Sabato 7 luglio alle ore 21.00 presso il Teatro all'aperto in Piazzetta del Parroco a Badalucco, inizia la rassegna 'Teatro in Piazza'. In scena 'Medea' di Euripide con libero adattamento di Angelo Tonelli. A cura del Teatro Iniziatico Athanor di Lerici. L'ingresso è gratuito.
(in basso la locandina dell'evento)
Compagnia Teatro Iniziatico Athanor
Euripide: Medea
Regia di Angelo Tonelli
Libero adattamento da Medea di Euripide nella traduzione di Angelo Tonelli (Bompiani editore, Eschilo, Sofocle, Euripide, Tutte le tragedie, a cura di A. T., 3100 pagg., testo greco a fronte). Genere drammatico.
Dròntes: Luigi Armelloni, Galliana Barabini
Fabiana Del Bianco, Greta Di Sacco
Antonietta Grassi, Fabio Guglielmi
Michele Karuz Susanna Salvi
Assistenza Regia: Susanna Salvi
Scenografia: Giuliano Diofili
Coreografie: Annalisa Maggiani
Musiche: Paola Polito (voce e adattamento da testo greco), Lisa Gerrard, Diamanda Galas, Constantine e altri.
Costumi: Maria S. Couture
Maschere: Antonietta Grassi e Women at work
Dopo aver aiutato il marito Giasone e gli Argonauti a conquistare il vello d’oro, Medea si è trasferita a vivere a Corinto, insieme al consorte e ai due figli, abbandonando il padre per seguire il marito. Dopo alcuni anni però Giasone decide di ripudiare Medea per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto. Questo infatti gli darebbe diritto di successione al trono. La donna si lamenta con il coro delle donne corinzie in modo disperato e furioso, tanto che il re Creonte, sospettando una possibile vendetta, le intima di lasciare la città. Dissimulando con abilità i propri sentimenti, però, Medea ottiene di restare ancora un giorno, che le servirà per attuare il proprio piano. Giasone si reca da Medea, che gli rinfaccia tutta la sua ipocrisia e la mancanza di coraggio, ma l’uomo sa opporre solo banali ragioni di convenienza. Di fronte all'indifferenza del marito, la donna attua la sua vendetta. Innanzitutto ottiene dal re di Atene Egeo (di passaggio per Corinto) la promessa di ospitarla nella propria città, poi, fingendosi rassegnata, manda in dono alla futura sposa di Giasone una ghirlanda e una veste avvelenate. La ragazza, indossatele, muore tra atroci tormenti, e la stessa sorte tocca a Creonte, accorso per aiutarla. Tale scena è raccontata da un messaggero. A quel punto Giasone accorre per salvare almeno la sua prole, ma appare Medea sul carro alato del dio Sole, che gli mostra i cadaveri dei figli che ella, pur straziata nel cuore, ha ucciso, privando così Giasone di una discendenza. Nel finale la donna vola verso Atene lasciando il marito a maledirla, distrutto dal dolore.
Tragedia del conflitto radicale tra logica patriarcale e matriarcale, la tragedia euripidea mette in scena il femminile, rimosso dalla cultura maschile ellenica, in tutta la sua potenza: Medea è maga e capace, come la Grande Madre, di dare vita e di distruggerla. Il finale della tragedia, nel celebrarne la vittoria straziata, ci lascia di fronte all’enigma della giustizia, della violenza, di cosa sia bene e cosa sia male. Ma tutto ciò accadeva nello spazio sacro del théatron, luogo deputato alla catarsi e alla contemplazione insieme empatica e distaccata degli eventi, e dunque luogo di iniziazione, per lo spettatore, al páthei máthos (patendo conoscere): sorta di meditazione collettiva sul conflitto, il dolore, la paura, il rito del teatro ellenico si erge in tutta la sua superiorità sapienziale rispetto all’oscena, sconsacrata e sconsacrante pornografia della comunicazione televisiva contemporanea, che genera mostri esibendone le gesta. Per questo in scena compare una figura di meditante, che dall’inizio alla fine del dramma presenzia sulla scena, e convoca al silenzio pacificato nel cuore stesso della violenza in azione.