Ventimiglia Vallecrosia Bordighera - 20 gennaio 2016, 17:00

48 ore per non morire di burocrazia

Matteo Renzi contro i furbetti (non solo sanremesi) del cartellino: il licenziamento veloce è davvero l'arma migliore?

Da una parte il sindaco di Sanremo, Alberto Biancheri, è preoccupato che la macchina comunale possa incepparsi per via dei dipendenti mancanti (le 44 persone indagate nell’ambito dell’operazione Stakanov). Dall’altra, il premier Matteo Renzi afferma che i funzionari pubblici assenteisti sono dei truffatori e vanno licenziati in tempi brevissimi. Entro 48 ore se colti “in flagranza”, mentre stanno commettendo qualche grave violazione, tipo timbrare il cartellino e poi abbandonare il posto di lavoro. Intanto la commissione disciplinare del comune di Sanremo ha individuato i primi quattro impiegati da licenziare, tra quei “furbetti del cartellino” che hanno riportato in prima pagina il dibattito sulle cause dell’inefficienza nella pubblica amministrazione e sui possibili rimedi.

Contro il licenziamento veloce di Renzi si sono levate molte critiche (a prescindere dalla difficoltà di sorprendere in flagranza gli assenteisti: per accertare i comportamenti illeciti a Palazzo Bellevue c’è voluta una lunga indagine della Guardia di Finanza). In realtà, sostengono i detrattori del premier, tra cui sindacati e lo stesso Renato Brunetta, che fu ministro della Pubblica amministrazione nel quarto governo Berlusconi, gli strumenti per allontanare i furbetti esistono. La legge (decreto legislativo n. 165/2001 modificato dalla cosiddetta “riforma Brunetta” del 2009) prevede il “licenziamento in sede disciplinare” con un procedimento che deve terminare entro 120 giorni. Il problema non è tanto passare da quattro mesi a due giorni, quanto far applicare la norma a dispetto dei ricorsi e dei dirigenti che spesso chiudono un occhio, o entrambi gli occhi. Questa diatriba temporale nasconde l’altra faccia della medaglia. Bisogna distinguere tra gli assenteisti e i fannulloni. Timbrare correttamente il cartellino e sedersi alla scrivania, infatti, non è una garanzia automatica di svolgere bene l’incarico per cui si percepisce uno stipendio. Il vero problema è il seguente: come motivare i dipendenti a lavorare in modo efficiente e scrupoloso, nell’interesse proprio e dei cittadini? Nel settore privato, la risposta è spesso affidata al tornaconto personale: guadagnare di più, migliorare l’attività, timore di essere redarguito o punito dai superiori eccetera.

Per non morire di burocrazia, nelle sue lungaggini e nell’eccessiva mole di documenti da presentare, compilare e timbrare, sarebbe opportuna una riforma più incisiva della pubblica amministrazione all’insegna di una maggiore qualità dei servizi offerti. Ogni dirigente dovrebbe lavorare puntando a obiettivi precisi e misurabili; ogni incarico andrebbe assegnato e valutato considerando diversi fattori, come il rendimento medio degli impiegati (velocità e precisione nell’eseguire le varie pratiche), i tassi di assenze tra i dipendenti, la riduzione delle eccedenze di personale. Il segreto per riuscirci, forse, sta nell’interesse economico, introducendo un sistema di premi e penalità per incentivare i dirigenti virtuosi e, al contrario, ridurre lo stipendio a quelli che fanno finta di nulla quando un impiegato arriva tardi al lavoro, o si limita a scaldare la sedia come un alunno svogliato.

Luca Re