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| 07 agosto 2012, 21:40

ILVA: le Carte della Procura, interessanti anche a Savona... (Ia parte)

...A) del reato di cui agli artt. 110, 437 c.p., perché, nelle rispettive qualità di presidente del C.d.A. dell'ILVA S.p.A. (il RIVA), di direttore dello stabilimento di Taranto (il CAPOGROSSO) e di dirigente responsabile del reparto cokerie (il PENSA), nell'ambito delle rispettive competenze, omettevano di dotare le batterie del reparto cokerie aventi n. 3-4-5-6, di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione, nei luoghi di lavoro e nelle aree circostanti, di fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione...

ILVA: le Carte della Procura, interessanti anche a Savona... (Ia parte)


in ordine ai seguenti fatti-reato:

RIV A Emilio, RIV A Claudio, CAPOGROSSO Luigi, ANDELMI Marco,

CAVALLO Angelo, DIMAGGIO Ivan, DE FELICE Salvatore, D’ALO’ Salvatore a) artt. 81, 110 c.p.; 24, 25 D.P.R. n. 203/1988; 256, 279 D.L.vo 152/06

perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di cui sopra, realizzavano con continuità e non impedivano una quantità imponente di emissioni diffuse e fuggitive nocive in atmosfera in assenza di autorizzazione, emissioni derivanti dall’area parchi, dall’area cokeria, dall’area agglomerato, dall’area acciaieria, nonché dall’attività di smaltimento operata nell’area GRF e dalle diverse “torce” dell’area acciaieria a mezzo delle quali (torce) smaltivano abusivamente una gran quantità di rifiuti gassosi. Tutte emissioni che si diffondevano sia all’interno del siderurgico, ma anche nell’ambiente urbano circostante con grave pericolo per la salute pubblica [capo così precisato ed integrato, in fatto, dai PP.MM. con nota del 12.07.2012].

In Taranto dal 1995, sino alla data odierna e con permanenza.

RIV A Emilio, RIV A Claudio, CAPOGROSSO Luigi, ANDELMI Marco,

CAVALLO Angelo, DIMAGGIO Ivan, DE FELICE Salvatore, D’ALO’ Salvatore b) artt. 110, 434 comma primo e secondo c.p.

perché, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di cui sopra, nella gestione dell’ILVA di Taranto operavano e non impedivano con continuità e piena consapevolezza una massiva attività di sversamento nell’aria – ambiente di sostanze nocive per la salute

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nato a Taranto il 5.06.1968 ed ivi residente alla via Brigantini n.

6/7, elettivamente domiciliato presso l’Ufficio Legale ILVA s.p.a. – stabilimento di Taranto alla via Appia km 648 (capo area agglomerato dal 27.04.2007 ed in corso)
– difeso di fiducia dall’avv.to Egidio Albanese del Foro di Taranto e avv.to Francesco Perli del Foro di Milano con studio in Milano alla Galleria San Babila n. 4/A;


umana, animale e vegetale, diffondendo tali sostanze nelle aree interne allo stabilimento, nonché rurali ed urbane circostanti lo stesso. In particolare, IPA, benzo(a)pirene, diossine, metalli ed altre polveri nocive determinando gravissimo pericolo per la salute pubblica e cagionando eventi di malattia e morte nella popolazione residente nei quartieri vicino il siderurgico.

In Taranto-Statte dal 1995 e sino alla data odierna.

RIV A Emilio, RIV A Claudio, CAPOGROSSO Luigi, ANDELMI Marco,

CAVALLO Angelo, DIMAGGIO Ivan, DE FELICE Salvatore, D’ALO’ Salvatore c) artt. 110, 437 comma 1 e 2 c.p.

perché, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di cui sopra, omettevano di collocare e comunque omettevano di gestire in maniera adeguata, impianti ed apparecchiature idonee ad impedire lo sversamento di una quantità imponente di emissioni diffuse e fuggitive in atmosfera, nocive per la salute dei lavoratori, emissioni derivanti dall’area parchi, dall’area cokeria, dall’area agglomerato, dall’area acciaieria, nonché dall’attività di smaltimento operata nell’area GRF. Tutte emissioni che si diffondevano sia all’interno del siderurgico, ma anche nell’ambiente urbano circostante con grave pericolo per la salute dei lavoratori che subivano altresì eventi di danno alla salute stessa.

In Taranto dal 1995, sino alla data odierna e con permanenza.

RIV A Emilio, RIV A Claudio, CAPOGROSSO Luigi, ANDELMI Marco,

CAVALLO Angelo, DIMAGGIO Ivan, DE FELICE Salvatore, D’ALO’ Salvatore

  1. d)  artt. 110, 439 c.p.

    perché, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di cui sopra, attraverso l’attività di sversamento delle sostanze nocive di cui ai precedenti capi di imputazione, provocavano e non impedivano la contaminazione dei terreni ove insistevano diverse aziende agricole locali, in tal guisa cagionando l’avvelenamento da diossina di circa 2.271 capi di bestiame destinati all’alimentazione diretta e indiretta con i loro derivati, a seguito dell’attività di pascolo esercitata nelle suddette aziende. Capi di bestiame poi abbattuti perché contaminati da diossina e PCB e pericolosi per la salute umana.

    In Taranto - Statte dal 1995, sino alla data odierna e con permanenza.

    RIV A Emilio, RIV A Claudio, CAPOGROSSO Luigi, ANDELMI Marco,

    CAVALLO Angelo, DIMAGGIO Ivan, DE FELICE Salvatore, D’ALO’ Salvatore

  2. e)  artt. 81 comma 1 - 110 - 674 - 639 comma 2 e 3, e 635 comma 1 e 2 n. 3) c.p.

    perché, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità di cui sopra, provocavano e comunque non impedivano, omettendo di adottare gli opportuni accorgimenti, continui e permanenti sversamenti nell’ambiente circostante di minerali e polveri riconducibili ai materiali depositati presso i Parchi Minerali ILVA e/o aree di produzione ubicate all’interno dello stabilimento, nonché alle aree cokeria, agglomerato, altoforno, acciaieria e GRF, tali da offendere, imbrattare e molestare persone, in considerazione di una esposizione continua e giornaliera, nonché da deturpare, imbrattare e danneggiare, sia dal punto di vista strutturale che del ridotto valore patrimoniale-commerciale conseguente all’insalubre ambiente inquinato, decine di edifici pubblici e privati di cui alle denunce in atti (come da elenco allegato), tutti ubicati nel Quartiere Tamburi del Comune di Taranto e nelle immediate vicinanze dello stabilimento siderurgico (cimitero, giardini e parchi pubblici, impianti sportivi, strade, private abitazioni, ecc.).

    Con l’aggravante di danno arrecato ad edifici pubblici o destinati all’esercizio di un culto. In Taranto dal 1995, sino alla data odierna e con permanenza.

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Con recidiva specifica reiterata per CAPOGROSSO Luigi

1. Il materiale probatorio acquisito nel corso delle indagini, tra cui

le perizie chimico-ambientale e medico-epidemiologica svolte in sede di incidente probatorio.

L’impianto probatorio che sorregge la richiesta di misura cautelare reale in esame risulta di tale solidità, consistenza e chiarezza da imporre con assoluta cogenza, a fronte delle evidenti esigenze di prevenzione di cui all’art. 321 comma 1 c.p.p. rese non più eludibili dalla gravissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria accertata nel corso delle indagini, il sequestro delle seguenti aree dell’ILVA. s.p.a. di Taranto e degli impianti e materiali ivi esistenti: Area Parchi, Area Cokerie, Area Agglomerato, Area Altoforno, Area Acciaieria e Area GRF (Gestione Rottami Ferrosi), misura la cui indispensabilità ed urgenza appaiono incontrovertibili.

Riservando al prosieguo della presente analisi l’approfondimento del composito e ponderoso materiale acquisito nel corso delle indagini – alle quali hanno dato impulso, tra l’altro, numerosissimi esposti e denunce di privati cittadini e rappresentanti di associazioni ambientaliste (v. faldone n. 6 nonché faldoni nn. 2bis, 3bis, 4bis, 5bis, 6bis, 7bis, 8bis, 9bis, 10bis e 11bis), nonché esposti di enti pubblici (tra i quali va segnalato quello, corredato di documentazione, presentato il 24.05.2010 dal sindaco di Taranto dottor Ippazio Stefano ed inserito nel faldone n. 4) – , va precisato che detto materiale è integrato essenzialmente:

  • 􏰕  dagli accertamenti svolti, d’iniziativa o su delega dell’A.G., da organi pubblici tra cui, a far data dal 2007, l’A.R.P.A. Puglia [Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione dell’Ambiente, Organo Tecnico della Regione Puglia istituito e disciplinato con Legge Regionale 22 gennaio 1999 n. 6, così come modificata dalla Legge Regionale 4 ottobre 2006 n. 27, preposto all’esercizio di attività e compiti in materia di prevenzione e tutela ambientale, come individuate dall’art. 4 della legge istitutiva, ai fini della salvaguardia delle condizioni ambientali soprattutto in relazione alla tutela della salute dei cittadini e della collettività; è presente in ogni provincia con i suoi Dipartimenti Ambientali Provinciali (DAP)], nonché dalla A.S.L., dall’Ispettorato del Lavoro e dalla Questura di Taranto di Taranto (v. faldoni nn. 2, 3 e 4);

  • 􏰕  dagli esiti, di estrema rilevanza, delle indagini condotte dai Carabinieri del N.O.E. (Nucleo Operativo Ecologico) di Lecce (v. faldone n. 4);

  • 􏰕  dagli accertamenti tecnici dei consulenti del P.M., ed in particolare:

    • 􏰖  dalla consulenza svolta, nel procedimento n. 8496/99 R.G.N.R. e n. 6252/01 Reg.

      Trib. - [trattasi del processo a carico di QUARANTA Giancarlo, ZIMBARO Salvatore, CAPOGROSSO Luigi e RIVA Emilio, definito in primo grado con sentenza n. 2110/02 del 15.07.2002 del Giudice monocratico di Taranto dott.ssa Lucia De Palo, di cui si dirà più avanti sub C), divenuta irrevocabile nel 2005; copia della relazione di detta consulenza (agli atti del fascicolo dibattimentale di quel processo) è stata acquisita nel procedimento riunito n. 4508/09 R.G.N.R.] - , dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Onofrio Lattarulo e ing. Francesco Di Francesco (v. relazione di consulenza presentata il 31.01.2000 ed allegati, nel faldone n. 1bis, pagg. 4/164);

    • 􏰖  dalla consulenza svolta, nel procedimento riunito n. 4508/09 R.G.N.R. (avviato per i reati di cui agli artt. 674 e 635 c.p. a seguito di numerosissime denunce-querele di

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privati cittadini), dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Vito Balice e ing. Francesco Di Francesco Francesco (v. relazione di consulenza depositata il 25.05.2011, nel faldone n. 1bis, pagg. 295/342 ed atti allegati);

􏰖 dalla consulenza svolta, nel procedimento riunito n. 938/10 R.G.N.R., dai dottori Roberto Primerano, Lorenzo Liberti e Filippo Cassano (v., nel faldone n. 7, relazione di consulenza depositata il 4.08.2009 e relazione integrativa redatta dagli stessi consulenti e depositata il 28.07.2010);

􏰕 da varie sentenze penali emesse a far data dal 1998 nei confronti dei vertici dell’ILVA s.p.a. di Taranto ovvero di suoi dirigenti (v. sentenze acquisite in copia ed inserite nel faldone n. 1). Trattasi, in particolare, di:

  1. A)  sentenza n. 2247/98 del 6.07.1998 divenuta irrevocabile il 27.10.99, con la quale il

    Pretore di Taranto dottor Marcello Barbanente dichiarava MUNI Nicola (direttore dello stabilimento ILVA s.p.a. dal marzo 1993 fino al maggio 1995) colpevole del reato di cui all’art. 674 c.p., “perché, nella qualità di responsabile dello stabilimento ILVA s.p.a., consentiva e non impediva permanenti sversamenti nell’area circostante lo stabilimento, e di notevoli dimensioni, di grossi quantitativi di polveri di minerali atti ad offendere, imbrattare e molestare le persone. In Taranto, dal marzo 1993 in poi”;

  2. B)  sentenza n. 410/99 del 19.02.99 del Pretore di Taranto dottor Genantonio Chiarelli (poi riformata dalla Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, che assolveva MUNI Nicola e SALVATORE Ettore dal reato di danneggiamento, per insussistenza del fatto, ed annullata senza rinvio nei confronti del SALVATORE limitatamente al reato di cui all’art. 18 comma II e III legge 319/1976, perché estinto per prescrizione), divenuta irrevocabile nei confronti del MUNI il 20.09.2000 e del SALVATORE il 20.03.2001, giudicati (unitamente a Liscio Claudio e Lalinga Angelo, quali responsabili dei servizi di depurazione presso l’ILVA, assolti dal Pretore per non avere commesso il fatto), per i seguenti reati: a) reato di cui all’art. 21 comma 2° e 3° L. 10.05.76 n. 319, “perché ... consentivano e non impedivano scarichi di liquami provenienti da alcuni reparti dello stabilimento nel canale principale di deflusso n. 1 e, attraverso questo, in mare, contenenti concentrazioni di metalli pesanti superiori ai limiti consentiti: dal reparto scarico depurazione gas coke: 600 mg/l di piombo; dal reparto scarico granulazione loppa: 600 mg/l di piombo; dal reparto drenaggi OCM: 260 mg/l di piombo (limite consentito: 200/mg/l)”; b) reato di cui agli artt. 635 n. 3 in relazione all’art. 625 n. 7 c.p., “perché ... consentivano e non impedivano lo scarico in mare dei liquami provenienti dallo stabilimento ILVA, che contenevano concentrazioni di metalli e sostanze chimiche che, pur non superando, singolarmente, i limiti di legge, producevano, nel loro complesso, un concreto e negativo effetto di accumulo negli organismi vegetali ed animali e nei fondali, con ciò danneggiando un’ampia zona del Mar Grande. In Taranto – Mar Grande, con continuità ed accertato fino al mese di maggio 1996 sub a) e fino al mese di ottobre 1996 sub b), e per i periodi di effettivo svolgimento delle indicate funzioni ...” (il Pretore di Taranto dichiarava MUNI Nicola e SALVATORE Ettore colpevoli del reato di cui al capo b), ed il SALVATORE anche del reato di cui al capo a), dal quale, invece, assolveva il MUNI);

  3. C)  sentenza n. 2110/02 del 15.07.2002 del Giudice monocratico di Taranto dott.ssa Lucia De Palo, nel processo a carico di QUARANTA Giancarlo, ZIMBARO Salvatore, CAPOGROSSO Luigi e RIVA Emilio, imputati: a) del reato di cui all’art. 674 c.p., “perché, nelle rispettive qualità di dirigenti del reparto parchi minerali dello stabilimento ILVA s.p.a. (i primi due), di direttore dello stabilimento (il terzo) e di amministratore delegato della indicata società (il quarto), e quindi nell’ambito delle rispettive competenze, provocavano e non impedivano, omettendo di adottare gli opportuni accorgimenti e di installare le necessarie opere provvisionali, continui e permanenti sversamenti di polveri di minerali accatastati nella zona dei parchi minerali dello stabilimento, polveri contenenti

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sostanze atte a molestare, offendere ed imbrattare le persone residenti nell’abitato del vicino comune di Taranto e, in particolare, quelle residenti del quartiere Tamburi”; b) del reato di cui all’art. 13 comma quinto D.P.R. 24.5.88 n. 203, “perché nelle indicate loro qualità, omettevano di adottare tutte le misure tecniche e provvisionali necessarie per evitare un peggioramento, anche temporaneo, delle emissioni polverose provenienti dalla zona dei parchi minerali dello stabilimento ILVA, che interessavano la popolazione del vicinissimo centro abitato di Taranto. In Taranto dall’epoca delle denunce ... in poi e con continuazione e permanenza fino alla data odierna”. Il Giudice monocratico di Taranto dichiarava gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti, subordinando ex art. 165 c.p. la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena “alla eliminazione, ad opera degli stessi imputati, delle conseguenze dannose e pericolose dei reati, mediante realizzazione della produzione attraverso la migliore tecnologia disponibile per il contenimento dell’emissione molesta ovvero mediante l’adozione di qualunque altro sistema utile al conseguimento di tale scopo, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza”, ed ordinando la confisca dell’area denominata “Parchi Minerali” che era stata sottoposta a sequestro;

D) sentenza n. 372/04 del 10.06.2004 della Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, la quale, parzialmente riformando la sentenza sub C), appellata da tutti gli imputati, assolveva il QUARANTA e lo ZIMBARO dai reati loro ascritti, per non avere commesso il fatto, riduceva la pena inflitta a RIVA Emilio e sostituiva la pena detentiva inflitta al RIVA e al CAPOGROSSO con quella pecuniaria di specie corrispondente, eliminando nei loro confronti la sospensione condizionale della pena. Confermava, nel resto, la sentenza [sub C)] impugnata, in particolare la confisca dell’area parchi minerali dell’ILVA s.p.a.;

E) sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III penale, n. 38936 del 28.09.2005, depositata il 24.10.2005, che annullava senza rinvio la sentenza sub D) “nei soli punti della disposta confisca e della condanna di Emilio RIVA e Luigi CAPOGROSSO al risarcimento dei danni in favore della Legambiente della Puglia, costituitasi parte civile”, rigettando nel resto i ricorsi proposti dal RIVA e dal CAPOGROSSO avverso detta sentenza;

F) sentenza n. 408/07 del 12.02.07 del Giudice monocratico di Taranto dottor Martino Rosati, nel processo a carico di RIVA Emilio, CAPOGROSSO Luigi, PENSA Roberto, RIVA Claudio, MORONI Alfredo ed ELEFANTE Domenico, imputati:
RIVA Emilio - CAPOGROSSO Luigi - PENSA Roberto

A) del reato di cui agli artt. 110, 437 c.p., perché, nelle rispettive qualità di presidente del C.d.A. dell'ILVA S.p.A. (il RIVA), di direttore dello stabilimento di Taranto (il CAPOGROSSO) e di dirigente responsabile del reparto cokerie (il PENSA), nell'ambito delle rispettive competenze, omettevano di dotare le batterie del reparto cokerie aventi n. 3-4-5-6, di tutte le apparecchiature necessarie per evitare la dispersione, nei luoghi di lavoro e nelle aree circostanti, di fumi, gas, vapori e polveri di lavorazione, onde prevenire la possibilità di disastri, infortuni e malattie consequenziali in danno dei lavoratori addetti e, comunque,operanti nella zona, il tutto anche in relazione alla specifica normativa a tutela dei lavoratori (D.P.R. 547/55, 303/515) e dell'ambiente (art.674, c.p., e D.P.R. 203/88) e pure essendo consapevoli che la mancata adozione delle misure di cui sopra aggravava il rischio di infortuni, così come previsto dal "documento sulla valutazione dei rischi" approvato dalla stessa ILVA S.p.A.;

B) dei reati di cui agli artt. 110 c.p.; 20 e 21 D.P.R. 19/03/1956 n. 303, perché, nell'ambito delle rispettive competenze, omettevano di munire le batterie del reparto cokerie aventi nr. 3- 4-5-6 di appropriati dispositivi onde evitare la dispersione di gas, vapori e polveri nel luogo di lavoro e, comunque, di impedirne lo sviluppo e la diffusione.

In Taranto, a decorrere dalla data di assunzione delle loro funzioni, con permanenza, fino al settembre 2002 (epoca di disattivazione dell'impianto);

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C) del reato di cui all'art. 650 c.p., per avere, nelle qualità sopra indicate, omesso di ottemperare all'ordinanza del sindaco del Comune di Taranto emessa in data 22/05/2001, con la quale - per ragioni di tutela della salute pubblica - veniva ordinata l'immediata sospensione dell'esercizio delle batterie 3-4-5-6 della cokeria.

In Taranto dal 22/05/2001 fino al settembre 2002 (epoca di disattivazione dell'impianto); RIVA Emilio - RIVA Claudio - CAPOGROSSO Luigi - PENSA Roberto
D) del reato di cui all'art. 674 c.p., perché, nelle rispettive qualità, il primo di presidente ed amministratore delegato dell'ILVA Lamiere e Tubi e ILVA S.p.A., il secondo di amministratore delegato, il terzo di direttore di stabilimento ed il quarto di responsabile del reparto cokerie, consentivano o comunque non impedivano permanenti emissioni - all'interno dello stabilimento siderurgico ILVA e nelle zone circostanti dell'abitato cittadino, in particolare nel quartiere "Tamburi" - di grossi quantitativi di polveri minerali e gas (IPA, benzene) atti ad offendere, imbrattare e molestare le persone.
In Taranto accertato il 10/7/2000, con condotta permanente.
E) del reato di cui all' art. 25, commi 3° e 4°, D.P.R. n.203/88, perché, nelle rispettive qualità di cui al precedente capo, nell'esercizio dell'impianto ILVA di Taranto non rispettavano i valori di emissione (con riferimento alle polveri totali sospese) stabiliti direttamente dalla normativa, determinando altresì il superamento dei valori-limite di qualità dell'aria.
In Taranto accertato il 10/7/2000 con condotta permanente.

F) del reato di cui agli artt. 81, 635, comma 2° n.3 c.p., in relazione all'art.625 n. 7) c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nelle predette qualità ed attraverso la condotta descritta al capo D), imbrattavano e quindi deterioravano gli arredi urbani e gli edifici pubblici (strade, cimiteri) del Comune di Taranto.

In Taranto fino al 10/7/2000.
Con recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale per RIVA Emilio e CAPOGROSSO Luigi. MORONI Alfredo e ELEFANTE Domenico
G) del reato di cui all’art. 674 c.p., perché, nelle rispettive qualità, il primo di amministratore delegato dell'AGIP S.p.A., il secondo di direttore di stabilimento dal gennaio 1998, consentivano o comunque non impedivano permanenti emissioni - all'interno dello stabilimento AGIP e nelle zone circostanti dell'abitato cittadino, in particolare nel quartiere "Tamburi" - di grossi quantitativi di polveri minerali e gas (IPA, benzene) atti ad offendere, imbrattare e molestare le persone.
In Taranto, accertato il 10.07.2000, con condotta permanente
H) del reato di cui all'art. 25, commi 3° e 4°, D.P.R. n.203/88, perché, nelle rispettive qualità di cui al precedente capo, nell'esercizio dell'impianto di raffineria AGIP di Taranto non rispettavano i valori di emissione (con riferimento alle polveri totali sospese) stabiliti direttamente dalla normativa, determinando altresì il superamento dei valori-limite di qualità dell'aria.
In Taranto accertato il 10/7/2000 con condotta permanente.
I) del reato di cui agli artt. 81, 635, comma 2°, n. 3) c.p., in relazione all'art. 625, n. 7) c.p., perché, nelle qualità di cui al precedente capo H), con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nelle predette qualità ed attraverso la condotta sopra descritta, imbrattavano e quindi deterioravano gli arredi urbani e gli edifici pubblici (strade, cimiteri) del comune di Taranto.
In Taranto fino al 10/7/2000.
Con tale sentenza il Giudice monocratico di Taranto assolveva l’amministratore delegato (MORONI) ed il direttore (ELEFANTE) dell’impianto di raffineria AGIP s.p.a. di Taranto dai reati di cui ai capi H), per insussistenza del fatto, ed I), per non avere commesso il fatto, e dichiarava estinto per prescrizione il reato agli stessi contestato al capo G). Per quanto riguarda, invece, i vertici aziendali ed i dirigenti dell’ILVA, dichiarava estinta la contravvenzione di cui al capo B) ed assolveva i RIVA, il CAPOGROSSO ed il PENSA dal reato di cui al capo E), per insussistenza del fatto, ed il PENSA anche dai reati di cui ai capi A) e C), per non avere commesso

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il fatto; condannava, per contro, i predetti imputati dell’ILVA s.p.a. per i restanti reati, dichiarando RIVA Emilio e CAPOGROSSO Luigi interdetti dall’industria esercitata ed incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione, per la durata delle pene principali loro rispettivamente irrogate.

Con sentenza del 10.10.2008 (divenuta definitiva il 5.01.2010 per PENSA Roberto e RIVA Claudio), la Corte d’Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in parziale riforma della sentenza sub F), dichiarava estinti per prescrizione i reati di cui ai capi C), D), E) e F), ed assolveva PENSA Roberto dal reato di cui al capo D) e RIVA Claudio dai reati di cui ai capi i di cui ai capi D) e F), per non avere commesso il fatto. Confermava, nel resto, l’impugnata sentenza sub F).

􏰕 E’ stata acquisita, inoltre, copia della relazione di perizia eseguita su incarico del g.i.p. in sede di incidente probatorio (periti ing. Giovanni Carbotti, prof. Michele Quarto, dott.ssa Maria Spartera, dottor Giuseppe Viviano e dottor Giovanni Ziemacki), facente parte del fascicolo del dibattimento nel processo definito in primo grado con la predetta sentenza n. 408/07 del 12.02.2007 [sub F)].

􏰕 Infine, è agli atti del procedimento una copia della motivazione della sentenza emessa il 13.02.2012 dai giudici del Tribunale di Torino – I Sezione Penale, nel processo per la nota vicenda Eternit (in cui Schmidheiny Stephan e De Cartier De Marchienne Louis, responsabili della gestione delle società Eternit, sono imputati dei reati di cui agli artt. 437 comma 1 e 2 c.p. e 434 c.p.).

Di fondamentale importanza, le risultanze delle due perizie – chimico-ambientale e medico-epidemiologica – svolte, con le forme dell’incidente probatorio richiesto dalla Procura della Repubblica presso questo Tribunale (v. ordinanze rese da questo g.i.p. il 27.10.2010 e l’01.06.2011), nell’ambito dei procedimenti riuniti nn. 938/10 e 4868/10 R.G.N.R. a carico di RIVA Emilio, RIVA Nicola, CAPOGROSSO Luigi, CAVALLO Angelo e DIMAGGIO Ivan (v. atti inseriti nei faldoni nn. 8 e 9).

Deve subito rappresentarsi che le predette perizie assunte con l’incidente probatorio sono pienamente utilizzabili, in questa fase procedimentale, anche nei confronti di quegli indagati – trattasi di ANDELMI Marco, DE FELICE Salvatore e D’ALO’ Salvatore – i cui difensori non hanno partecipato all’assunzione delle predette prove.

Invero, la Suprema Corte ha avuto occasione di affermare che “le prove assunte con l'incidente probatorio sono sempre e comunque utilizzabili ai fini dei provvedimenti da adottare nel corso delle indagini preliminari, senza alcun limite soggettivo, mentre nel dibattimento sono utilizzabili soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione, secondo il dettato dell'art. 403 c.p.p. (Fattispecie in tema di misure cautelari personali: perizia, disposta con le forme dell'incidente probatorio nei confronti di alcuni indagati, è stata ritenuta utilizzabile nei confronti di altri, desumendosi da essa indizi di colpevolezza)” (Cass. Sez. V, sent. n. 299 del 27.01.1993, dep. 29.03.1993, imp. Prost).

Con riferimento, poi, ad altra specifica questione procedurale, la Cassazione ha ribadito che “le inutilizzabilità estensibili alla fase cautelare ... sono soltanto quelle richiamate, con elencazione tassativa, dall’art. 273 comma primo bis c.p.p.” (Cass. Sez. II, sent. n. 10724 del 25.02.2011, dep. 16.03.2011, imp. Castaldo De Stefano). Nella motivazione della sentenza si legge, tra l’altro: “...(Non si può giustificare) ... un'estensione analogica dell'elenco di cui all'art. 273 c.p.p., comma 1 bis per ottenere quella tendenziale applicazione anche alla fase cautelare dell'intero corpus delle norme in materia di inutilizzabilità (come sollecitato dalla difesa): vi osta il carattere tassativo dell'inutilizzabilità, che colpisce solo le prove vietate dal codice di rito e non le eventuali irregolarità nell'assunzione di quelle consentite. Nessun

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precedente arret di questa S.C. ha mai statuito una generale estensione, anche alla sede cautelare, dell'intero regime delle inutilizzabilità fisiologiche previste per il dibattimento ...”.

In particolare, ai periti dottori Mauro Sanna (chimico industriale), Rino Felici (laureato in tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, funzionario presso l’A.R.P.A. Lazio), Nazzareno Santilli (ingegnere chimico, funzionario presso l’I.S.P.R.A.) e Roberto Monguzzi (chimico), veniva affidato l’incarico di accertare (v. verbale di udienza dell’08.11.2010):

  1. se dallo stabilimento Ilva s.p.a. si diffondano gas, vapori, sostanze aereiformi e sostanze solide (polveri ecc.), contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori operanti all'interno degli impianti e per la popolazione del vicino centro abitato di Taranto e, eventualmente, di altri viciniori, con particolare, ma non esclusivo, riguardo a Benzo(a)pirene, Ipa di varia natura e composizione nonché Diossine, Pcb, Polveri di minerali ed altro;

  2. se i livelli di Diossina e Pcb rinvenuti negli animali abbattuti, appartenenti alle persone offese indicate nell’ordinanza ammissiva dell’incidente probatorio del 27.10.2010, e se i livelli di Diossina e Pcb accertati nei terreni circostanti l'area industriale di Taranto, siano riconducibili alle emissioni di fumi e polveri dello stabilimento ILVA di Taranto;

  3. se all'interno dello stabilimento ILVA di Taranto siano osservate tutte le misure idonee ad evitare la dispersione incontrollata di fumi e polveri nocive alla salute dei lavoratori e di terzi;

  4. se i valori attuali di emissione di Diossine, Benzo(a)pirene ed Ipa di varia natura e composizione, Pcb, polveri minerali ed altre sostanze ritenute nocive per la salute di persone ed animali nonché dannose per cose e terreni (sì da alterarne struttura e possibilità di utilizzazione), siano conformi o meno alle disposizioni normative comunitarie,

    nazionali e regionali in vigore;

  5. [se la pericolosità delle singole sostanze, considerando queste nel loro complesso e nella

    loro interagibilità, determinino situazioni di danno o di pericolo inaccettabili (effetto domino)];

  6. in caso affermativo, quali siano le misure tecniche necessarie per eliminare la situazione di pericolo, anche in relazione ai tempi di attuazione delle stesse e alla loro eventuale drasticità.

Richiedendo l’accertamento di cui al punto 5., relativo ad aspetti medico-epidemiologici, specifiche competenze professionali, si procedeva poi (v. ordinanza resa da questo g.i.p. l’01.06.2011) alla integrazione del collegio peritale con la nomina, quali esperti del settore per i profili riguardanti, per l’appunto, gli aspetti medico-epidemiologici dell’indagine, del professor Annibale Biggeri (professore ordinario di Statistica per la ricerca sperimentale e tecnologica presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze, e direttore della Unità di Biostatistica dell’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica ISPO – Istituto scientifico della Regione Toscana), della professoressa Maria Triassi (medico, professore ordinario di Igiene e Medicina Preventiva presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli, e direttore del Dipartimento Assistenziale di Igiene Ospedaliera, Medicina del Lavoro e di Comunità del Policlinico Federico II) e del dottor Francesco Forastiere (medico, direttore dell’Unità Operativa Complessa presso il Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario del Lazio), ai quali, all’udienza del 24.06.2011 (v. relativo verbale), venivano demandati i seguenti accertamenti, così rielaborato ed articolato il complesso quesito di cui al precedente punto 5.:

Dicano i periti prof.ssa Maria Triassi, prof. Annibale Biggeri e dottor Francesco Forastiere, esaminati eventualmente i dati ambientali ed epidemiologici a disposizione presso ARPA Puglia, le aziende sanitarie e la Regione e ogni altro dato e informazione disponibile presso agenzie pubbliche o private, ed avendo riguardo all’ambiente considerato in relazione ai lavoratori che operano presso lo stabilimento ILVA di Taranto e alla popolazione del/dei vicino/i centro/i abitati:

1. quali sono le patologie interessate dagli inquinanti, considerati singolarmente e nel loro complesso e nella loro interazione, presenti nell'ambiente a seguito delle emissioni dagli

9


impianti industriali in oggetto

  1. quanti sono i decessi e i ricoveri per tali patologie per anno, per quanto riguarda il fenomeno

    acuto, attribuibili alle emissioni in oggetto

  2. qual e' l'impatto in termini di decessi e di ricoveri ospedalieri per quanto riguarda le patologie

    croniche, che sono attribuibili alle emissioni in oggetto.

Depositati rispettivamente in data 25.01.2012 e 1.03.2012 gli elaborati della perizia chimica e medico-epidemiologica (inseriti nel faldone n. 9), si procedeva, con le forme stabilite per il dibattimento ex art. 401 comma 5 c.p.p., all’esame dei periti chimici (udienza del 17.02.2012) e dei medici-epidemiologi (udienza del 30.03.2012).

L’analisi particolareggiata dei risultati degli accertamenti svolti dai periti in sede di incidente probatorio (e delle ulteriori risultanze agli atti del procedimento) è riservata al prosieguo del presente provvedimento.

Appare necessario, tuttavia, premettere che ad entrambe le perizie non può non riconoscersi assoluta attendibilità.

Anzitutto, gli accertamenti sono stati svolti dai periti nel rigoroso e costante rispetto del principio del contraddittorio delle parti, e senza che nel corso delle operazioni peritali i difensori e/o i consulenti delle parti abbiano sollevato questioni o eccezioni di sorta, come gli stessi periti hanno confermato nella fase iniziale del loro esame (v. rispettivamente pag. 7 e pag. 24 del verbale da fonoregistrazione dell’udienza del 17.02.2012 e del 30.03.2012), dando atto del clima di “massima tranquillità” (così il dottor Forastiere) nel quale i lavori hanno avuto luogo.

Estremo risulta, inoltre, il rigore metodologico con il quale si è proceduto agli accertamenti chimico-ambientali e a quelli medico-epidemiologici, reso evidente dalla esauriente esposizione, tanto in sede di elaborato scritto quanto nel corso dell’esame orale, delle modalità e dei criteri di analisi seguiti, delle acquisizioni scientifiche di riferimento e dei parametri e coefficienti adottati, oltre che dalla coerenza delle stime, sempre ispirate a criteri di prudenza e ragionevolezza, con i dati oggettivi assunti nel corso delle operazioni peritali, tra i quali quelli forniti dalla stessa ILVA e le risultanze della documentazione acquisita dai periti (a tanto ritualmente autorizzati dal g.i.p. ex art. 228 c.p.p.) presso uffici, istituti ed enti pubblici (Ministero dell’Ambiente, Ministero della Salute, I.N.P.S., Istituto Superiore di Sanità, I.N.A.I.L., A.R.P.A. Puglia, ASL di Taranto, Comuni di Taranto, Massafra, Palagiano e Statte, Osservatorio Epidemiologico della Regione Puglia, ecc).

Vale, inoltre, a confermare la piena attendibilità delle conclusioni peritali la innegabile coerenza e compatibilità delle stesse con l’intero e composito quadro delle risultanze investigative, tra le quali non è dato rilevare alcun dato od accertamento idoneo ad invalidare dette conclusioni. Anzi, tali risultanze valgono semmai – come vedremo – ad esaltare il carattere decisamente prudenziale-conservativo delle stime dei periti, tanto dei chimici quanto degli epidemiologi.

Non sembra trascurabile, poi, il fatto che agli esiti degli accertamenti peritali non sia stata (a tutt’oggi) contrapposta dagli indagati, che pure hanno attivamente partecipato alle operazioni attraverso propri consulenti ritualmente nominati, alcuna propria relazione di consulenza, né l’esame orale dei periti condotto dai difensori degli indagati (si ricorda: RIVA Emilio, RIVA Nicola, CAPOGROSSO Luigi, CAVALLO Angelo e DIMAGGIO Ivan) è valso a far emergere aspetti o elementi in grado di indebolire il pregio e l’attendibilità delle conclusioni formulate dai predetti professionisti.

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Si avrà modo di fare riferimento, nel corso della presente trattazione, a quanto emerso dall’esame dei periti. In questa sede, sembra opportuno soffermarsi sul fatto che, esaminando i periti chimici all’udienza del 17.02.2012, la difesa degli indagati ha sostanzialmente dedotto l’inutilizzabilità, ai fini dei demandati accertamenti chimico-ambientali, di un documento tecnico europeo di cui, per contro, i periti hanno tenuto conto nelle proprie analisi: trattasi del BRef Iron and Steel Production Draft version del 24 giugno 2011(BREF è acronimo di BAT Reference Report, ossia Rapporto sulle Migliori Tecniche Disponibili – BAT è acronimo di Best Available Techniques, ossia migliori tecniche disponibili, in italiano MTD).

Si legge, a tal proposito, nella relazione di perizia chimico-ambientale, al paragrafo 2. relativo alle “Modalità dell’indagine” (v. pagg. 5/6 della relazione):

“Al fine di rispondere ai quesiti posti si è proceduto preliminarmente alla ricognizione ed allo studio della seguente documentazione.
I. Documentazioni tecniche acquisite nel corso delle attività peritali, in contraddittorio con le Parti

(elencate nei relativi verbali di sopralluogo)
2. Documentazione relativa alle attività di campionamento ed analisi svolte dal collegio peritale in

contraddittorio con le Parti (elencate nei relativi verbali di sopralluogo)
3. Documentazione di pubblico dominio sia di natura regolamentare-amministrativa che tecnica, in

particolare:
- ultima versione del BRef lron and Steel Production Draft version (24 June 2011) issued for the opinion of the IED – Article 13 Forum (redatta dallo specifico Gruppo di Lavoro in sede europea a cui partecipano rappresentanti sia delle istituzioni che della industria, e valutata idonea dal cosiddetto "Forum Articolo 13" prima della sua adozione da parte della comunità europea ...
- Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata all'ILVA di Taranto con prot. DVA-DEC-2011- 0000450 del 4 agosto 2011 con avviso pubblicato sulla G.U. n. 195 del 23 agosto 2011 (sito aia.minambiente.it).
Sulla base di tale documentazione si è proceduto

I. 2. 3.

ad una analisi tecnica dei diversi processi al fine di individuare gli aspetti rilevanti ai fini delle risposte ai quesiti posti, acquisendo le informazioni necessarie nel corso delle indagini peritali integrando quelle presenti nella documentazione sopra citata

Successivamente si è proceduto ad una caratterizzazione dal punto di vista dell'impatto derivante dalle emissioni in atmosfera, siano esse diffuse che convogliate, al fine di individuare le fonti emissive di particolare rilievo.
I profili emissivi relativi ai dati acquisiti direttamente (identificati con riferimento al periodo temporale), sono stati comparati con quelli autorizzati nell'AIA e con quelli indicati nel citato Bref, in particolare nel capitolo definito come BAT Conclusions. In questo sono riportate le prestazioni medie attese derivanti dall'applicazione di una (o di una combinazione) BAT al processo produttivo (le BAT - Best Available Technique, Migliori Tecniche Disponibili - MTD) sono per definizione Available (Disponibili) cioè, secondo la definizione del termine indicata nel D. Lgs 152/06.

NOTA I il D.L.vo 152/06 e s.m.i. Parte Seconda Art. 5 lettera I-ter recita: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell'ambito del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli.

Tali tecniche, valutate come "disponibili" nel BRef dal TWG (Technical Working Group) debbono considerarsi in linea di principio applicabili agli impianti del comparto produttivo, con la valutazione degli eventuali vincoli impiantistici che ne limitano la pratica implementazione. Attraverso la comparazione tra i profili emissivi "reali", quelli autorizzati e quelli derivanti dall'applicazione delle BAT è stata valutata l'ampiezza dello scostamento, sia positiva che negativa, rispetto a questi ultimi, individuando le fonti emissive che più si discostavano dalle prestazioni associate alle BAT. Per le prestazioni indicate come intervallo di valori, si è fatto riferimento sia a quello minimo che a quello massimo.

Per le fonti emissive sono stati valutati, ove possibile, gli indicatori emissivi specifici (ad esempio 11


la massa di inquinante per quantità di prodotto) comparando tali indicatori con quelli riportati nel

Bref caratterizzanti il panorama impiantistico europeo.
6. Per le fonti emissive "critiche" è stato quindi valutato il grado attuale di applicazione delle BAT.

Orbene, a fronte dei rilievi difensivi sopra ricordati si osserva anzitutto che all’udienza del 30.03.2012 è stato acquisito il testo della Decisione di Esecuzione della Commissione Europea del 28 febbraio 2012 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 8.03.2012) “che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali” [notificata con il numero C (2012) 903] Dette conclusioni – ha disposto la Commissione Europea – “sono stabilite nell’allegato alla decisione”: trattasi esattamente delle BAT indicate nell’ultima versione del BRef lron and Steel Production Draft version del 24 giugno 2011, cui i periti hanno fatto riferimento nel corso degli espletati accertamenti tecnici.

Premesso che il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea dispone all’art. 288 (ex articolo 249 del TCE), a proposito degli “Atti Giuridici dell’Unione”, che:

Per esercitare le competenze dell'Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.

Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti. 

si riporta il testo della predetta Decisione di Esecuzione della Commissione del 28.02.2012.

... ... I regolamenti, le direttive che sono rivolte a tutti gli Stati membri e le decisioni che non designano i destinatari sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essi entrano in vigore alla data da essi stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione.

Le altre direttive e le decisioni che designano i destinatari sono notificate ai destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione

LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

vista la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) [G.U. L 334 del 17.12.2010, pag. 17], in particolare l'articolo 13, paragrafo 5,

considerando quanto segue:

1. A norma dell'articolo 13, paragrafo l, della direttiva 2010/75/UE, la Commissione organizza uno scambio di informazioni sulle emissioni industriali con gli Stati membri, le industrie

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interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione ambientale al fine di contribuire all'elaborazione dei documenti di riferimento sulle migliori tecniche disponibili (best available techniques – BAT) definiti all'articolo 3, paragrafo 11, della direttiva in questione.

  1. Ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE, lo scambio di informazioni riguarda in particolare le prestazioni delle installazioni e delle tecniche in termini di emissioni espresse come medie a breve e lungo termine, ove appropriato, e le condizioni di riferimento associate, consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua, l'uso dell'energia e la produzione di rifiuti; le tecniche usate, il monitoraggio associato, gli effetti incrociati, la fattibilità economica e tecnica e i loro sviluppi, nonché le migliori tecniche disponibili e le tecniche emergenti individuate dopo aver esaminato gli elementi di cui all'articolo 13, paragrafo 2, lettere a) e b), della stessa direttiva.

  2. Le “conclusioni sulle BAT”, definite all'articolo 3, paragrafo 12, della direttiva 2010/7 5/UE, sono l'elemento fondamentale dei documenti di riferimento sulle BAT e riguardano le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, le informazioni per valutarne l'applicabilità, i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili, il monitoraggio associato, i livelli di consumo associati e, se del caso, le pertinenti misure di bonifica del sito.

  3. Ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2010/75/UE, le conclusioni sulle BAT fungono da riferimento per stabilire le condizioni di autorizzazione per le installazioni di cui al capo 2 della direttiva.

  4. L'articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2010/75/UE stabilisce che l'autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscano che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili indicati nelle decisioni sulle conclusioni sulle BAT di cui all'articolo 13, paragrafo 5, di tale direttiva.

  5. L'articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2010/7 5/UE prevede delle deroghe alla prescrizione di cui all'articolo 15, paragrafo 3, unicamente laddove i costi legati al conseguimento dei livelli di emissione superino in maniera eccessiva i benefici ambientali in ragione dell'ubicazione geografica, delle condizioni ambientali locali o delle caratteristiche tecniche dell'installazione interessata.

  6. Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2010/75/UE, le disposizioni in materia di controllo di cui all'articolo 14, paragrafo 1, lettera c), si basano sulle conclusioni del controllo descritto nelle conclusioni sulle BAT.

  7. Ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2010/75/UE, entro quattro anni dalla data di pubblicazione delle decisioni sulle conclusioni sulle BAT, l'autorità competente riesamina e, se necessario, aggiorna tutte le condizioni di autorizzazione e garantisce che l'installazione sia conforme a tali condizioni di autorizzazione.

  8. La decisione della Commissione, del 16 maggio 2011, che istituisce un forum per lo scambio di informazioni ai sensi dell'articolo 13 della direttiva 20 10/7 5/UE relativa alle emissioni industriali [GU L 146 del 17.05.2011, pag. 3] ha istituito un forum composto da rappresentanti degli Stati, membri, delle industrie interessate e delle organizzazioni non governative che promuovono la protezione ambientale.

  9. A norma dell'articolo 13, paragrafo 4, della direttiva 2010/75/UE, il 13 settembre 2011 la Com- missione ha ottenuto il parere del forum in questione sul contenuto proposto del documento

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di riferimento sulle BAT per la produzione di ferro e acciaio e lo ha reso pubblico.
11. Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato di cui

all'articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2010/75/UE,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo l

La conclusioni sulle BAT per la produzione di ferro e acciaio sono stabilite nell'allegato alla presente decisione

Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2012

Alla luce delle disposizioni di detta Decisione, che – si ribadisce – è obbligatoria in tutti i suoi elementi per gli Stati membri della Unione Europea, non può non apprezzarsi la correttezza e fondatezza di quanto opposto dai periti chimici alle obiezioni dei Difensori degli indagati (v. in particolare pagg. 10/19, 35, 46/48, 58/62 del verbale da fonoregistrazione dell’udienza del 17.02.2012), oltre che, ovviamente, la correttezza del metodo d’indagine.

In particolare, il BRef in questione costituisce “documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili (best available techniques – BAT)” per gli Stati dell’UE, che, al pari dei precedenti BRef, non necessita (come i periti hanno ben chiarito) di un formale recepimento normativo, da parte degli stessi Stati, per assumere efficacia vincolante nei loro confronti.

Trattasi di un documento tecnico che consacra formalmente e stabilisce ufficialmente, per gli Stati dell’UE, quali siano le migliori tecnologie, i migliori strumenti, le migliori procedure operative, ecc., disponibili nel campo della produzione di ferro e acciaio, ai fini della prevenzione e riduzione dell’inquinamento da emissioni industriali.

Mette conto sottolineare, in questa sede, che al forum (TWG - Technical Working Group) per la elaborazione del predetto documento europeo di riferimento sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la produzione di ferro e acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE, hanno preso parte attiva, oltre a rappresentanti degli Stati membri e delle organizzazioni non governative che promuovono la protezione ambientale, rappresentanti delle industrie interessate tra cui in prima fila – trattandosi dell’acciaieria più grande d’Europa – rappresentanti dell’ILVA s.p.a. di Taranto.

Essa, dunque, sa bene quali siano le migliori tecniche disponibili per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento da emissioni industriali, cosicché non può invocare alcuna buona fede per giustificare le persistenti, gravissime inerzie accertate nel corso delle indagini, di cui si dirà nel prosieguo, che costituiscono solo il frutto di una pervicace politica aziendale ispirata esclusivamente dalla logica del profitto, a detrimento della tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini.

Non può essere sfuggita, poi, ai vertici dell’ILVA l’importanza (evidenziata anche dai periti chimici in sede di esame) rivestita dalle disposizioni comunitarie espressamente richiamate dalla Decisione di Esecuzione della Commissione Europea sopra riportata, che ancorano ai non superabili “livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili indicati nelle decisioni sulle conclusioni sulle BAT” i valori limite di emissione che l’autorità competente statale è tenuta a fissare e a far rispettare, sia in sede di rilascio dell’autorizzazione sia successivamente [v. paragrafi 4), 5) e 8) della Decisione].

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.-.-.-.-.-.-.-.
Ai fini di una più agevole lettura del presente provvedimento, appare opportuno, infine,

fornire sommarie indicazioni su termini di natura tecnico-scientifica ovvero su organismi nazionali o internazionali, che nella motivazione saranno individuati con acronimi.

PTS = Polveri totali sospese nell’aria

PM10 = Particulate Matter, ossia Materia Particolata (in piccole particelle). Polveri in sospensione nell’atmosfera sotto forma di particelle microscopiche, il cui diametro è uguale o inferiore a 10 μ/m (10 micron, millesimi di millimetro). E’ una miscela di elementi metallici e composti chimici organici ed inorganici dotati di differente tossicità per l’uomo, quando individualmente considerati, e che possono avere tra loro un’azione sinergica.

PM2,5 = Polveri in sospensione nell’atmosfera, il cui diametro è uguale o inferiore a 2,5 μ/m (2,5 micron, millesimi di millimetro).

PCB = Policlorobifenili
PCDD = Policlorodibenzo- diossine PCDF = Policlorodibenzo-furani

PCB-dl (PCB dioxine-like) = gruppo di congeneri dei PCB individuati come “diossina simili”; presentano caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche paragonabili a diossine e furani

Viene classificata come sicuramente cancerogena e inserita nel gruppo 1, Cancerogeni per l'uomo dalla IARC, dal 1997, la TCDD (tetraclorodibeno-p-diossine).

IPA = Idrocarburi Policiclici Aromatici Benzo(a)pirene = congenere degli IPA, cancerogeno

Vari IPA sono stati classificati dalla I.A.R.C. – Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (1987) come "probabili" o "possibili" cancerogeni per l'uomo, mentre il benzo(a)pirene è stato recentemente (2008) riclassificato in categoria 1 come "cancerogeno per l'uomo" [invero, all’udienza del 30.03.2012 – v. pagg. 90/92 del verbale da fonoregistrazione) i periti epidemiologi hanno ricordato come il benzo(a)pirene sia una sostanza sicuramente cancerogena, dichiarata tale dalla I.A.R.C., Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro].

La concentrazione dell’inquinante può essere espressa in μg/m3 o in mg/m3.
μg/m3 = microgrammo (milionesimo di un grammo) per metro cubo d'aria analizzata mg/m3 = milligrammo (millesimo di un grammo) per metro cubo d'aria analizzata

NO2 = Diossido di azoto SO2 = Diossido di zolfo HCL = Acido cloridrico H2S = Acido solfidrico

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COV = Composti organici volatili CO = Monossido di carbonio
O2 = Ossigeno

AIA = Autorizzazione Integrata Ambientale
ISPRA (ex APAT) = Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

EPA = Environmental Protection Agency - Agenzia federale USA per la protezione ambientale

WHO = World Health Organization – Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)

IPPC = Integrated Pollution Prevention and Control - Comitato intergovernativo dell’Unione Europea, che si occupa di aumentare le “prestazioni ambientali” dei complessi industriali soggetti ad autorizzazione

IPTS = Institute for Prospective Technological Studies, Istituto di ricerca europeo con sede a Siviglia

2. Lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto. Le gravissime criticità

ambientali accertate con riferimento all’Area Parchi Minerali, Area Cokerie, Area Agglomerato, Area Altiforni, Area Acciaierie e Area GRF (Gestione Rottami Ferrosi).

Nella esposizione dei motivi che impongono l’adozione della chiesta misura cautelare si riporteranno integralmente i dati, le osservazioni e i rilievi formulati dall’Ufficio del P.M. che – si precisa – risultano pienamente condivisibili, e sono condivisi da questo g.i.p., poiché fondati sulle oggettive ed inequivocabili emergenze investigative oltre che giuridicamente corretti. Integreranno l’impianto motivazionale del presente provvedimento le ulteriori considerazioni cui il vasto e composito materiale indiziario-probatorio dà luogo.

Osservano, in via preliminare, i PP.MM.

Per ben comprendere le ragioni della richiesta di misura cautelare reale occorre analizzare i fatti tenendo presente la tipologia dell’impianto siderurgico esistente in Taranto, quindi, valutare, in base agli accertamenti tecnici effettuati, quali sono, in relazione alla suddetta tipologia ed alle varie aree e parti dell’impianto suddetto, le problematiche ambientali più gravi che la giustificano ampiamente.

L’analisi sarà condotta sia tenendo conto degli esiti dell’incidente probatorio, sia di altri accertamenti svolti da altre autorità pubbliche d’iniziativa e su delega dell’Autorità Giudiziaria, nonché esaminando numerose denunce di privati cittadini e Enti Locali.
In particolare, gli esiti degli accertamenti sono stati i seguenti, partendo da quanto ricostruito dai periti in sede di incidente probatorio.

Lo stabilimento ILVA di Taranto [acquisito dal Gruppo Riva nel maggio del 1995] è un’industria siderurgica a ciclo integrale: l’acciaio viene prodotto attraverso l’utilizzo di

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materie prime come i minerali di ferro, il carbon fossile e alcuni fondenti quali calcare e dolomite; ciò attraverso la formazione di un prodotto intermedio, la ghisa.
Le materie prime, una volta giunte al porto, vengono inviate attraverso nastri trasportatori ai parchi minerali. Dopo lo stoccaggio i minerali di ferro e il carbone, prima di essere processati dagli altiforni, vengono destinati ad impianti di preparazione che attraverso vari passaggi di miscelazione, riscaldamento e parziale combustione rendono tali minerali adeguati alle caratteristiche degli altiforni.

Il carbone viene trasformato in coke attraverso il processo di cokefazione. Per la natura delle materie prime trattate e per le caratteristiche di tale lavorazione si realizza un passaggio complesso del ciclo produttivo con un alto impatto sia dal punto di vista delle emissioni nell’ambiente, sia dal punto di vista delle esposizioni professionali a cui sono sottoposti i lavoratori della cokeria.

Nell’altoforno avviene la trasformazione dei minerali di ferro e del carbon coke in ghisa. Il processo che porta alla formazione dell’acciaio avviene nell’acciaieria attraverso l’affinazione (soffiaggio di ossigeno ad alta pressione) della ghisa. Successivamente avviene la colata continua dell’acciaio liquido prodotto in un forno convertitore e la sua trasformazione in semilavorati d’acciaio che, opportunamente tagliati, vengono inviati alla laminazione che li trasforma in coils o in lamiere.
Gli impianti e le aree dello stabilimento che interessano ai fini delle imputazioni di cui sopra e tenendo presente la suesposta generica descrizione del ciclo produttivo, sono i seguenti: parchi minerali, stoccaggio e ripresa materie prime, produzione calcare e calce, cokeria, agglomerato, altoforno, acciaieria.
Meno problemi pongono le fasi di laminazione a caldo e finitura nastri, zincatura a caldo linea 1 e linea 2, laminazione a freddo, decapaggio e rigenerazione acido cloridrico, elettrozincatura.

L’analisi delle emissioni nocive condotta dai periti chimici (incidente probatorio) in ordine a tali aree e lavorazioni è stata parametrata non solo a quanto previsto dalla recente AIA, ma altresì a quanto previsto dai documenti europei che si occupano di emissioni nocive in ordine a tali impianti.

I documenti di riferimento sono costituiti dal BRef e dalle Bat conclusions che indicano, in sostanza, le migliori tecniche disponibili da utilizzare per limitare le emissioni nonché le migliori prestazioni ambientali che possono ottenersi adottando tali tecniche.
Tutte le osservazioni dei periti pertanto sono state fatte tenendo presente ciò che già da tempo (direttiva europea 2010/75/UE) la migliore tecnica offriva per ottenere accettabili prestazioni ambientali.

Peraltro, la recente decisione della Commissione Europea 2012/135/UE pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dell’8.03.2012, in uno con la nota Ares (2012) 162817 del 13-02-2012 della DG (Direzione Generale) Ambiente della suddetta Commissione Europea, depongono chiaramente per l’immediata applicabilità dell’art. 21 della direttiva di cui sopra che impone la revisione delle autorizzazioni già rilasciate per adeguarle alle migliori tecniche disponibili.

Non a caso, con provvedimento del 15.03.2012, il Ministero dell’Ambiente ha disposto l’avvio del procedimento di riesame dell’AIA rilasciata il 4.08.2011 per l’esercizio dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto.
Tuttavia, al di là di tali aspetti giuridici che pure assumono un ruolo decisivo, appare altrettanto rilevante chiarire come l’assetto funzionale del siderurgico di Taranto non sia in linea, come vedremo, con quanto è possibile fare per eliminare ovvero ridurre il problema delle emissioni inquinanti e nocive per l’ambiente e, conseguentemente, per la vita umana e animale.

Quando in gioco viene la salute dell’uomo il problema dei limiti emissivi non assume ovviamente un ruolo preponderante, dovendosi privilegiare qualsiasi tecnica disponibile che elimini il rischio sanitario per l’uomo, soprattutto quando, come in questo caso, essa (tecnica) appare chiaramente disponibile.

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Peraltro, non appare superfluo ricordare che la maggior parte dei reati oggetto di contestazione rientra nella categoria dei reati di pericolo, i quali si realizzano allorché è accertata semplicemente l’esistenza di un rischio per la salute ed incolumità di più soggetti indeterminati (siano essi gli stessi lavoratori operanti all’interno dello stabilimento, ovvero gli abitanti delle aree a questo circostanti). L’eventuale accertamento di effettivi danni opererà quale circostanza aggravante.

Tutte le ipotesi contestate a norma del codice penale non soffrono minimamente dei limiti previsti da disposizione di legge speciale che, al più, possono riguardare le ipotesi previste da tali leggi speciali.
L’analisi sarà condotta seguendo il ciclo di lavorazione e produzione dell’ILVA sopra descritto cominciando dall’area parchi.

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Nel capitolo sulla “Descrizione dello stabilimento ILVA” si legge, alle pagine 142/144 della relazione di perizia chimico-ambientale:

Lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto ricade all’interno di un sito industriale piuttosto complesso ed articolato, caratterizzato dalla presenza di impianti di preminente interesse nazionale e da numerose problematiche ambientali, nonché dalla presenza di diversi gestori coinsediati le cui autorizzazioni sono di competenza di diverse Amministrazioni statali e regionali.

Per tali motivi, in data 11 aprile 2008 è stato sottoscritto a Bari, presso la Regione Puglia, un Accordo di Programma relativo all’area industriale di Taranto e Statte, ai sensi dell’art. 5, comma 20, del D. L.vo 18 febbraio 2005 n. 59. Tale accordo è stato stipulato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dal Ministero dell’Interno, dal Ministero dello Sviluppo Economico, dal Ministero della Salute, dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Taranto, dal Comune di Taranto, dal Comune di Statte, da ISPRA (ex APAT), da ARPA Puglia e da ILVA S.p.A., EDISON S.p.A., ENIPOWER S.p.A., ENI S.p.A., Cementir Italia s.r.l., SANAC S.pA.

Finalità dell’Accordo di Programma è stata quella di garantire una valutazione unitaria ed integrata per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale ai diversi soggetti gestori al fine di assicurare, relativamente alle istanze presentate ai sensi del D. L.vo 59/2005, “in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali”.

Con Decreto Ministeriale del 19/05/2008 Prot. DSA-DEC-2008-0000321 è stato istituito il Comitato di Coordinamento di cui all’art. 4 dell’Accordo di Programma al fine di svolgere attività di supporto tecnico alle Autorità competenti in materia di rilascio di autorizzazione integrata ambientale e coordinare le istruttorie tecniche parallelamente svolte rispettivamente dalla Commissione AIA-IPPC, dagli uffici regionali o provinciali, dall’ISPRA (ex APAT) e dall’ARPA Puglia, in relazione alle proprie competenze.

Il Comitato di Coordinamento è costituito da rappresentanti delle Amministrazioni e degli Enti firmatari dell’Accordo, nonché da esperti provenienti da enti di ricerca e altri organismi, quali il CNR, l’ISPESL, l’ISS, l’ENEA e l’ASL territorialmente competente.

Nell’ambito dell’Accordo di Programma, in data 8 maggio 2005, è stato concordato con i soggetti interessati un cronoprogramma che ha individuato, in ultima analisi con ISPRA in data 23 settembre 2009, per lo stabilimento ILVA di Taranto le seguenti aree:
• Ciclo di produzione del coke metallurgico (Cokeria)

• Impianto di agglomerazione (Agglomerato)
• Impianto di produzione della ghisa (Altoforno)
• Impianto di produzione dell’acciaio (Acciaieria)
• Laminazione a caldo
• Finitura nastri
• Laminazione a freddo, decapaggio e rigenerazione acido cloridrico
• Zincatura a caldo
• Elettrozincatura
• Produzione tubi
• Rivestimento tubi e lamiere
• Discarica, stoccaggio e ripresa materie prime
• Attività associate alle principali (Produzione calce, Produzione calcare, Produzione gas tecnici,

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Officina, Gestione dei canali di scarico)

Il processo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto è a ciclo integrale. Lo schema di flusso dell’intero complesso ILVA di Taranto è il seguente:

Alle attività di produzione sono associate altre di servizio, costituite principalmente dalle attività portuali, la produzione di calcare, calce, attività di officina, la produzione di gas tecnici, lo smaltimento rifiuti in discariche, ecc.
La produzione di energia elettrica e vapore, attraverso l’utilizzo anche dei gas di recupero siderurgici (gas di cokeria, gas di altoforno, gas di acciaieria), è realizzata dalla Centrale della Società EDISON (composta da più unità produttive), che insistono in un’area contigua a quella dello stabilimento siderurgico della ILVA S.p.A. 1

In relazione ai quesiti si è ritenuto (da parte dei periti) di analizzare in modo approfondito le aree e impianti dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto ritenuti più significativi che di seguito si evidenziano:

• Stoccaggio e ripresa materie prime, descritta ed analizzata nel capitolo III-A ; • Produzione calcare e calce, descritta ed analizzata nel capitolo III-B;
• Cokeria, descritta ed analizzata nel capitolo III-C;
• Agglomerato, descritta ed analizzata nel capitolo III-D;

• Altoforno, descritta ed analizzata nel capitolo III-E;
• Acciaieria, descritta ed analizzata nel capitolo III-F;
• Laminazione a caldo e finitura nastri, descritta ed analizzata nel capitolo III-G;
• Zincatura a caldo linea 1 e linea 2, descritta ed analizzata nel capitolo III-H;
• Laminazione a freddo, decapaggio e rigenerazione acido cloridrico, descritta ed analizzata

nel capitolo III-I;
• Elettrozincatura, descritta ed analizzata nel capitolo III-L

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1 Da un comunicato stampa pubblicato sul sito www.edison.it si legge: “Edison: ceduti impianti di Taranto all'Ilva. Milano, 10 ottobre 2011 – Edison ha oggi ceduto ad ILVA (Gruppo Riva) l’intero capitale sociale di Taranto Energia Srl, società nella quale Edison ha conferito il ramo d’azienda costituito dalle centrali termoelettriche CET 2 e CET 3, situate all’interno del sito industriale dell’ILVA a Taranto. Il valore incassato da Edison è stato di circa 164,4 milioni di euro”.

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2.1. L’AREA PARCHI.

Con riferimento all’area Parchi Minerali dello stabilimento ILVA di Taranto ed alle attività, che vi si svolgono, di stoccaggio e ripresa delle materie prime utilizzate nel ciclo produttivo, i periti operano la seguente descrizione (v. pagg. 145/147 della relazione di perizia chimico-ambientale).

Il calcare necessario per il ciclo produttivo viene estratto in una cava locale e sottoposto ad operazioni di frantumazione e vagliatura per ottenere le frazioni granulometriche idonee per l’impiego in parte nella produzione dell’agglomerato ed in parte nella produzione della calce. Quest’ultima viene prodotta per calcinazione del calcare in forni di tipo verticale.

Un cumulo di materiale aggregato, stoccato all’aperto, è soggetto all’azione erosiva del vento che può dare luogo in tal modo ad un’emissione di polveri.
Lo stoccaggio e la prima manipolazione delle materie prime avviene nell’area parchi.

Nello stabilimento di Taranto l’area parchi comprende il parco minerale, il parco fossile, il parco omogeneizzazione minerale ed il parco loppa. Nelle vicinanze della cava annessa allo stabilimento è ubicato inoltre il reparto PCA (preparazione calcare).

La messa a parco delle materie prime è effettuata principalmente dalle macchine combinate cosiddette bivalenti che presentano la caratteristica peculiare di mettere a parco e di riprendere il materiale dai parchi per inviarlo ai reparti utilizzatori. Tali macchine sono costituite essenzialmente da un braccio girevole e sollevabile alla cui estremità è installata una grossa ruota a tazze che permette di effettuare la ripresa delle materie prime accumulate; inoltre la presenza di un convogliatore a nastro, che termina all’estremità del braccio della macchina, dà la possibilità di formare cumuli di materie prime alla stessa stregua dello stacker (v. planimetria con la localizzazione dei suddetti parchi di stoccaggio, a pag. 145 della relazione).

La calce viene prodotta in tre tipologie differenti: calce calcarea, calce dolomitica e calce idrata. La calce viva prodotta viene impiegata per la maggior parte in acciaieria, mentre la rimanente quota parte viene spenta per ottenere calce idrata da impiegare nella produzione dell’agglomerato.

PI PARCHI PRIMARI

Il materiale ripreso dalle navi viene inviato ai parchi primari di stoccaggio delle materie prime mediante tre linee di trasporto via nastro: due linee di nastri parallele collegano il secondo sporgente con lo stabilimento, una linea di capacità pari alla somma delle 2 linee precedenti è di collegamento invece con il quarto sporgente. Su ciascun percorso sono interposte delle apposite torri di giunzione, che creano dei punti di discontinuità lungo le linee dei nastri 2.

Il materiale giunto ai parchi primari, la cui area complessiva ha un’estensione di ca. 500.000 mq. viene stoccato in cumuli in funzione delle diverse qualità, mediante apposite macchine che provvedono anche alla ripresa del materiale (Stacker-Reclaimer) per l’invio, sempre via nastro, agli impianti utilizzatori. La suddetta area di stoccaggio è costituita da n. 8 parchi, di cui nei primi quattro (parchi 1÷4), più arretrati rispetto al muro di cinta, si ha lo stoccaggio dei carboni, e negli altri quattro (parchi 5÷8) si ha lo stoccaggio dei minerali.

La messa a parco delle materie prime è effettuata principalmente dalle macchine combinate cosiddette bivalenti che presentano la caratteristica peculiare di mettere a parco e di riprendere il materiale dai parchi per inviarlo ai reparti utilizzatori. Tali macchine sono costituite essenzialmente da un braccio girevole e sollevabile alla cui estremità è installata una grossa ruota a tazze che permette di effettuare la ripresa delle materie prime accumulate; inoltre la presenza di un convogliatore a nastro, che termina all’estremità del braccio della macchina, dà la possibilità di formare cumuli di materie prime alla stessa stregua dello stacker. L’area parchi materie prime è divisa in tre zone per la formazione di cumuli di minerale e tre per i cumuli di fossile.

Per la ripresa dei minerali e del fossile sono impiegate anche le macchine reclaimer. Sia sulle macchine combinate che sulle reclaimer lo scarico delle materie prime sui nastri di ripresa

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avviene mediante una piccola tramoggia ed un estrattore a portata variabile onde poter regolare il flusso dei materiali.
Due nastri trasportatori provvedono ad inviare il fossile al reparto PRF (preparazione fossile) annesso al reparto cokeria.

I fossili vengono ripresi, con macchine bivalenti ed inviati ai sili da dove, dopo operazioni di vagliatura e/o frantumazione, mediante nastri estrattori vengono ulteriormente ripresi, miscelati ed inviati alle tori (sui) e da queste alle batterie dalle quali viene fuori il coke toutvenant. Il coke toutvenant viene successivamente vagliato ed inviato, a seconda delle necessità alle stock house degli altiforni, all’impianto di agglomerazione o al parco coke. Tutti gli spostamenti vengono effettuati per mezzo di nastri trasportatori ed eccezionalmente con mezzi stradali. Il carbon fossile, ripreso da parco per singola qualità e tipologia, viene inviato, a mezzo nastri trasportatori, agli impianti destinati alla preparazione della miscela idonea per il processo di cokefazione.

I minerali vengono ripresi dai parchi primari con macchine bivalenti ed inviati attraverso nastri trasportatori agli impianti utilizzatori. Tale impianto ha la funzione di preparare i minerali per rifornire di “tini” l’agglomerato e di “pezzatura” l’altoforno. I minerali toutvenant subiscono un trattamento di frantumazione e vagliatura, in modo da assumere le caratteristiche granulometriche desiderate dagli altiforni, e vengono messi a parco con nastri trasportatori. I sottovaglio dei toutvenant (Tini) vengono uniti poi ai minerali tini ripresi dai parchi primari. I minerali Tini bypassano l’impianto di frantumazione e vagliatura e, insieme ai sottovaglio toutvenant, vengono messi a parco per essere poi inviati all’agglomerazione con nastri trasportatori.

P2 PARCO COKE

Il parco coke, situato lungo la via per Statte, è stato realizzato per la messa a parco di coke per compensare situazioni di non equilibrio tra il coke disponibile e quello consumato. Il coke proveniente dalle rampe di spegnimento viene messo a parco mediante uno stacker collegato con un convogliatore. Tale convogliatore è reversibile e può essere caricato, in regime di ripresa coke, mediante una tramoggia mobile munita di estrattore. Il coke ripreso viene quindi inviato sui nastri primari della cokeria e da questi agli impianti di frantumazione e vagliatura.

P7 PARCO OMO/2

I materiali da agglomerare devono essere preventivamente omogeneizzati, prima di essere inviati alla macchina di agglomerazione. Ciò viene realizzato stratificando i vari materiali costituenti la miscela (minerali di ferro, scaglie di laminazione, additivi come il calcare, olivina, residui e materiali vari da riciclare, tal quali e/o premiscelati tra loro quali principalmente polveri e fanghi di altoforno e/o acciaieria etc.) in appositi cumuli di omogeneizzazione. L’operazione di formazione cumulo si effettua stratificando i vari componenti della miscela da omogeneizzare con l’ausilio di dosatori che convogliano i materiali verso lo stacker che provvede alla stratificazione del materiale lungo il parco di omogeneizzato.

La miscela di omogeneizzato così realizzata viene ripresa con apposite macchine e inviata all’impianto di agglomerazione. I parchi OMO/2 sono localizzati nei pressi dell’AGL/2.

P8 PARCO CALCARE T.V. CAVA - P9 PARCO CALCARE 30-60 CAVA – P10 PARCO CALCARE 0-30 CAVA – P11 PARCO CALCARE FOC/2
La produzione di calcare necessario al ciclo produttivo avviene per la maggior parte attraverso l’estrazionedalla cava annessa allo stabilimento. Nel reparto PCA (preparazione calcare) viene preparato alternativamente il calcare e la dolomite. Le principali macchine del reparto sono installate in un capannone di grandi dimensioni, ubicato nelle vicinanze della cava annessa allo stabilimento. Esso può considerarsi diviso in tre zone relative rispettivamente alla vagliatura primaria, alla frantumazione primaria, alla vagliatura secondaria e quindi alla macinazione. Tutte queste fasi sono caratterizzate dalla lavorazione del materiale per ridurlo a diverse pezzature. Il materiale preparato nel reparto calcare viene quindi inviato, mediante una serie di nastri trasportatori, allo stabilimento per le varie utilizzazioni.

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Orbene, premesso che le emissioni industriali si distinguono in convogliate e non convogliate, e quelle non convogliate in diffuse e fuggitive (v. pagg. 552/554 della relazione peritale chimico-ambientale, nonché pagg. 83/86 del verbale da fonoregistrazione dell’esame dei periti del 17.02.2012), va subito evidenziato che le emissioni di polveri cui può dar luogo l’azione erosiva del vento su cumuli di materiale aggregato stoccati all’aperto, come accade per i parchi minerali a cielo aperto dello stabilimento ILVA di Taranto, costituiscono emissioni diffuse, come ha riconosciuto la Suprema Corte, Sez. III penale, nella sentenza n. 38936 del 28.09.2005, depositata il 24.10.2005 [(sopra elencata sub paragrafo 1., punto E)], nel processo a carico di QUARANTA Giancarlo, ZIMBARO Salvatore, CAPOGROSSO Luigi e RIVA Emilio, che erano imputati: a) del reato di cui all’art.

674 c.p., “perché, nelle rispettive qualità di dirigenti del reparto parchi minerali dello stabilimento ILVA s.p.a. (i primi due), di direttore dello stabilimento (il terzo) e di amministratore delegato della indicata società (il quarto), e quindi nell’ambito delle rispettive competenze, provocavano e non impedivano, omettendo di adottare gli opportuni accorgimenti e di installare le necessarie opere provvisionali, continui e permanenti sversamenti di polveri di minerali accatastati nella zona dei parchi minerali dello stabilimento, polveri contenenti sostanze atte a molestare, offendere ed imbrattare le persone residenti nell’abitato del vicino comune di Taranto e, in particolare, quelle residenti del

quartiere Tamburi”; b) del reato di cui all’art. 13 comma quinto D.P.R. 24.5.88 n. 203, “perché nelle indicate loro qualità, omettevano di adottare tutte le misure tecniche e provvisionali necessarie per evitare un peggioramento, anche temporaneo, delle emissioni polverose provenienti dalla zona dei parchi minerali dello stabilimento ILVA, che interessavano la popolazione del vicinissimo centro abitato di Taranto. In Taranto dall’epoca delle denunce ...

in poi e con continuazione e permanenza fino alla data odierna” (sentenza di primo grado del 15.07.2002) [v. anche sentenze sopra elencate, sub paragrafo 1., punti C) e D)].

Si legge, invero, in detta pronuncia della Suprema Corte, che richiama sul punto la motivazione della sentenza impugnata: “ ... Nel caso in esame, non si tratta di emissioni concentrate e convogliate attraverso sezioni di scarico ridotte, quali quelle dei camini, delle ciminiere o di condotti di scarico in genere, ma di emissioni diffuse generate direttamente nell'ambiente esterno, quali quelle delle polveri sprigionate dai parchi minerali a cielo aperto dello stabilimento siderurgico dell'ILVA ...”.

I periti chimici, invero, non hanno mancato di rappresentare che “dal punto di vista della tipologia di emissioni presenti nell’Area Parchi, ... si tratta solo di emissioni non convogliate, vista la natura degli stoccaggi a cielo aperto. Le emissioni non convogliate (fuggitive-diffuse) per l’area consistono principalmente nelle emissioni derivanti ... da erosione eolica, da manipolazione dei materiali solidi e da movimentazione stradale” (v. pag. 160 della relazione di perizia chimico-ambientale).

Tanto premesso, si riportano i rilievi svolti dai PP.MM. con riferimento all’area Parchi Minerali e fondati – oltre che sugli accertamenti svolti in sede di incidente probatorio dai periti Sanna, Santilli, Felici e Monguzzi – sugli esiti della consulenza svolta, nel procedimento riunito n. 4508/09 R.G.N.R. (avviato per i reati di cui agli artt. 674 e 635 c.p. a seguito di numerosissime denunce-querele di privati cittadini), dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Vito Balice e ing. Francesco Di Francesco (v. relazione di consulenza depositata il 25.05.2011, nel faldone n. 1bis, pagg. 295/342 ed atti allegati), ai

quali il P.M. aveva chiesto di accertare, come da quesiti formulati il 24.11.2009:

“Verifichino i consulenti, sulla scorta dell'esito della relazione tecnica presentata in data 31/1/2000 nell'ambito del proc. pen. n. 8496/99 R.G.P.M. Mod. 22 nonché dall'esito degli accertamenti da svolgersi in loco attinenti la tipologia delle polveri depositate nella zona "Parchi Minerali" dello Stabilimento ILVA e delle polveri presenti nell'abitato delle zone limitrofe al predetto Stabilimento, se vi sia tuttora sversamento apprezzabile di detti materiali. In caso affermativo accertino se tali

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materiali siano potenzialmente tali da indurre molestie, offese od imbrattamenti a carico delle persone che venissero investite dagli stessi. Procederanno i consulenti, a tale fine, ad effettuare i necessari campionamenti avvalendosi del personale ARPA di Taranto e Dipartimento di Prevenzione ASL/TA ed alla presenza degli Ufficiali di P.G. all'uopo delegati”.

Gli esiti di tale consulenza sono stati confrontati dai PP.MM. (anche) con le risultanze di pregressi accertamenti tecnici svolti dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Onofrio Lattarulo e ing. Francesco Di Francesco nel procedimento n. 8496/99 R.G.N.R. [la cui relazione di consulenza veniva acquisita agli atti del fascicolo del dibattimento nel processo a carico di QUARANTA Giancarlo, ZIMBARO Salvatore, CAPOGROSSO Luigi e RIVA Emilio, definito in primo grado con sentenza n. 2110/02 del 15.07.2002 del Giudice monocratico di Taranto dott.ssa Lucia De Palo, divenuta irrevocabile nel 2005 (v. relazione di consulenza presentata il 31.01.2000 ed allegati, nel faldone n. 1bis, pagg. 4/164)],

chiamati dal P.M. a rispondere ai seguenti quesiti, come formulati in data 14.07.1999:

“Verifichino i consulenti, sulla scorta delle notizie concernenti la tipologia dei materiali depositati nella zona denominata “Parchi Minerali” dello stabilimento della s.p.a. ILVA di Taranto, se l’abitato delle zone limitrofe, al predetto stabilimento, sia interessato da sversamenti di detti materiali in maniera apprezzabile. In caso affermativo, accertino se tali materiali siano potenzialmente tali da indurre molestie, offese o imbrattamenti a carico delle persone che venissero investite dagli stessi”.

Di seguito, i rilievi dei PP.MM. con riferimento all’Area Parchi.

Tutto ciò premesso [sulla descrizione dell’area parchi] occorre ora analizzare il gravissimo, annoso ed insuperato problema delle emissioni di polveri provenienti dall’area parchi.

Per una stima complessiva delle emissioni diffuse delle polveri dei materiali messi a parco, i periti chimici (incidente probatorio) hanno fatto riferimento [v. pagg. 148/152 dell’elaborato peritale] a quanto riportato nel decreto AIA del 04.08.2011 e quindi a valutazioni delle emissioni effettuate da ILVA S.p.a. [dunque, a dati incontestabili dagli indagati].

In particolare,

, ILVA S.p.a. si è basata sul fattore di emissione definito dall’EPA [Environmental Protection Agency, agenzia federale USA di protezione ambientale] nel documento AP. 42, capitolo 13, paragrafo 13.2.5 relativo a “Industrial wind erosion”. Tale metodo è riferito ad una superficie secca esposta all’azione del vento per cui il fattore di emissione risultante non tiene conto degli effetti di riduzione delle emissioni diffuse conseguenti all’adozione della umidificazione e/o filmatura dei cumuli. EPA riporta che l’effettuazione delle operazioni di filmatura può condurre ad una riduzione delle emissioni diffuse di polveri fino al 90 %. Sono state conseguentemente stimate per prima cosa le dimensioni del cumulo medio (larghezza, lunghezza e altezza per i cumuli a morfologia ovoidale, e diametro alla base e altezza per i cumuli a morfologia tronco-conica) e considerando anche l’angolo di naturale declivio delle tipologie di materiali stoccati, è stata determinata la superficie esposta di ogni tipologia di cumulo presente nelle varie aree di stoccaggio. Sulla base della stima delle quantità mediamente stoccate e/o dal numero di cumuli mediamente presenti nel 2005, è stata determinata la superficie totale esposta dei parchi, come prodotto del numero di cumuli per la superficie di ciascun cumulo. Nel calcolo per la stima delle emissioni diffuse da erosione eolica, oltre a considerare il valore della superficie totale mediamente esposta è stata considerata anche una condizione aumentata

del 30% per esprimere una situazione emissiva potenziale, nelle condizioni più sfavorevoli.

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per la valutazione delle emissioni diffuse dovute all’erosione eolica dei cumuli

di stoccaggio materiali all’aperto


Per la componente meteorologica, sono stati presi in considerazione i valori di velocità del vento rilevati negli anni 2002-2003-2004, ad un’altezza dal suolo di ca. 7 m.
E’ stata quindi effettuata la stima delle emissioni diffuse di polveri dai cumuli di stoccaggio materiali senza e con gli effetti mitigativi (viene assunto conservativamente un abbattimento del 50% nel caso di applicazione della filmatura; in tutti gli altri casi un abbattimento del 10% per effetto dell’umidità intrinseca dei materiali, di quella indotta artificialmente nonché di quella determinata naturalmente dalla pioggia, limitando ad un abbattimento del 5% nei casi in cui vi è il solo effetto naturale della pioggia) che incidono sul fenomeno dell’erosione eolica, sia nella situazione normale media che nella situazione massima potenzialmente più sfavorevole.

Nella prima ipotesi (condizione normale media) la stima emissione diffusa di polveri da erosione eolica è di 8.869 Kg/anno; con abbattimento di 50% è di 5.530 Kg/anno. Nella seconda ipotesi (condizione massima) la stima emissione diffusa di polveri è di 81.047 Kg/anno; con abbattimento di 50% è di 50.583 Kg/anno [v. tabelle nn. 206 e 207, pagg. 149-150 della relazione peritale].

Oltre alle emissioni diffuse derivanti da erosione eolica dei cumuli di stoccaggio materiali, vi sono le emissioni diffuse derivanti dalla manipolazione dei materiali solidi (cadute). Ed invero, durante la manipolazione dei materiali solidi, emissioni di polveri possono generarsi nella fase di caduta dei materiali nelle operazioni di carico/scarico dei mezzi e nelle cadute lungo le linee nastri, per i materiali che vengono trasportati con nastri trasportatori. Per la stima delle emissioni diffuse di polveri, ILVA S.p.a. si è basata sul fattore di emissione definito dall’EPA nel documento AP. 42, capitolo 13, paragrafo 13.2.4, relativo a “Aggregate handling and storage piles”, che correla il fattore di emissione relativo alle “drop operation” a cielo aperto (per cui sono state considerate le sole operazioni di manipolazione dei principali materiali solidi che avvengono all’aperto e nel caso l’operazione di caduta avvenga in un ambiente parzialmente o totalmente confinato sulla trasversale dell’azione del vento, è stato assunto un fattore di riduzione che tiene conto del fatto che il confinamento esercita un’azione di barrieramento al vento e quindi un effetto di mitigazione sulla emissione diffusa di polveri) nelle operazioni di carico-scarico mezzi e nelle operazioni di messa a parco in cumuli con sistema continuo di nastri a cielo aperto. Tale metodo è stato utilizzato anche per effettuare una stima di larga massima delle eventuali emissioni diffuse che possono generarsi nelle cadute lungo le linee di trasporto nastri. La metodologia di calcolo descritta è stata applicata alla caduta dei principali materiali solidi nell’operazione di trasporto con linee nastri e carico/scarico mezzi [Inoltre, si legge a pag. 151 della relazione di perizia, per la stima delle emissioni diffuse sono state considerate le seguenti principali tipologie di minerali solidi oggetto di manipolazione: minerali; carbon fossile; coke; omogeneizzato; polveri d’altoforno; loppa; scorie; calcare].

Le emissioni di polveri in atmosfera di tipo non convogliato, dichiarate dall’ILVA (e riferite alla capacità produttiva) sono per le emissioni diffuse da erosione eolica dei cumuli di stoccaggio materiale < (ossia inferiore a) 51 tonnellate/anno; per le emissioni diffuse da manipolazione dei materiali solidi (cadute), 668 tonnellate/anno; per le emissioni diffuse da movimentazione stradale di mezzi all’interno 24 tonnellate/anno.

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Occorre evidenziare, poi, che con riferimento alle seguenti aree: Parchi materie prime P1, Parchi agglomerato sud (P3) e nord (P4), Parco scorie P13, Parco omogeneizzato P7, Parco coke P2, Parchi calcare t.v. cava P8, calcare 30-60 P9, calcare 0-30 P10, Parco calcare FOC/2 P11 e Parco sopravaglio bricchette P12, i periti hanno rappresentato (pagg. 153/159 della relazione) che “la stima delle emissioni non convogliate riportata nelle tabelle 206 e 207 (pagg. 149/150 della relazione) è riferita all’assetto produttivo del 2005 e pertanto non è

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rappresentativa dello scenario attuale. A richiesta dei periti, ILVA specifica che non sono

oggi disponibili stime emissive aggiornate”; per queste aree, inoltre, “non sono previsti sistemi di monitoraggio delle emissioni” (il riferimento è sempre alle emissioni polverose diffuse, non sussistendo, né essendo previste, emissioni convogliate nell’Area Parchi), salvo quanto specificato a pag. 152 in relazione all’area MPR, che gestisce i parchi primari P1, il parco loppa 5 e i parchi agglomerati sud (P3) e nord (P4), area alla quale è affidata “la gestione delle tre centraline ambientali presenti in stabilimento”, che rilevano le polveri totali (su una di esse – Centralina Meteo – sono rilevati anche i parametri meteo), con un monitoraggio in continuo.

Come si è precisato in precedenza, i periti hanno fatto riferimento alle stime di emissioni non convogliate (fuggitive-diffuse) di polveri dichiarate dal gestore, senza che sia stato possibile “confrontare, dal punto di vista delle emissioni in atmosfera complessive, le prestazioni ambientali dell’area stoccaggio e ripresa materie prime con dati di riferimento in termini di emissioni complessive specifiche, al momento non disponibili nei documenti di riferimento comunitario”, ossia nel BRef: v. pag. 160 della relazione, ove si legge, ancora: “Dal punto di vista della tipologia di emissioni presenti nell’area, e individuate anche nel decreto autorizzativo (AIA), ... si tratta solo di emissioni non convogliate, vista la natura degli stoccaggi a cielo aperto ... ... Le emissioni non convogliate (fuggitive-diffuse) per l’area consistono principalmente nelle emissioni derivanti come visto da erosione eolica, da manipolazione dei materiali solidi e da movimentazione stradale ... ... Dal punto di vista della performance ambientale, non sono disponibili nel BRef riferimenti riguardo a questa tipologia di emissioni, per cui gli unici dati disponibili sono quelli desumibili dal decreto autorizzativo AIA”, ossia le stime dichiarate dall’ILVA.

2.1.1. Le polveri nell’aria ed al suolo nella zona dei Parchi Minerali e nelle limitrofe zone urbane: gli accertamenti analitici dei periti e dei consulenti del P.M.

Sempre con riferimento all’Area Parchi, poi, i periti hanno svolto accertamenti analitici così descritti nella relazione in atti, pagg. 163/175.

Nel corso dell’indagine peritale sono stati condotti dei CAMPIONAMENTI DI ARIA AMBIENTE nella zona dei parchi minerari. A febbraio (2011) sono stati prelevati dei campioni d’aria mediante campionatori a basso flusso dotati di substrati di raccolta adatti al campionamento di metalli (filtri cellulosa) e di Idrocarburi Policicli Aromatici (filtri in fibra di vetro e fiale XAD2).

I campionatori sono stati posti nelle posizioni indicate nella planimetria allegata ed impostati con un flusso di aspirazione a circa 2 L/min. Il tempo di campionamento per le 6 posizioni monitorate è stato di circa 3 ore per ogni posizione campionando mediamente circa 400 litri.
Le successive analisi sui substrati di campionamento sono state condotte presso il laboratorio LATA srl di Milano secondo la metodica NIOSH 7300 Issue 3 per l’analisi dei metalli e NIOSH 5515 Issue 2 per l’analisi degli Idrocarburi Policiclici Aromatici.

Nei giorni 24-25 maggio e 21-24 giugno 2011 sono stati condotti campionamenti di aria ambiente mediante campionatori ad altissimo flusso dotati di due substrati di raccolta, membrane in fibra di vetro di diametro 105 mm per la raccolta delle fasi particellari, schiume poliuretaniche PUF poste a valle delle membrane per la captazione delle fasi semivolatili.

I campionatori sono stati posti nelle posizioni indicate nella planimetria allegata (pagg. 164/165) ed impostati con un flusso di aspirazione a circa 220 L/min. Il tempo di campionamento per le posizioni monitorate è stato impostato in modo tale da poter raccogliere quantitativi di aria ambiente molto significativi, compresi tra circa 78 e 100 m3, per i campioni di maggio, e di circa 1000 m3 per il campionamento di giugno.

Le successive analisi sui substrati di campionamento sono state condotte presso il laboratorio Eco-

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Research Srl di Bolzano secondo metodica EPA 1613B del 1994, per la ricerca di PCDD/F ed EPA 1668B 2008 per la ricerca dei PCB-dl. Nella campagna di maggio, nella quale sono stati raccolti i campioni AMB5, AMB6, AMB7 ed AMB8, in fase di analisi si è verificata una contaminazione dei campioni e del relativo bianco, pertanto i dati ad essa correlati sono stati scartati e non verranno riportati nella presente relazione.

L’unico campionamento ad altissimo volume considerato valido è quello denominato AMB9 e condotto, in parallelo ad una campagna effettuata esternamente allo stabilimento, nella posizione collinetta parchi.
Si precisa che anche tutti i dati relativi ai campioni di aria ambiente sono già sottratti del bianco di campo. Durante i campionamenti si è provveduto ad acquisire, per il periodo oggetto del monitoraggio, i dati forniti dalla centralina meteo presente all’interno dello stabilimento ILVA. Tali dati sono stati confrontati con i dati forniti dalla stazione meteorologica dell’Istituto Mareografico di Taranto. Il confronto tra i dati ILVA e questi ultimi si può ritenere soddisfacente.

Nella planimetria sono indicati i punti di campionamento ed in calce una rappresentazione della rosa dei venti relativa alle condizioni meteo presenti nei giorni di intervento
............
Nella tabella (a pag. 172 della relazione) sono riportati gli esiti delle ANALISI SUI METALLI EFFETTUATE SUI CAMPIONI MASSIVI prelevati il 16 febbraio 2011 all’interno dei parchi minerali e il 23 novembre 2011 nell’area perimetrale dello stabilimento, sul lato interno, in prossimità comunque dell’area parchi minerali.

Le successive analisi su tali campioni sono state condotte presso il laboratorio LATA Srl di Milano, secondo la metodica DM 13/09/1999 n°185 GU n°248 21/10/1999 MetXI1 + APAT CNR IRSA 3020 Man 29 del 2003 ... Le ubicazioni di tali campioni sono riportate sulla mappa relativa all’area (a pag. 174 della relazione).

Circa i risultati di tali accertamenti analitici (v., in particolare, pagg. 166/170 e 172/173 della relazione), decisamente gravi ed allarmanti, osservano i periti (v. pagg. 175/176 della relazione).

Le analisi condotte sui prelievi di aria ambiente, sui residui massivi (vedi Capitolo III-A par. 3) e sui campioni di minerali (materie prime prelevate da parco minerali) evidenziano:

Aria ambiente

  • 􏰕  La presenza di composti inorganici aerodispersi prevalentemente a base di Ferro e Ossidi di Ferro (materia prima essenziale nei processi siderurgici) con presenza in tracce di metalli pesanti (Arsenico in una posizione)

  • 􏰕  Nel campionamento di aria ambiente (AMB 9 “Collinetta parchi”) si è evidenziata la presenza di PCDD/PCDF e PCB-dl aerodispersi

    Campioni massivi

  • 􏰕  La rilevante presenza di Ferro e Ossidi di Ferro è confermata nell’analisi dei residui massivi (vedi Capitolo III, par. 3.2).

  • 􏰕  Nei residui massivi prelevati nelle aree adiacenti il parco minerale (vedi Capitolo II, par. 3.2) sono state rilevate tracce di metalli pesanti (Piombo, Vanadio, Nichel).

  • 􏰕  L’analisi dei minerali materie prime ha confermato la composizione fornita da ILVA Spa ed allegata nei verbali e sostanzialmente ha evidenziato la presenza in tracce di metalli pesanti tossici con componente primaria di Ferro.

  • 􏰕  Le materie prime (o sottoprodotti) denominati “Coketto parco nord”, “Coketto parco nord 013” hanno evidenziato all’analisi concentrazioni di IPA maggiori di 50.0 mg/Kg.

    .-.-.-.-.-.-.-.-.-.

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A tali risultati si aggiungono gli esiti, altrettanto gravi e preoccupanti, della consulenza svolta, nel procedimento riunito n. 4508/09 R.G.N.R. (avviato per i reati di cui agli artt. 674 e 635 c.p. a seguito di numerosissime denunce-querele di privati cittadini), dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Vito Balice e ing. Francesco Di Francesco (v. relazione di consulenza depositata il 25.05.2011, nel faldone n. 1bis, pagg. 295/342 ed atti allegati),

ai quali il P.M. aveva chiesto di accertare, come da quesiti formulati il 24.11.2009:

“Verifichino i consulenti, sulla scorta dell'esito della relazione tecnica presentata in data 31/1/2000 nell'ambito del proc. pen. n. 8496/99 R.G.P.M. Mod. 22 nonché dall'esito degli accertamenti da svolgersi in loco attinenti la tipologia delle polveri depositate nella zona "Parchi Minerali" dello Stabilimento ILVA e delle polveri presenti nell'abitato delle zone limitrofe al predetto Stabilimento, se vi sia tuttora sversamento apprezzabile di detti materiali. In caso affermativo accertino se tali materiali siano potenzialmente tali da indurre molestie, offese od imbrattamenti a carico delle persone che venissero investite dagli stessi. Procederanno i consulenti, a tale fine, ad effettuare i necessari campionamenti avvalendosi del personale ARPA di Taranto e Dipartimento di Prevenzione ASL/TA ed alla presenza degli Ufficiali di P.G. all'uopo delegati”.

Gli esiti di tale consulenza possono essere comparati (anche) con le risultanze di pregressi accertamenti tecnici svolti dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Onofrio Lattarulo e ing. Francesco Di Francesco nel procedimento n. 8496/99 R.G.N.R. [la cui relazione di consulenza veniva acquisita agli atti del fascicolo del dibattimento nel processo a carico di QUARANTA Giancarlo, ZIMBARO Salvatore, CAPOGROSSO Luigi e RIVA Emilio, definito in primo grado con sentenza n. 2110/02 del 15.07.2002 del Giudice monocratico di Taranto dott.ssa Lucia De Palo, divenuta irrevocabile nel 2005 (v. relazione di consulenza presentata il 31.01.2000 ed allegati, nel faldone n. 1bis, pagg. 4/164)],

chiamati dal P.M. a rispondere ai seguenti quesiti, come formulati in data 14.07.1999:

“Verifichino i consulenti, sulla scorta delle notizie concernenti la tipologia dei materiali depositati nella zona denominata “Parchi Minerali” dello stabilimento della s.p.a. ILVA di Taranto, se l’abitato delle zone limitrofe, al predetto stabilimento, sia interessato da sversamenti di detti materiali in maniera apprezzabile. In caso affermativo, accertino se tali materiali siano potenzialmente tali da indurre molestie, offese o imbrattamenti a carico delle persone che venissero investite dagli stessi”.

Osservano, quindi, i PP.MM. nella richiesta in esame.

In tale contesto si inseriscono le molteplici denunce (vedi fald.ni 1bis e seg.) sporte dai proprietari di unità abitative site nel Quartiere Tamburi di Taranto, a ridosso dello stabilimento ILVA, ad una distanza di poche centinaia di metri dal Parco Minerali e Fossili e dal nastro che trasporta i medesimi materiali dal porto di Taranto al suddetto Parco.

I denuncianti evidenziano che lo stabilimento movimenta ed immette nell’ambiente circostante, per un ampio raggio, polveri di minerali contenenti sostanze atte a molestare, offendere, imbrattare e danneggiare, così come si è peraltro già espressa, in modo estremamente puntuale, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 38936 del 29.09.2005, riconoscendo “sussistente e provato il nesso di causalità fra le azioni fisiche riconducibili ai responsabili ed il conseguente disperdersi delle relative polveri di minerali 􏰙” (sentenza inserita nel faldone 1). Nel corso degli anni e fino alla data odierna nessuna misura idonea è stata mai sostanzialmente adottata, sicché le polveri, unitamente a fumi e gas, continuano a diffondersi nell’ambiente circostante. E ciò, nonostante i diversi atti di intesa di cui diremo più avanti risalenti al gennaio 2003, febbraio 2004, dicembre 2004 e ottobre 2006.

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Tutte le denunce sporte sono supportate da consulenze di parte, nelle quali sono individuati ed esposti in maniera dettagliata i danni specifici riportati dalle strutture dei singoli immobili, evidenziando la situazione di grande degrado urbanistico/architettonico in cui versano gli edifici a causa dalla costante aggressione da parte degli agenti inquinanti: tutte le facciate risultano notevolmente imbrattate da una coltre di polvere di colore che va dal rossastro (ruggine) al rosso scuro per la presenza anche di polveri grigiastre che pervadono tutte le superfici sia quelle interne agli alloggi, sia quelle esterne di pertinenza degli edifici stessi. A qualche centinaio di metri di distanza, all’interno dello stabilimento, si impone la presenza dei grandi cumuli di materiale a consistenza polverosa ivi stoccato per le esigenze industriali dell’ILVA, materiale che ha proprio l’esatta colorazione, consistenza e composizione della polvere che ricopre ogni cosa esistente al rione Tamburi.

Invero, in ordine al fenomeno di sversamento di polveri dalla zona “Parchi Minerali” dello Stabilimento ILVA, sono stati avviati, nel corso degli anni, numerosi procedimenti penali, nell’ambito dei quali sono stati effettuati accertamenti per verificare se tali materiali siano potenzialmente tali da indurre molestie, offese o imbrattamenti a carico delle persone.

Nella relazione tecnica presentata in data 31.02.2000 nell’ambito del proc. pen. n. 8496/1999 R.G.N.R. Mod. 22 (vedi fald.1 bis), si evidenziava “􏰙 inconfutabilmente una dispersione di polveri di minerali contenenti ferro ed altri minerali dai cumuli esistenti nel parco minerali dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto con un sostanziale contributo, nelle varie frazioni granulometriche, dalla più grossolana (imbrattante) a quella più fine (nociva)”.

Inoltre, nella relazione veniva eseguito un excursus tecnico sugli effetti nocivi prodotti dagli inquinanti esaminati sulla salute umana con particolare riferimento al particolato respirabile (PM10) e fine (PM2,5).
In occasione di tale accertamento, furono utilizzati, quali modalità di campionamento, n. 8 deposimetri per l’esame statico delle polveri depositate, disposti intorno al parco minerale dell’Ilva lungo la via per Statte, all’interno del Quartiere Tamburi fino alla SS Appia, ed un apparecchio a filtri per un esame dinamico delle polveri totali aerodisperse. Per le polveri depositate sono state determinate PTS (polveri totali sospese), Ferro, Manganese, Vanadio e Nichel; per le polveri aerodisperse sono state determinate le polveri totali sospese (senza distinzione tra PM10 e PM2.5) ed il Ferro.

Le conclusioni relative a quegli accertamenti venivano così riassunte:

  1. per quanto riguarda i deposimetri, i valori delle polveri depositate oscillano negli 8 punti

    monitorati nell’intervallo di 246-599 (mg/mq giorno), con un contenuto rispettivo

    percentuale di Ferro che oscilla nell’intervallo 3,2 – 5,2%;

  2. Manganese, Vanadio e Nichel sono contenuti in % minori e pari a:

  • -  Manganese per un intervallo di concentrazione 0,37-0,75 (mg/mq giorno); corrispondente

    ai valori di 0,1 – 0,15%;

  • -  Vanadio per un intervallo di concentrazione 0,02 – 0,063 (mg/mq giorno); corrispondente

    ai valori di 0,007 – 0,012 %;

  • -  Nichel per un intervallo di concentrazione 0,012 – 0,045 (mg/mq giorno); corrispondente

    ai valori di 0,004 – 0,009%;

3. per quanto riguarda le polveri aerodisperse è stato sfiorato il livello di attenzione di 150

μg/m3. Le concentrazioni di Ferro oscillano nell’intervallo 0,5 – 5,2 mg/m3, corrispondenti rispettivamente ad un intervallo di percentuale pari a 1,9 – 9,3%.

Nulla è cambiato sino ad oggi nonostante la farsa degli atti di intesa di cui si è detto e si dirà.

Invero, in occasione della campagna di monitoraggio svoltasi dal 07.04.2010 al 17.05.2010, nell’ambito del presente procedimento [il riferimento è alla consulenza svolta, nel

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procedimento riunito n. 4508/09 R.G.N.R., dai dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Vito Balice e ing. Francesco Di Francesco (v. relazione di consulenza depositata il 25.05.2011, nel faldone n. 1bis, pagg. 295/342 ed atti allegati)], sono stati installati nel rione Tamburi di Taranto campionatori per la misurazione delle polveri diffuse nell’aria, tipo PM10 e PM2,5, e per la misurazione delle polveri totali sospese nell’aria (PTS), nonché n. 11 deposimetri per le analisi chimico-fisiche delle polveri raccolte nei siti individuati per una campagna di giorni trenta.

Le informazioni raccolte attraverso i deposimetri hanno riguardato le polveri a granulometria anche grossolana prodotte e trasportate a distanze brevi dal punto di emissione, secondo la “Metodica per il rilevamento delle emissioni in atmosfera da impianti industriali” dell’Istituto Superiore di Sanità ISSN 1123-3117 – Rapporti ISTISAN 06/38, mentre le polveri totali sospese (PTS) sono state campionate giornalmente a cura dei Tecnici della Prevenzione del Dipartimento di Prevenzione ASL TARANTO, con esame dinamico, procedendo secondo la metodica di cui al DPCM 28 marzo 1983.

L’insieme dei campionamenti effettuati ha prodotto i seguenti risultati analitici, evidenziando che per cinque postazioni dei deposimetri (Ditta LIAM, Cimitero ingresso principale, Istituto scolastico Nitti lato scuola Deledda, Comangom ed Edison) è stato possibile effettuare un diretto confronto, a distanza di circa dieci anni, tra i risultati dei prelievi del 1999 e quelli del 2010.

Al riguardo i consulenti (vedi relazione di consulenza, fald. 1bis) hanno evidenziato:

  1. per quanto riguarda i deposimetri, i valori delle polveri depositate (solidi totali) rilevati nel 2010, oscillano nell’intervallo di 279-454 mg/mq giorno; con una diminuzione del contenuto percentuale di Ferro rispetto ai valori misurati nelle postazioni monitorate anche nel 1999 ad eccezione della postazione ubicata presso la scuola Deledda dove si osserva un incremento superiore al 10% rispetto alla precedente campagna;

  2. relativamente all’andamento riguardante gli altri metalli ricercati nelle polveri dei deposimetri si osserva quanto segue:

  • -  il Manganese per un intervallo di concentrazione 0,180-0,338 mg/mq misurato nel 2010, risulta ridotto rispetto al prelievo del 1999 pari a 0,430-0,750 mg/mq;

  • -  il Vanadio per un intervallo di concentrazione 0,009-0,017 mg/mq misurato nel 2010, risulta anche in questo caso ridotto rispetto al prelievo del 1999 pari a 0,02-0,063 mg/mq;

  • -  il Nichel, invece, nel corso della campagna di monitoraggio del 2010, per un intervallo di concentrazione 0,032-0,083 mg/mq risulta essere notevolmente aumentato rispetto ai valori misurati nel 1999 variabili nell’intervallo di concentrazione 0.012-0,045 mg/mq.

    Per quanto riguarda Rame e Zinco non è stato possibile fare un raffronto in quanto non vennero determinati nel 1999.

    1. La parte insolubile del particolato 􏰙 varia in un ampio intervallo: 68,9-99,6% e quindi probabilmente di origine eterogenea. Si può quindi affermare che le polveri esaminate non rinvengono da un solo processo produttivo ma vi può essere il contributo anche di altri impianti esistenti all’interno dello stesso stabilimento industriale considerato (per esempio si pensi alle aree Acciaieria, Ghisa, Agglomerato, ecc.)

    2. Il valore del ferro non risulta proporzionale alla concentrazione del particolato come dovrebbe essere nel caso che esso derivasse da una unica fonte. Questa ultima osservazione conferma la precedente.

    I dati relativi ai parametri PTS e Ferro, monitorati nelle postazioni Scuola Deledda, Centro Caritas e LIAM hanno evidenziato che il sito più esposto ad inquinamento da polveri aerodisperse è risultato essere quello ubicato presso la postazione LIAM, seguito dalla postazione Centro Caritas e Deledda. Anche la concentrazione di ferro rilevata ha evidenziato lo stesso andamento. Il confronto con i prelievi del 1999, relativo peraltro solo ai

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siti LIAM e Scuola Deledda, ha evidenziato valori contrastanti, nel senso che il valore massimo di PTS è diminuito nella postazione LIAM ma è aumentato nella postazione Deledda, mentre i valori minimi sono aumentati alla LIAM e diminuiti alla Deledda. Questo dato, affermano i consulenti, è probabilmente collegabile a fenomeni meteorologici quali anemometria, stabilità atmosferica, irradiazione solare, ecc., in quanto nel 1999 le rilevazioni furono eseguite nel periodo estate (agosto) ed autunno (ottobre-novembre), mentre nel 2010 sono state effettuate in periodo primaverile (aprile-maggio).

Per quanto riguarda le polveri aerodisperse PM10, i limiti sono inseriti nel D.L.vo n. 155/2010, ove il valore limite mediato (di concentrazione) nelle 24 ore per la protezione della salute umana, è posto pari a 50 μg/m3, limite che non bisogna superare più di 35 volte per anno civile.

Dai rilievi effettuati è emerso che per il sito Caritas si è avuto un superamento del limite

previsto dalla norma (20/21 aprile 2010). La percentuale di Ferro presente nelle PM10 oscilla nell’intervallo 0,3-6,7%.
Per il sito Scuola Deledda si sono avuti due superamenti della soglia di 50 μg/m3 con valori rispettivamente pari a 50,33 μg/m3 e 50,18 μg/m3 (13/14 e 14/15 maggio 2010). La percentuale di Ferro presente nelle PM10 oscilla nell’intervallo 0,1-5,1%

In merito alle polveri aerodisperse PM2,5 il limite è inserito nell’allegato XI del D.L.vo n.155/2010 ove il valore limite mediato nelle 24 ore per la protezione della salute umana, è posto pari a 25 μg/m3, limite da raggiungere entro il 1° Gennaio 2015. Il Decreto Legislativo 155/2010 ha abrogato all’articolo 21 il D.M. 60/2002 mantenendo tuttavia inalterato il limite delle PM10.

Dai rilievi effettuati è emerso che per il sito Caritas non si è avuto alcun superamento del limite previsto dalla norma; la percentuale di Ferro presente nelle PM2,5 oscilla nell’intervallo 0,1-6,7%. Per il sito Scuola Deledda non si è avuto alcun superamento della soglia di 25 (μg/m3); la percentuale di Ferro presente nelle PM2.5 oscilla nell’intervallo 0,2-4,1%.

In definitiva, per quanto riguarda l’aspetto chimico-ambientale, i dati ottenuti con i deposimetri attestano che in generale le composizioni delle polveri rilevate sono compatibili, sulla scorta dell’esame chimico della materia prima in arrivo e dei campionamenti effettuati sui materiali da parte dei Carabinieri del NOE di Lecce e di ARPA PUGLIA, con quelle depositate presso i parchi minerali ILVA e/o aree di produzione ubicate all’interno dello stesso stabilimento siderurgico (vedi allegati alla C.T. del P.M. fald. 1bis).

Inoltre, è stato riscontrato che le postazioni immediatamente a ridosso dei parchi minerali ILVA sono quelle più contaminate e costituiscono un “primo anello” attorno allo stabilimento (Cimitero ingresso ILVA, Centro Caritas, Scuola Deledda, Edison e LIAM), con maggiore contaminazione ambientale sul lato sud-ovest (rispetto alla zona parchi minerali). Contaminate in maniera inferiore rispetto alle precedenti troviamo le postazioni che costituiscono il “secondo anello”, ossia COMANGON, Chiesa San Francesco de Geronimo, Scuola Vico, Cimitero ingresso monumentale e Casa di Cura San Camillo.

La fase di ricognizione effettuata durante la campagna di monitoraggio ha evidenziato la presenza di consistente polvere di colore rossastro-bruno, nelle varie postazioni di campionamento (pavimenti, cornicioni, terrazzi, ecc.).

Inoltre, in considerazione delle classi di polverosità elaborate dalla Commissione Centrale contro l’inquinamento Atmosferico del Ministero dell’Ambiente, è emerso che un sito di osservazione (abitazione privata su via Mar Piccolo) è classificabile con “indice di polverosità elevato” di V classe; due siti (Cimitero ingresso ILVA e Centro Caritas) con “indice di

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polverosità medio-alta” ed i restanti otto siti con “indice di polverosità medio”. Nella campagna del 1999, invece, tutti i valori rilevati consentivano di classificare i siti con “indice di polverosità media”.

In considerazione dei risultati ottenuti, si può quindi senz’altro affermare che ad oggi

sussiste uno sversamento di polveri riconducibile ai materiali depositati presso i Parchi minerali ILVA e/o ad aree di produzione ubicate all’interno dello stesso stabilimento siderurgico.
Tale sversamento è da ritenersi, considerando nel loro complesso tutti i punti di campionamento, paragonabile rispetto a quanto rilevato nel corso della campagna di monitoraggio condotta nel 1999. Infatti nella precedente campagna di 19 giorni i valori delle polveri depositate oscillavano in un intervallo compreso tra 278 e 496 mg/m2, mentre nel corso dell’attuale campagna di 41 giorni (ossia quella condotta nel corso degli accertamenti tecnici di cui alla relazione di consulenza depositata il 25.05.2011), nelle medesime postazioni di allora sono stati ottenuti valori compresi tra 279 e 454 mg/m2 di solidi totali. Tale andamento è confermato ulteriormente anche se consideriamo esclusivamente i dati ottenuti negli 11 punti monitorati durante la campagna di campionamento condotta nel 2010, atteso che i valori delle polveri depositate oscillano tra 279 e 688 mg/m2 di solidi totali e tra 235 e 674 mg/m2 di solidi insolubili.

Relativamente al parametro Ferro, invece, si è constatata una leggera diminuzione di oltre un punto percentuale rispetto ai prelievi del 1999. L’andamento dei dati di PTS, PM10 e PM 2.5 appare in linea, ossia per valori elevati di PTS si hanno valori altrettanto elevati sia di PM10 che di PM 2.5.

I dati PTS, considerati congiuntamente con i dati meteo, non sembrerebbero sempre in sintonia con la direzione dei venti rispetto alla zona parchi minerali, tuttavia si ritiene che, poiché il dato PTS è un dato giornaliero, siano state captate con questo sistema comunque polveri provenienti in maniera generalizzata dall’ILVA (sia parchi minerali, sia impianti come ad esempio acciaieria, cokeria, agglomerato, ecc.). Tanto si evince anche dalle analisi specifiche riguardanti le caratteristiche delle polveri rinvenute, evidenziando la presenza di contaminanti tipici dello stabilimento.

La campagna di monitoraggio del 2010 tiene conto anche degli ulteriori fattori di natura tecnica e legati alla produzione.
Per quanto riguarda il primo punto (aspetti tecnici) si è potuto constatare nel corso della campagna, che i nastri trasportatori dei “fossili-fini” sono stati oggetto di modifiche impiantistiche che hanno previsto la chiusura dei predetti nastri immediatamente dopo il caricamento dalle zone di vagliatura sino all’impianto di produzione.

Relativamente agli altri tipi di materie prime più grossolane, i relativi nastri trasportatori di movimentazione dal sistema di vagliatura agli impianti di produzione sono stati invece ricoperti con tettoie.
In più, dal 15 ottobre 2004 è in vigore la pratica operativa standard ILVA n. G2PA20101 denominata “Irroramento cumuli con miscela filmante” che ha come obiettivo “definire le modalità preparative per la filatura dei cumuli stoccati nei parchi materie prime”. C’è però da evidenziare che se da una parte sono state messe in atto migliori tecnologie e procedure operative, dall’altra va considerato che, nell’anno 2010 la produzione di acciaio dello Stabilimento ILVA di Taranto a causa della crisi internazionale è notevolmente diminuita rispetto al 1999 con conseguente minore movimentazione di materie prime dai parchi minerali.

In considerazione di tali aspetti, i dati emersi dalla campagna di monitoraggio del 2010 risultano essere ancora più allarmanti (rispetto a quelli della campagna del 1999).
E’ del tutto ovvio ed evidente peraltro che le polveri ritrovate e campionate non sono le stesse già rilevate durante la precedente campagna del 1999: le precipitazioni atmosferiche avute nel corso degli anni infatti hanno abbondantemente dilavato tutte le

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superfici ove le stesse erano depositate e se non si fossero verificati ulteriori spargimenti di polveri, non vi sarebbero stati risultati analoghi alla precedente indagine.
Tale considerazione è avvalorata anche dal fatto che nel corso della campagna di monitoraggio è stata osservata la Cappella Comunale n. 2 ubicata all’interno del Cimitero San Brunone, la quale è stata ricostruita ex-novo ed utilizzata a partire dall’anno 2004, ossia dopo 5 anni dal monitoraggio del 1999 ed a 6 anni da quello del 2010. La stessa appare imbrattata dalle medesime polveri rosso-bruno, così come è evidente anche dai rilievi fotografici effettuati dai quali si nota imbrattamento da polveri sul marciapiede e sul muro immediatamente a ridosso dello stesso e sul terrazzo.

Conclusivamente, quindi, appare chiaro sia che l’ILVA, nonostante gli “avvisi” giudiziari e non, abbia sostanzialmente tenuto una condotta di totale disinteresse per la soluzione del problema polveri dell’area di cui discutiamo, sia che i materiali sversati derivanti da tale area sono tali da indurre imbrattamenti e danneggiamenti agli edifici, e soprattutto molestie e danno alla salute umana.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

Di seguito, si riportano le conclusioni formulate dai predetti consulenti del P.M. dottori Michele Conversano, Ermanno Corbo, Vito Balice e ing. Francesco Di Francesco (v. relazione di consulenza depositata il 25.05.2011, nel faldone n. 1bis, pagg. 295/342 ed atti allegati), all’esito dei demandati accertamenti tecnici sulla offensività delle polveri provenienti dai Parchi Minerali dell’ILVA, in termini di idoneità ad “indurre molestie, offese od imbrattamenti a carico delle persone che venissero investite dalle stesse polveri”.

“Per quanto riguarda la possibilità che tali polveri possano indurre molestie ed offese alle persone, si ritiene di dover fare le considerazioni che seguono.
Sin dal 1947 l’OMS, nell’esprimere il concetto di qualità della vita, afferma che la salute non è solo assenza di infermità o malattia, ma anche uno stato di equilibrio armonico, fisico e psichico, dell’individuo integrato in modo dinamico nel suo ambiente sociale e naturale, dando così particolare rilevanza alla qualità dell’ambiente nel quale viviamo. Secondo l’art. 268 c.1 lett. a) del D.L.vo n.152/2006 s’intende per “inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell’aria atmosferica, dovuta all’introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell’ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente”.

Le sostanze inquinanti aerodisperse che hanno un rilevante impatto negativo sulla salute dell’uomo, ed in modo specifico sull’apparato respiratorio direttamente raggiunto per via inalatoria, sono: gli ossidi di Zolfo (SOx) ed in particolare SO2, gli ossidi di Azoto (NOx) ed in particolare NO2, l’Ozono (O3), l’ossido di Carbonio (CO), gli idrocarburi aromatici policiclici (IPA) ed il particolato totale sospeso (PTS ovvero TSP - Total Suspended Particulate). Questi agenti sono responsabili dei maggiori fenomeni d’inquinamento atmosferico che si osservano soprattutto nelle città industrializzate, identificati da un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 1990).

Particolato, pulviscolo atmosferico, polveri sottili, polveri totali sospese (TSP), sono termini che identificano comunemente l'insieme delle sostanze sospese nell’aria.

I fattori che influenzano la deposizione nelle vie aeree del materiale particolato sono:

  • Diametro

  • Concentrazione

  • Durata dell’esposizione

  • Conformazione anatomica dell’albero tracheo-bronchiale

  • Frequenza respiratoria e volume corrente

    32


Il diametro del particolato costituisce il primo parametro fondamentale per gli effetti che questo può provocare a livello dell’albero respiratorio.

  • 􏰖  Particelle con diametro superiore a 20μm non penetrano nelle vie respiratorie ma

    impattano sulle coane

  • 􏰖  Particelle con diametro superiori a 10μm penetrano per inerzia nelle prime vie aeree

    sino alla biforcazione tracheale

  • 􏰖  Particelle con diametro tra 10μm e 2,5μm sedimentano per gravità sulla mucosa dei

    bronchi e dei bronchioli (PM10 respirabile)

  • 􏰖  Particelle con diametro tra 2,5μm e 0,5μm raggiungono il polmone profondo (PM2,5

    sottile)

  • 􏰖  Particelle con diametro inferiore a 0,1μm penetrano per diffusione nell’epitelio

    alveolare per movimento browniano (PM0,1 ultrafine)

  • 􏰖  Particelle con diametro dell'ordine di grandezza dei nanometri (nanopolveri PM0,001)

    arrivano a penetrare nelle cellule, rilasciandovi direttamente le sostanze tossiche trasportate. Si tratta di solito di materiali ingegnerizzati e non di PM ambientale

    Il TSP, così come ogni suo sottoinsieme, è caratterizzato da una distribuzione statistica dei diametri medi, ovvero è composto da diversi insiemi di particelle di diametro aerodinamico variabile da un minimo rilevabile fino al massimo diametro considerato: ad esempio il PM10 è una frazione del TSP, il PM2,5 contribuisce al totale del PM10 e così via fino ai diametri inferiori (nanopolveri).

    Se prendiamo in considerazione gli effetti negativi del solo particolato si rileva che questo può essere, a seconda delle dimensioni, causa di irritazioni oculari e rinofaringee nei diametri più grossolani, fungendo da corpo estraneo, e causa di più gravi patologie respiratorie nei diametri più piccoli: particolato respirabile, fine ed ultrafine, quest’ultimo capace di penetrare per diffusione nell’epitelio alveolare danneggiando per via sistemica l’intero organismo.

    Gli effetti negativi sulla salute umana degli inquinanti atmosferici possono essere distinti in ordine crescente di gravità, secondo la classificazione dell’American Thoracic Society del 1985 (ATS,1985) in:
    􏰗 irritazione oculare, nasale e delle prime vie aeree

    􏰗infezioni del tratto respiratorio superiore con riduzione delle normali attività quotidiane (assenze lavorative o scolastiche)

    • 􏰗  tosse, catarro, sibili respiratori che richiedono trattamento medico

    • 􏰗  attacchi acuti in pazienti con affezioni respiratorie croniche

    • 􏰗  infezioni del tratto respiratorio inferiore

    • 􏰗  aumento di frequenza di attacchi asmatici

    • 􏰗  riduzione della funzionalità respiratoria

    • 􏰗  aumento della mortalità per patologie respiratorie

      Durante il periodo di osservazione i dati relativi alle polveri PM10 hanno mostrato un solo superamento dei valori limite di Legge (50 μg/m3) presso la postazione ubicata al Centro Caritas (20-21 aprile 2010, 78,558 μg/m3) e n. 2 superamenti consecutivi presso la postazione della scuola Deledda (13-14 maggio e 14-15 Maggio 2010, rispettivamente 50,336 e 50,180 μg/m3). Tali dati sono confermati anche dai report ARPA PUGLIA dei mesi di Aprile e Maggio 2010 che evidenziano nel mese di Aprile n. 2 superamenti nella postazione di via Archimede e n. 4 superamenti rilevati dalla centralina di via Machiavelli (zona Caritas); nel mese di Maggio n. 2 superamenti rilevati dalla centralina di Paolo VI – CISI ed un solo superamento in quella ubicata sulla SS7-WIND.

      Per quanto riguarda il PM2,5 non si sono evidenziati superamenti dei limiti di legge.

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Considerando gli importanti valori riscontrati di Materiale Particolato è possibile affermare che questo è in quantità tali da provocare offesa e molestia anche in considerazione di una esposizione continua e giornaliera della popolazione interessata.

Si ribadisce che il particolato nella granulometria più grossolana provoca irritazione oculare, nasale e delle prime vie aeree. Al pari degli altri irritanti atmosferici, causa danno infiammatorio della mucosa delle congiuntive oculari e delle mucose delle prime vie aeree, con menomazione dei meccanismi di difesa e conseguente facilità alle infezioni. Inoltre il danno infiammatorio aumenta la permeabilità della mucosa respiratoria e congiuntivale ad allergeni di vario tipo, con conseguente insorgenza di fenomeni di sensibilizzazione e segni clinici che vanno dal fastidio ingenerato dai bruciori oculari e dalla starnutazione ripetuta, alla tosse secca e stizzosa sino alla difficoltà respiratoria.

Per quanto riguarda i danni maggiori provocati alla salute umana dal PM10 e dal PM2,5 vi sono studi dai quali si può dedurre che tali danni esistono anche per concentrazioni al di sotto dei limiti di legge.
Già in un lavoro del 1993 G.M. Corbo ed altri hanno documentato una maggiore suscettibilità dei soggetti atopici a sviluppare sintomatologia respiratoria se esposti a inquinanti atmosferici. Gli effetti dell’esposizione cronica ad inquinamento di tipo industriale sulla reattività bronchiale sono stati studiati in un sottogruppo di 1215 bambini di 7-11 anni residenti a Civitavecchia e in tre comuni in provincia di Viterbo. Lo studio ha suggerito che la residenza in un’area industriale, anche con concentrazione di inquinanti al di sotto dei valori stabiliti per legge, può influenzare il grado di reattività bronchiale, indipendentemente dal valore di base degli indici funzionali respiratori, dalla presenza di asma bronchiale e dallo stato atopico. Tale ipotesi è stata confermata da un’indagine successiva che ha considerato il livello di reattività bronchiale, la presenza di sensibilizzazione allergica cutanea (prick test), ed il livello di IgE in tre gruppi di adolescenti (2439 soggetti). Sono stati esaminati soggetti residenti nel centro di Civitavecchia (in prossimità delle centrali termoelettriche), nell’area suburbana della stessa cittadina e ragazzi dei tre comuni della provincia di Viterbo. Lo studio ha indicato un chiaro eccesso di soggetti iperreattivi, atopici e con livelli di IgE più alti tra i residenti in prossimità delle emissioni industriali (Forestiere et. al.).

E’ stato osservato un aumento di ricoveri ospedalieri e di visite al Pronto Soccorso per disturbi respiratori proporzionale all’incremento di PM10 (Dockery DW, Pope CA III “Acute respiratory effects of particulate air pollution” – Annu Rev Public Health 1994). Tali risultati sono stati confermati dallo studio APHEA (Air Pollution and Health: a European Approach – 1997). E’ da rilevare che il rischio relativo per ricoveri e per accessi al Pronto Soccorso nei soggetti asmatici è correlato ai livelli di PM10 anche se questi non raggiungono il valore massimo degli standard di qualità dell’aria. Recentemente uno studio epidemiologico (SAPALDIA), ha dimostrato che sussiste un’associazione tra livelli di PM10 e riduzione della funzione respiratoria (CVF, VEMS e PEF) ... ... ... risultando ... le capacità polmonari ... più ridotte nelle comunità in cui sono presenti livelli più elevati di PM10 , anche se questi sono evidentemente nei limiti di legge (European Respiratory Society “Qualità dell’aria e Salute” – Settembre 2010)”.

.-.-.-.-.-.-.-.-.-.

E’ riservata a successivi paragrafi la disamina degli accertamenti ulteriori svolti dai periti nominati da questo giudice sulla qualità dell’ambiente nella zona di Taranto, i cui esiti – si anticipa – confermano ampiamente la gravissima situazione di emergenza ambientale addebitabile alle emissioni dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto, nella quale versano le intere aree, urbane e rurali, ad esso circostanti.

In questa sede, peraltro, non può sottacersi di un ulteriore, allarmante profilo di criticità evidenziato dai periti chimici, i quali, nell’indicare nella copertura dei parchi minerali la

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soluzione del gravissimo (v. anche quanto rappresentato dai periti all’udienza del 17.02.2012, pagg.83/85) ed annoso problema delle emissioni polverose diffuse provenienti da detti siti di stoccaggio e ripresa di materie prime (l’argomento sarà approfondito in sede di illustrazione delle conclusioni formulate dai periti in risposta ai quesiti posti), si sono soffermati, altresì, sulle pericolose, probabili implicazioni dell’uso del pet-coke nel ciclo produttivo dell’acciaieria tarantina, uso al quale l’ILVA è stata autorizzata (!) dal decreto AIA del 4.08.2011.

Il pet-coke (da petroleum coke), secondo la definizione industriale, è un prodotto che si ottiene dal processo di condensazione di residui petroliferi pesanti e oleosi fino ad ottenere un residuo di consistenza diversa, spugnosa o compatta. In sostanza il pet-coke è l’ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell’oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio". Fra i suoi componenti, oltre ad IPA (in particolare benzopirene), vi sono ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio.

Si legge, in particolare, nella relazione di perizia chimico-ambientale (pagg. 160/162 e 175)

Nel decreto autorizzativo AIA al paragrafo 9.10.1 viene considerata come modifica non sostanziale l’utilizzo di pet-coke in sostituzione di parte del carbone fossile, consentendone l’utilizzo nello stabilimento sulla base della normativa vigente.
Al fine di valutare le modalità di stoccaggio del pet-coke e l’eventuale contributo emissivo, sono disponibili presso il sito AIA del Ministero dell’Ambiente i documenti tecnici inerenti la fase istruttoria e in particolare le integrazioni allegate alla nota ILVA prot. ECO-27 del 16 giugno 2008 acquisita dal MATTM con prot. DSA-00.2008-0016942.

Nella relazione tecnica allegata ILVA dichiara quanto segue per i seguenti aspetti: modalità di scarico, movimentazione e stoccaggio del pet-coke e quantità massima stoccabile. Per lo stoccaggio: planimetria – localizzazione area – modalità di mitigazione ambientale.
“Il ciclo di scarico, movimentazione e stoccaggio del coke di petrolio (di seguito indicato petcoke) risulta del tutto analogo a quello delle principali materie prime (minerali ferriferi e carboni fossili) di cui si approvvigiona lo stabilimento siderurgico.

Infatti, il petcoke sarà fornito a mezzo navi che saranno scaricate al 2° Sporgente degli impianti marittimi utilizzando, per la ripresa dalle stive, i quattro scaricatori a benne esistenti sullo stesso Sporgente.
Il materiale così ripreso dalle navi sarà quindi inviato ai parchi primari di stoccaggio delle materie prime mediante le due linee di trasporto via nastri, coperte lungo tutta la lunghezza, che collegano lo Sporgente allo stabilimento.

Il materiale sarà stoccato in cumuli mediante le apposite macchine (Stacker – Reclaimer) che provvedono anche alla ripresa dello stesso per il successivo impiego.
L’area da adibire allo stoccaggio del petcoke è ubicata nel Parco Fossili n° 1, la cui localizzazione è indicata nella planimetria riportata in Allegato 1.

La quantità massima di petcoke stoccabile è stimata in 40.000 – 50.000 ton.
Inoltre, come riportato nella documentazione già trasmessa, al fine di evitare eventuali fenomeni di “erosion wind”, i cumuli di petcoke saranno adeguatamente irrorati con soluzione filmante”.

Si evince come le modalità di scarico, movimentazione, stoccaggio e manipolazione successiva siano soggette ai fenomeni emissivi non convogliati descritti in precedenza.

Le caratteristiche tipiche del pet-coke sono descritte sempre nella medesima relazione alla quale sono allegati la certificazione relativa alla caratterizzazione chimica del petcoke, comprensiva del test di cessione eseguito secondo il metodo riportato nella norma UNI 10802.

In particolare, da tale certificazione analitica si evince la presenza di svariati microinquinanti e metalli pesanti, in linea con l’origine del pet coke.

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Nella tabella 1-IIIA seguente vengono riportati i metalli per i quali sono rilevate concentrazioni superiori alla soglia di rilevabilità strumentale.

 

 

 

Parametro

 

 

 

 

 

 

UM

 

 

 

 

 

 

Molibdeno

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

 

 

 

Nichel

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

 

 

 

Piombo

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

 

 

 

Rame

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

 

 

 

Selenio

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

 

 

 

Vanadio

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

 

 

 

Zinco

 

 

 

 

 

 

mg/kg

 

 

 

Pet Coke

8,26

221,26

6,02

66,50

0,95

1591,00

91,07

sn

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