In occasione del ventennale della scomparsa di Gino Guglielmi, figura di spicco della cultura ligure, in particolare quella sanremese, ma anche scrittore, poeta, conduttore televisivo, segretario della Famija Sanremasca e fortissimo sostenitore del dialetto, il Teatro Rina e Gilberto Govi ha approfittato di una giornata ad altissimo tasso culturale come quella del Gran Galà del festival di San Giorgio, per rendergli omaggio. Lo ha fatto a modo proprio, domenica scorsa, 23 febbraio, donando alla figlia di Gino Guglielmi, Laura, (direttrice del quotidiano web ‘Mentelocale.it’) il ‘Gipponetto Govi’.
“Sono felice di ricordare papà, Gino Guglielmi, nel ventennale della sua morte. Appassionato di storia locale, ha scritto tanti interventi sui personaggi liguri, tra cui un libro su Antonio Rubino”. Ha ricordato Laura Guglielmi nel suo discorso sul palco. Il suo è stato un intervento nel quale ha raccontato la figura del padre e di ciò che fece per la sua città: “Alla fine degli anni Settanta conduceva un programma televisivo, intitolato ‘Il Rigulè’. Lì papà dava sfogo al frutto delle sue ricerche - come nei suoi articoli o nei suoi libri. Io lo seguivo distrattamente, avevo altro per la testa a quell’età.
Inoltre, raccoglieva fotografie della Sanremo di altri tempi, curando alcune pubblicazioni. Era entusiasta della sua città e cercava di portare alla luce le cose per cui valeva la pena essere sanremaschi. Io, invece, non vedevo l’ora di partire e viaggiare per il mondo. Da piccola ho conosciuto Carlo Dapporto che veniva spesso a mangiare da noi quando era in visita da Roma, una Sanremo, un’Italia che non c’è più. Di cui papà cercava di preservare suo le cose migliori. Ma io non lo capivo questo suo interesse.
Dopo la sua morte ho cominciato a intuire quanto fosse stato importante il suo lavoro. Con le centinaia di foto che aveva raccolto su Sanremo e dintorni, ho curato una mostra sul paesaggio di Italo Calvino, sanremese pure lui e di tre anni più vecchio di mio padre, una mostra che ha fatto il giro del mondo ed è anche approdata alla New York University. Papà ha continuato a vivere anche attraverso le cose che ho fatto e che sto facendo io.
Oggi in un mondo in cui non sembra più sedimentarsi niente, in cui si vive l’attimo e si sta perdendo la memoria di chi siamo e da dove veniamo, si vive di fretta senza saper bene dove andare, è bello che, dopo vent’anni, a Genova, la città che ho scelto per vivere, venga premiato mio padre, una persona che forse viveva troppo nel passato, ma che cercava di non farlo sfuggire via per sempre. Un passato in cui Sanremo era una delle più belle cittadine sul mare, zeppa di giardini, sconvolta a partire dagli anni Cinquanta, da una feroce speculazione edilizia e dai condomini che l’hanno soffocata. Una ferita troppo grande per papà Gino, come per Italo Calvino che ha anche scritto un romanzo dedicato alla devastazione, intitolato ‘la speculazione edilizia’, appunto.
Oggi su Sanemonews è uscito questo articolo di Fabrizio Aperlo, una persona che non conosco ancora personalmente, e che leggendo del premio Govi chiede al Comune di Sanremo l’intitolazione di una via all’indimenticato segretario della ‘Famija Sanremasca’: ‘Volevo sottolineare, come ho già fatto in passato, l’importanza, in ambito culturale per la nostra città, di una figura ‘sanremasca’ quale è stato Gino Guglielmi, scrittore, poeta, conduttore televisivo, che ci ha purtroppo lasciati vent’anni fa. Come è stato ricordato dalla Vostra testata giornalistica, Guglielmi oggi 23 febbraio verrà insignito a Genova di un importante riconoscimento quale è il ‘Premio Govi’ e nella fattispecie ‘Gipponetto Govi’ che è appunto un vero e proprio oscar che il Teatro Govi dona a quei personaggi che hanno lasciato un segno nell’ ambito della cultura ligure. Mi viene spontaneo chiedermi una cosa. Ma la città di Sanremo, la città di Gino, quando renderà omaggio degnamente alla sua figura e a quello che ha rappresentato e rappresenta per la sua cultura? Ritengo che dedicargli una via o una piazza cittadina, grande o piccola che sia, sarebbe un gesto doveroso per ricordarlo e ricordare quello che ha fatto in vita e che ci ha lasciato in eredità. Ad oggi purtroppo questo non è ancora colpevolmente avvenuto. Nel cuore di chi l’ha conosciuto e di quanti lo stimano pur non avendolo conosciuto personalmente, il suo ricordo ovviamente non si potrà cancellare, ma sarebbe altrettanto bello che il suo nome possa rimanere legato materialmente e per sempre a quei luoghi che tanto ha amato'.
Ora io sono una donna che ama la modernità, che vive a suo agio nel contemporaneo, che dirige una testata giornalistica internet - Mentelocale - e che gira spesso per il mondo. Ma quando ad ottobre, in India - non mi era mia capitata una cosa così prima - attraversando in auto i paesaggi del Rajasthan, ho avuto una punta di nostalgia per l’alta via dei monti liguri, il ramacaeto e il faiallo, per le case in pietra e i borghi aggrappati alle colme, mi è venuta in mente questa frase di Italo Calvino, con cui nel 2000 si chiudeva la mostra di New York, una sorta di riconciliazione dello scrittore con il padre Mario, professore universitario e agronomo, ormai morto, che quando era ragazzo Italo non era riuscito a capire né a seguire.
Scrive Calvino: 'Ci vivevo in mezzo e volevo essere altrove. Di fronte alla natura restavo indifferente riservato, a tratti ostile. E non sapevo che anch’io stavo cercando un rapporto, forse più fortunato di quello di mio padre, un rapporto che sarebbe stata la letteratura a darmi, restituendo significato a tutto e, d’un tratto ogni cosa sarebbe divenuta vera e tangibile e possibile e perfetta, ogni cosa di quel mondo ormai perduto'.".
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