Tutte le antiche civiltà del passato compivano sacrifici rinunciando a qualche cosa di importante per ingraziarsi i favori e la protezione delle divinità. La recente scoperta avvenuta tra i boschi di San Romolo a Sanremo, porta a dieci il numero degli altari sacrificali localizzati su un'area circoscritta. Una ulteriore testimonianza che contribuisce a delineare i contorni di un'isola di civiltà proto-storica fiorita nell'estremo Ponente Ligure, imparentata con la civiltà Megalitica che ha prodotto una cultura materiale religiosa ricca di particolarismi.
L''altare sacrificale ricavato da un blocco di arenaria quarzifera, presenta su i quattro lati tracce di interventi finalizzati a dare al manufatto la forma di un parallepipedo. Misura cm. 106X72X63 di altezza, dimensioni compatibili per il sacrificio di animali di media taglia, capro-ovini. Una incisione cruciforme di cristianizzazione molto marcata eseguita mediante raschiamento, si trova al centro dell'altare sacrificale, probabile opera dei monaci Benedettini presenti a Seborga sempre ligi nel seguire le direttive emanate dalla chiesa durante i concili che imponevano di distruggere oppure di cristianizzare i luoghi di culto pagano.
Nell'undicesimo secolo, in Liguria e Provenza il processo di evangelizzazione che si era interrotto durante il periodo funestato dalle scorrerie Saracene, riprese vigore a seguito della donazione, da parte della nobiltà feudale, di grandi estensioni di terre ai monaci Benedettini. Fu un cammino lento e difficile che trovò enormi ostacoli nella società poco permeabile e conservatrice di pastori e contadini che rifiutava di abbracciare la nuova religione Monoteista. Testimonianze di quanto fosse ancora diffuso il paganesimo nell'entroterra, sono le innumerevoli incisioni cruciformi di cristianizzazione lasciate dai monaci sulle rocce coppellate, i menhir e gli altari sacrificali.















