Raffaella Paita, fresca di vittoria alle primarie del Partito Democratico in Liguria domenica scorsa, aveva subito promesso "anni Rock" al suo elettorato. A poco è valso rispolverare la metafora cara al Molleggiato: la musica sentita finora somiglia più a una strana e indistinta fusione di figuracce. Le primarie sono "lente", direbbe Celentano.
Il Collegio dei garanti del Pd ha infine annullato il voto di tredici seggi, dopo le lamentele innescate dallo sfidante sconfitto, Sergio Cofferati, già segretario generale della Cgil, sindaco di Bologna e ora parlamentare europeo. Il Paita Rock elettorale, secondo lui, è stato contaminato dall’approvazione del Nuovo Centrodestra e dall’affluenza organizzata di varie etnie extracomunitarie, in primis marocchini e cinesi.
Le irregolarità riscontrate non cambiano la sostanza della consultazione, perché lo scarto tra i due contendenti è netto, quattromila voti. Però che confusione. Migliaia di schede bruciate, il premier Matteo Renzi che deve metterci una pezza (Paita ha vinto, in bocca al lupo, siamo tutti con lei). Ma come, il futuro non apparteneva piuttosto alla velocità, alle tecnologie di ultima generazione, inserite nel programma di Paita alla voce "Smart Region" (smart significa "intelligente"). Gli spazi pubblici si trasformeranno con reti Wi-Fi, applicazioni interattive per le informazioni turistiche, lampade a led per il risparmio energetico, mentre la Liguria tutta diventerà letteralmente "un luogo catalizzatore di imprese innovative".
Qualcosa di simile alle società start-up evocate da Renzi, cioè le aziende che attirano capitali e idee, sfornando prodotti e servizi cui nessuno aveva mai pensato. Assoli di chitarre scordate ne abbiamo già sentiti abbastanza. A una Liguria Smart, anzi intelligente, stavolta vorremmo crederci sul serio.