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In Breve

LA VERA STORIA DI OSCAR RAFONE | 28 febbraio 2016, 07:14

La vera storia di Oscar Rafone: puntata numero 1

Il libro di Enzo Iorio a puntate su Sanremonews. Ogni domenica una puntata nuova per una lettura in tutto relax

La vera storia di Oscar Rafone: puntata numero 1

Capitolo 1

Sii sincero!

 

È stata Laura a chiedermi di scrivere.

— Nessuno ti darà un voto e nessuno correggerà quello che scrivi, — mi ha detto.

Eravamo in giardino, seduti sotto il pino. Lei teneva sulle ginocchia un vecchio computer portatile.

— Se vuoi, puoi usare carta e penna, altrimenti puoi scrivere con questo.

— Che bello, funziona a vapore?

— Non ti azzardare a prendere in giro il mio primo notebook, sai!

Scherziamo molto io e Laura. Da quando sono qui in struttura — oggi fa una settimana — è l'unica persona che mi fa sentire a mio agio. Sarà perché ha solo una decina di anni più di me o perché non mi tratta come un ragazzino nei guai, come tutti gli altri. Be', lo so che cercano di essere gentili e di aiutarmi, ma questo mi fa sentire ancora peggio. È come quando stai in porta e ti fai segnare un goal stupido; se qualcuno prova a consolarti ti ferisce di più. Invece è meglio quando ti dicono Ok, è andata: uno a zero, palla al centro. Capisci che non ti stanno trattando come uno scemo, che purtroppo è andata così e che nessuno, probabilmente, avrebbe potuto fare diversamente. Insomma, fa parte della vita prendere un goal così ogni tanto.

— Non so cosa scrivere, — dissi serio.

— Allora scrivi questo.

— Cosa?

— Scrivi: "Non so cosa scrivere". E poi spieghi perché. Ti fa schifo scrivere? Scrivilo. Vorresti fare qualcos'altro invece di scrivere? Scrivilo. Aggiungi cosa provi, come ti senti, cosa sogni, come respiri, chi odi, chi ami.

— Io non amo nessuno, — dissi.

Lei mi guardò in silenzio, con un occhio chiuso e la testa un po' inclinata di lato.

— Scrivilo! — la precedetti cercando di imitare l'intonazione che aveva usato lei.

— Già!

Ero pigro, ma sapevo che se lo avessi detto ad alta voce lei mi avrebbe risposto di mettere nero su bianco pure quello. Non avevo mai scritto niente, se si escludono i temi fatti a scuola. E anche in quelli mi limitavo al minimo indispensabile. "C'é qualche buona idea ma non ti impegni abbastanza", mi dicevano i prof. In fondo, ma proprio giù giù giù, il fatto di raccontare quello che mi era successo mi attirava un pochino, ma non sapevo da dove cominciare; avevo ancora una tale confusione in testa che ogni volta che qualcuno mi chiedeva come erano andati i fatti, preferivo rispondere che non mi ricordavo niente.

— Nella scheda hai messo la crocetta su Molto, al punto "Mi piace leggere". È così?

— Yes!

— Be', se ti piace leggere molto, avrai letto anche molti libri. Giusto? E se è così conoscerai un sacco di storie. Allora adesso scrivi la tua, una tra le tante. Col vantaggio che siccome non devi né venderla né vincere un concorso puoi farlo come ti pare e piace, con errori, banalità, volgarità. L'unico impegno che ti chiedo è di essere sincero.

Mi stava convincendo. Guardai il portatile che mi stava offrendo in prestito. La marca era coperta da un adesivo col simbolo della pace.

— Non ci sono giochi, li ho tolti tutti.

— Lo immaginavo, — dissi.

— Non per te. Mi distraevano quando ci lavoravo.

— E non va in Internet.

— Logico.

— Ma ce l'ha almeno un programma di scrittura o devo scrivere con Paint?

— Ti ho lasciato il programma che ho utilizzato l'anno scorso per scrivere la mia tesi di laurea in psicologia. Dovrebbe bastare. Cosa ne dici? — mi chiese porgendomi il computer con un gesto deciso.

Lo afferrai fingendo di farmelo scivolare di mano. Lei non si scompose. Mi lanciò uno sguardo torvo e aggiunse:

— Lo rivoglio intatto, Oscar!

 

 

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