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Ventimiglia Vallecrosia Bordighera | 17 febbraio 2016, 17:00

Il turismo dei numeri chiusi

Semafori (virtuali) e contapassi sui sentieri, così le Cinque Terre vogliono limitare l'afflusso di visitatori.

Manarola nella sala degli specchi. Padiglione Italia a Expo 2015

Manarola nella sala degli specchi. Padiglione Italia a Expo 2015

Turismo in difficoltà a ponente? Alberghi da riempire, mulattiere e carruggi da popolare, paesi dell’entroterra da rivitalizzare? Nella Liguria dimezzata che da una parte ha troppo e dall’altra niente, la prossima estate sarà sufficiente chiedere un po’ di turisti in prestito alle Cinque Terre. Due milioni e mezzo di visitatori l’anno è una massa umana ingestibile per il Parco nazionale. Quindi via libera al numero chiuso per tutelare il paesaggio e rendere i luoghi più vivibili e sicuri. Per passeggiare sulla celeberrima via dell’Amore bisognerà prenotare la visita. L’ente parco ha installato dei contapassi sui principali sentieri, così saprà quante suole calcheranno gli impervi e fragili itinerari e potrà limitare l’accesso giornaliero dei gitanti.

Per impedire invasioni incontrollate di Monterosso, Corniglia, Vernazza, Manarola e Riomaggiore, sull’app delle Cinque Terre funzionerà un semaforo. Tutto ok con il verde, ma in caso di giallo bisognerà mettere in conto il sovraffollamento, mentre con il rosso sarà meglio dirigersi altrove, perché il luogo prescelto sarà sold-out. Il presidente del parco, Vittorio Alessandro, ha dichiarato che il turismo «non deve diventare uno stress sociale», richiamando le lamentele sempre più diffuse tra i residenti (treni stipati e borghi presi d’assalto). Nel mirino sono finiti soprattutto i croceristi che sbarcano dalle navi a La Spezia e i tour organizzati, simbolo di quelle presenze mordi e fuggi che talvolta, è vero, possono portare più fastidi che benefici. Tuttavia, è ingeneroso (verso gli amici turisti) ridurre il problema a un calcolo di numeri in eccesso. Sembra di sputare un po’ nel ricco piatto in cui si mangia, perché senza i forestieri chissà che fine farebbe l’economia delle Cinque Terre. La strategia migliore è promuovere il cosiddetto “turismo sostenibile”, cioè capace al contempo di valorizzare e preservare il patrimonio naturale e artistico. Ci sono delle idee che vanno in questa direzione, come la carta delle Cinque Terre, che permette di accedere al parco e utilizzare molteplici servizi, trasporti pubblici compresi. Il ricavato serve a finanziare il recupero di sentieri e muretti a secco. La carta è uno strumento da potenziare, rendendola acquistabile su internet e siglando un’intesa con Trenitalia per aggiungere convogli dedicati ai vacanzieri.

Le Cinque Terre non sono equiparabili a un museo o una città d’arte; non sono nemmeno l’habitat di qualche specie animale da proteggere attraverso la chiusura totale o parziale dei sentieri in certi periodi dell’anno, come avviene nel Parco nazionale d’Abruzzo. Una soluzione è destagionalizzare il turismo, cercando di spalmare le presenze su più mesi. Per riuscirci, però, occorre la collaborazione di chi alle Cinque Terre vive e lavora. Il Parco nazionale, si legge in un comunicato del 14 febbraio, ha avviato un turismo parallelo, “tendenzialmente destagionalizzato” (si citano iniziative come lo Sciacchetrail, il presepe di Manarola e le visite alle cantine). Anche se, prosegue lo stesso comunicato, «da novembre a marzo, gustare un caffè o ordinare un piatto di pasta è impossibile per l’assenza quasi completa, nelle Cinque Terre, di bar e ristoranti aperti». Allora dove sta il problema, nei troppi turisti o nelle attività ricettive troppo stagionali?

Luca Re

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