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Attualità | 16 febbraio 2016, 12:56

Sanremo: negli anni '50 un altro peschereccio locale patì le stesse peripezie del 'Mina' ma...

"I francesi avevano abbordato e portato la barca con il suo equipaggio a Nizza dove, avendola ormeggiata nei pressi della motovedetta ed avendo sequestrate le chiavi, erano sicuri di tenerla in porto"

Sanremo: negli anni '50 un altro peschereccio locale patì le stesse peripezie del 'Mina' ma...

Le vicende che hanno visto protagonista il peschereccio Mina, hanno dato il via ad una situazione che va ben al di là della provincia di Imperia. Un nostro lettore però, Nico Chiarini, ne prende spunto, per raccontare quando, negli anni '50, la stessa situazione venne trattata in modo differente.

Ho seguito con interesse la vicenda del peschereccio Mina. Mio padre era proprietario di un piccolo peschereccio ed usciva tutte le notti, eccetto la domenica, per pescare nelle acque tra Ventimiglia e Sanremo. La “Freccia d’oro” era troppo piccola per pescare alla profondità dove vive il gambero rosso e ci accontentavamo quindi di prendere naselli, polpi, moscardini, pesci prete, triglie etc.".

"Le peripezie del Mina pero’ non sono novità. Mi pare di ricordare infatti che i francesi avessero segregato un altro peschereccio, forse negli anni cinquanta. Avevano abbordato e portato la barca con il suo equipaggio forse a Nizza dove, avendola ormeggiata nei pressi della motovedetta ed avendo sequestrate le chiavi, erano sicuri di tenerla in porto. Alle prime luci dell’alba i francesi, stupefatti, si accorsero che il peschereccio era stato messo in moto e, gli ormeggi tagliati. Si precipitarono sulla motovedetta, ma dopo averla messa in moto si accorsero che non andava nè avanti nè indietro e il motore continuava a spegnersi. Non sapevano che uno degli Italiani, forse il capitano, era stato sommozzatore nella marina Italiana dell’ ultima guerra. Costui infatti, dopo essersi calato in mare all’alba appena chiaro, aveva legato le eliche della modovedetta e, incrociando certi fili elettrici, aveva fatto ripartire il motore”.

Stefania Orengo

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