

Qual è stata la tua prima ricetta? Ricordo che era un brutto periodo e in casa mangiavamo molte uova. Un giorno, ad un uovo al tegamino aggiunsi del rosmarino, che trovai in giardino e dissi: sembra pollo arrosto! Avrò avuto 10 anni e in seguito, l'arte di arrangiarsi fece di me una cuoca. Non sono mai tornata in Sudafrica, ma vorrei farlo.

Stefania Orengo

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