Il Sindaco di Imperia Carlo Capacci su duce estremamente soddisfatto per l’accoglimento dell'Ordinanza Sindacale sulla limitazione degli orari di utilizzo dei giochi leciti a pagamento dalle 10 alle 23 allo scopo di porre un argine alla ‘malattia’ denominata 'Ludopatia': “Un risultato raggiunto che dimostra l’impegno del sottoscritto e dell’Amministrazione nella lotta contro gli abusi dei giochi a pagamento”.
“Il 31 Luglio 2014 – spiega Capacci - avevo emesso l'Ordinanza Sindacale numero 214 avente ad oggetto la limitazione degli orari di utilizzo dei giochi leciti a pagamento dalle 10 alle 23 allo scopo di porre un argine alla ‘malattia’ denominata Ludopatia.
Contro questa ordinanza era stato depositato un ricorso al TAR Liguria da parte di alcuni esercenti di tabaccherie e di sale giochi, il TAR aveva riconosciuto la legittimità dell'Ordinanza in base al corretto esercizio del poteri del Sindaco ai sensi dell’art. 50 comma 7 D. LGS. 267 / 2000 in materia di tutela della salute pubblica respingendo il ricorso.
Successivamente i ricorrenti avevano presentato Appello presso il Consiglio di Stato, in quella sede si era costituita anche l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contro il Comune di Imperia affermando che il contrasto alla ‘ludopatia’ rientrerebbe nelle competenze dell’Agenzia stessa.
Il 26 Agosto 2015 il Consiglio di Stato ha respinto l'Appello. Questa sentenza di fatto costituisce un precedente assoluto a livello NAZIONALE e sarà destinata a fare giurisprudenza, oltre a stabilire un indirizzo certo sul tema del contrasto alla ‘ludopatia’.
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Di seguito il testo della Sentenza del Consiglio di Stato:
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 5944 del 2015, proposto dai signori Bazzo Paolo, Iachini Antonietta, Mantovani Laura, Ranoisio Gabriele e Risso Fabio, rappresentati e difesi dall'avvocato Alfonso Celotto, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2 (studio Clarizia);
contro
Il Comune di Imperia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Dionigi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Di Carlo, in Roma, via Raffaele Caverni, n. 6;
nei confronti di
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma della sentenza del T.A.R. Liguria, Sezione II, n. 362/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Imperia e della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
Vista la memoria prodotta dal Comune di Imperia a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2015 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Alfonso Celotto e Michele Dionigi, nonché l’avvocato dello Stato Verdiana Fedeli;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
I.- Premesso che:
I.1.) I signori Paolo Bazzo, Antonietta Iachini, Laura Mantovani, Gabriele Ranoisio e Fabio Risso, titolari delle rivendite di generi di monopolio rispettivamente n. 39, n. 21, n. 33, n. 15 e n. 55 di Imperia, in cui sono installati apparecchi da gioco, hanno proposto ricorso al T.A.R. Liguria per l’annullamento della ordinanza n. 287 del 31 luglio 2014 del Sindaco del medesimo Comune, di attivazione di un orario massimo dalle ore 10 alle ore 23 per l’esercizio di apparecchi da gioco leciti.
I.2) Il T.A.R. con la sentenza in epigrafe indicata, richiamata la sentenza della Corte Costituzionale 18 luglio 2014, n. 220, ha affermato che è stata con essa rilevata la competenza del Sindaco, ex art 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000, a regolamentare gli orari delle sale da gioco e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature relative, con conseguente infondatezza del motivo di ricorso con cui la sussistenza di detta competenza era stata posta in dubbio. Non rileva dunque il precedente giurisprudenziale citato nella memoria conclusiva delle parti ricorrenti, essendovi stata nel caso di specie una pregressa indicazione da parte del Consiglio comunale. Quindi, evidenziato che la legittimità dell’operato del Sindaco e l’infondatezza del secondo motivo di ricorso era evincibile dalla giurisprudenza formatasi in materia (Consiglio di Stato sent. n. 3271 del 2014), il TAR ha respinto il ricorso, in particolare argomentando nel senso che la libertà di iniziativa privata non può sovrapporsi al principio costituzionale della tutela della salute e che il Comune è tenuto a compiere un bilanciamento tra tali principi, con possibilità di introdurre vincoli in zone ove nessun’altra misura meno restrittiva consenta di tutelare efficacemente i valori della salute, dell’ambiente e dei beni culturali.
I.3) Con il ricorso in appello in esame, i titolari di rivendite di generi di monopolio in epigrafe indicati hanno chiesto la riforma della sentenza del TAR, deducendo i seguenti motivi:
a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000, in quanto erroneamente sarebbe stato sostenuto in sentenza che sussiste la competenza del Comune nella materia de qua.
b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, incompetenza, poiché gli atti riguardanti il gioco lecito sarebbero attratti nella competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine e sicurezza, con l’incompetenza dei Comuni a disciplinare qualsiasi aspetto del gioco lecito.
I.4) Con memoria depositata il 5 agosto 2015, si è costituito in giudizio il Comune di Imperia, che ha chiesto che l’appello sia dichiarato inammissibile, o improcedibile, o infondato, concludendo per la sua reiezione.
I.5) Con memoria depositata il 21 agosto 2015, il Comune di Imperia ha richiamato la giurisprudenza formatasi in materia con riguardo alla possibilità che la liberalizzazione delle attività commerciali siano conformate per tutelare la dignità e la salute umana ed ha sostanzialmente dedotto che il provvedimento impugnato sarebbe pienamente legittimo, sia per il corretto esercizio dei poteri conferiti al Sindaco dall’art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000 e sia perché esso avrebbe trovato fondamento in una relazione della A.S.L. di Imperia che forniva la documentata prova della lesione, a causa della notevolissima diffusione del «gioco lecito», di interessi pubblici come la salute e la dignità umana.
I.6) Con atto depositato il 21 agosto 2015, si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
I.7.- Alla udienza in camera di consiglio del 26 agosto 2015, rappresentata ai difensori delle parti costituite la possibilità di decisione del ricorso con sentenza in forma semplificata, così come previsto dall'art. 60 cod. proc. amm., la causa è stata trattenuta in decisione.
II.- Ad avviso della Sezione, l’appello è infondato per le seguenti ragioni.
II.1.- Con il secondo motivo di gravame, che la Sezione ritiene di trattare preliminarmente per ragioni di logica processuale, è stato sostenuto che gli atti concernenti la gestione del «gioco lecito» sarebbero attratti nella competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine e sicurezza, come sarebbe stato rilevato dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 237 del 2006 e n. 72 del 2010, mentre il contrasto della «ludopatia» rientrerebbe nelle competenze non dei Sindaci, ma della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ex l. n. 189 del 2012.
La tesi non è condivisibile, atteso che la normativa in materia di gioco d’azzardo - con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti - non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, ma alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica (come rilevato dalla Corte Costituzionale con sentenze 10 novembre 2011, n. 300, e 21 aprile 2015, n. 995), tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 267 del 2006.
La disciplina degli orari delle sale da gioco è infatti volta a tutelare in via primaria non l’ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune ai sensi di dette norme.
Pertanto, il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell’ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non è configurabile alcuna violazione dell'art. 117, comma secondo, lett. h), della Costituzione (Consiglio di Stato, sez. V, 1° agosto 2015, n. 3778).
II.2.- Con il primo motivo di gravame, è stato dedotto che l’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 dovrebbe essere interpretato nel senso che la competenza del Sindaco circa la regolazione degli orari potrebbe perseguire solo scopi di «omogeneizzazione dei tempi di offerta dei servizi» sul territorio comunale, ma non potrebbe comportare l’emanazione di provvedimenti in materia dei giochi, in assenza di riconoscimento espresso da parte della normativa della possibilità di estendere il potere sindacale alla sfera della pubblica sicurezza ed a quella sanitaria.
Secondo l’appellante, poiché la stessa sentenza del Consiglio di Stato n. 3271 del 2014, citata nella sentenza impugnata, ammette che il comma 7 dell’art. 50 del d. lgs. n. 267 del 2000 non attribuisce al Sindaco il potere di disciplinare gli orari degli esercizi commerciali senza vincoli di sorta, ma solo per esigenze di contrasto all’evasione scolastica, per la soluzione di problemi di circolazione e per contrastare turbamenti della pubblica quiete, nel caso di specie il medesimo comma 7 non sarebbe stato applicabile perché l’ordinanza impugnata sarebbe motivata solo con l’esigenza di prevenire la ludopatia e non con la tutela della salute pubblica, della pubblica quiete o della circolazione stradale. Inoltre, si dovrebbe dare rilievo al fatto che la sentenza della Corte Costituzionale è «interpretativa di rigetto», sicché il «vincolo interpretativo» che ne deriverebbe sarebbe solo di carattere negativo.
II.2.1.) Il collegio ritiene non fondate tali censure, non essendo condivisibile la tesi che l’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 possa essere interpretato nel senso che la competenza del Sindaco non riguardi anche la materia dei giochi, atteso che la disposizione gli attribuisce espressamente il compito di coordinare e riorganizzare, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito di eventuali criteri fissati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici.
Dalla particolare ampiezza della nozione di ‘pubblico esercizio’contenuta nella disposizione, deve ritenersi che rientrino senz'altro nella nozione anche le attività di intrattenimento espletate all'interno delle sale giochi e degli esercizi in cui siano stati installati apparecchi di «gioco lecito»: il connotato tipizzante di un pubblico esercizio è la fruibilità delle attività ivi svolte da parte della collettività indifferenziata, i cui componenti siano ammessi a parteciparvi.
Le sale giochi e gli esercizi dotati di apparecchiature da gioco, in quanto locali ove si svolge l’attività attualmente consentita dalla legge, sono qualificabili, seguendo l'elencazione contenuta nell'art. 50, comma 7, d.lg. n. 267 del 2000, come «pubblici esercizi», di talché per dette sale il Sindaco può esercitare il proprio potere regolatorio, anche quando si tratti dell’esercizio del gioco d’azzardo, quando le relative determinazioni siano funzionali ad esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica.
Tale principio è stato espressamente affermato con la sentenza di questa Sezione 30 giugno 2014, n. 3271, laddove ha riconosciuto che «L'art. 3 del D.L. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011, sempre in tema di abrogazione delle restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche, ha poi disposto che ‘l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge’, affermando un principio, derogabile soltanto in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute) ».
Inoltre, la Corte Costituzionale, con la sentenza 18 luglio 2014, n. 220, con riguardo alla individuazione dei poteri esercitabili dal Sindaco ai sensi dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, ha al riguardo dichiarato inammissibile, per mancato esame di possibili diverse soluzioni ermeneutiche, la questione di legittimità costituzionale di detta norma, in riferimento agli art. 32 e 118 cost., nella parte in cui, disciplinando i poteri normativi e provvedimentali attribuiti al Sindaco in materia di gioco e scommesse, non prevede che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico.
Per la Corte Cost., come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa di legittimità e di merito, la disposizione censurata può fornire un fondamento legislativo al potere del Sindaco di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature per il gioco.
In tale senso si sono collocate anche ulteriori pronunce, con le quali è stato riconosciuto che, sulla base della generale previsione dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, il Sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute (tra le quali è compresa la esigenza di contrasto alle ludopatie), della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale (oltre alla citata sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, sent. 3271 del 2014, cfr. le ordinanze della Sezione stessa nn. 3845 del 2014, 5826 del 2014 e 610 del 2014, alle cui argomentazioni si rinvia integralmente anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 74 del c.p.a., seconda parte).
Con riguardo al particolare caso in esame, osserva in proposito il collegio che con la determinazione sindacale impugnata, preso atto di una relazione della A.S.L. di Imperia circa la particolare diffusione del fenomeno del gioco d’azzardo e della deliberazione del Consiglio comunale n. 50 del 2014 (di approvazione di un atto di indirizzo per la disciplina degli orari per l’esercizio delle attività di gioco lecito sul territorio comunale), il Sindaco del Comune di Imperia, visto l’art. 50 del d. lgs. n. 267 del 2000, ha deliberato di delimitare l’orario massimo di apertura delle attività inerenti il gioco d’azzardo.
La determinazione impugnata è stata motivata con riferimento al fatto che il Comune ha anche il compito di contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, dal momento che la moltiplicazione incontrollata della possibilità di accesso al gioco costituisce accrescimento del rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia nella vita personale e familiare dei cittadini, che a carico dei servizi sociali comunali, chiamati a contrastare situazioni di disagio connesse alle ludopatie.
Tale determinazione, in quanto espressamente volta alla tutela della salute pubblica mediante il contrasto del fenomeno, rientrava quindi pienamente nelle competenze sindacali di cui al citato art. 50, comma 7, del d. lgs. n. 267 del 2000.
III.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la sentenza di primo grado.
IV.- Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio nei confronti della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 5944 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Pone a carico degli appellanti signori Paolo Bazzo, Antonietta Iachini, Laura Mantovani, Gabriele Ranoisio e Fabio Risso, in solido tra di loro e con ripartizione interna in parti uguali, le spese del presente grado, liquidate nella complessiva misura di € 2000,00 (duemila/00), a favore del Comune di Imperia, oltre ai dovuti accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Spese compensate nei confronti della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Nicola Gaviano, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere