Politica - 03 novembre 2011, 16:36

Pasquale Indulgenza: "Il maltempo aggrava ciò che irresponsabilmente è stato fatto dagli uomini"

Le linee del PRC di Imperia per il riassetto idrogeologico del territorio e per il nuovo Piano Urbanistico Comunale.

“L'ondata di maltempo che si sta abbattendo in queste settimane sulla Liguria e sulla nostra provincia determina rischi alluvionali aggravati enormemente dagli scempi e dagli abusi che sono stati sistematicamente permessi e persino incentivati nel territorio, a danno della sicurezza delle persone e della salvaguardia dell'ambiente. Per uscire da questa situazione disastrosa e vergognosa, servono innanzitutto la realizzazione di un piano contro il dissesto idrogeologico, con lo spostamento a suo favore delle risorse pubbliche necessarie, e, nelle città, una nuova pianificazione urbanistica che salvaguardi rigorosamente territorio, ambiente e paesaggio.  Bisogna dire basta all'abnorme consumo di suolo e imporre il rispetto di parametri eco/sostenibili nella gestione del territorio!”

Lo scrive Pasquale Indulgenza, capogruppo del Prc al Comune di Imperia, che prosegue: “Con le piogge di questi giorni, in Italia si contano nuovamente morti, feriti, crolli e disastri. Questo indica la vera grande opera da fare nel Paese, che produrrebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro: un piano di riassetto idrogeologico del territorio, gestito a livello locale per mettere in sicurezza i centri urbani, i paesi, gli edifici, le strutture viabilistiche. Invece di sprecare soldi per opere inutili come la Tav sulla Torino-Lione, occorrerebbero investimenti importanti per la messa in sicurezza del paese. È intollerabile che ogni episodio di maltempo, col cambiamento climatico in atto, si trasformi in un cataclisma: occorre dire stop alla logica dell’emergenza, sapendo che prevenire i disastri è possibile. Oltre 500 mm di pioggia in un'ora hanno messo letteralmente in ginocchio quasi tutti i comuni dello spezzino: l'Aurelia bloccata, l'autostrada A12 interrotta da una frana, la linea ferroviaria dall'entroterra alla riviera bloccata, intere comunità isolate. Sta cambiando il clima e nessuno si assume responsabilità in tal senso: continua la cementificazione che inesorabilmente impermeabilizza il territorio, continua l'abbandono delle campagne, continua il restringimento degli alvei fluviali e la natura presenta il suo conto, mentre lo Stato abbandona il territorio e non stanzia nulla per preservarlo. «I processi ecologici non possono essere beffati» e le forze della natura si ribellano alla violenza di chi vuole privatizzare i ricavi e socializzare le perdite. Occorre dunque dire basta alla cementificazione del territorio, è dire basta al suo abbandono, è dire basta a TAV o ponti sugli stretti, grandi opere inutili alla collettività. E' ora di attuare la più grande opera per questo paese: renderlo idrogeologicamente sicuro”.

“Anche ad Imperia – prosegue Indulgenza - dove in questi giorni assistiamo ad una forte ripresa del maltempo che sta causando giusta apprensione, occorre rendersi conto della gravità dei rischi sempre più gravi che corriamo e mettere mano con urgenza ad una pianificazione che imponga interventi strutturali e una seria politica di prevenzione, ai fini della messa in sicurezza del territorio e dell'assicurazione, per l'avvenire, di una diversa qualità ambientale, urbana e sociale. Il riassetto idrogeologico deve rientrare organicamente in questa pianificazione, così come la salvaguardia dell'ambiente e la tutela del paesaggio. Per far questo, occorre che la città e il territorio vengano considerati come beni comuni, i luoghi pubblici per eccellenza. A nostro avviso, le linee fondamentali per questo nuovo indirizzo si ritrovano nel movimento nazionale "Stop al consumo di suolo", che coinvolge anche un numero significatico di sindaci e amministratori, e nell'importante iniziativa in difesa del valore del paesaggio che ultimamente è stata assunta da eminenti studiosi come Salvatore Settis. Si tratta dell'appello nazionale ‘Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori’, sottoscritto, oltre che dal Prof. Settis, già presidente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali, da un numero rilevante di qualificate personalità, tra cui Carlo Petrini (fondatore di Slow Food e Terra Madre), Paolo Cacciari (ambientalista), Vezio De Lucia (urbanista), Franco Ferroni (WWF ITALIA), Patrizia Rossi (direttrice del Parco Naturale delle Alpi Marittime), Domenico Finiguerra (Movimento stop al consumo di suolo), Maurizio Pallante (Movimento Decrescita felice), Luca Mercalli (meteorologo), Marco Preve (giornalista e autore de "Il partito del cemento" e de "La colata"), Edoardo Salzano (Gruppo Eddyburg), Paolo Pileri e Bianca Bottero (Politecnico di Milano), Roberto Cigliano (paesaggista), Maria Paola Morittu (Italia Nostra), Vanda Bonardo (Legambiente), Gianpaolo Pamiu (Lipu). Occorre ricostruire  a tutti i livelli una legislazione urbanistica che in questi ultimi due decenni di liberismo  e deregulation è stata smantellata. Le città sono diventate sempre più terreno di conquista degli speculatori. Fiumi di cemento hanno inondato i nostri territori. E' ineludibile il problema di ripristinare regole adeguate ed esigibili, che abbiano un segno chiaro: fermare le espansioni urbane, riqualificare le aree periferiche, recuperare e riqualificare il costruito abbandonato, intensificare la lotta all'abusivismo, censire il patrimonio abitativo inutilizzato e sfitto, promuovere la bioedilizia, il risparmio energetico e il ricorso sistematico alle fonti pulite e rinnovabili, aumentare il verde fruibile, promuovere una mobilità sostenibile col decongestionamento dei centri urbani ed il potenziamento dei mezzi di trasporto collettivi ed ecologicamente non inquinanti, abbattere l'inquinamento urbano agendo sui fattori primari, recuperare ad usi propri i terreni agricoli e proteggere il patrimonio rurale, assicurare la necessaria manutenzione lungo i corsi d'acqua”.

“Le priorità da tenere presenti, a nostro avviso – scrive ancora il capogruppo PRC - sono le seguenti:
- chiudere la fase dell’espansione urbana e ridurre il consumo di suolo, preservando le aree naturali e la biodiversità;
- ottenere lavoro e buona occupazione dalla riconversione ecologica della gestione del territorio;
- assicurare l'equilibrio dei conti pubblici caricando i costi sulla rendita parassitaria;
- garantire in concreto il diritto all'abitare corrispondendo ai bisogni di chi non ha una casa e non può permettersi di acquistarla;
- recuperare le periferie rendendole vivibili e accoglienti;
- preservare le radici culturali e il paesaggio storico;
- operare la riconversione tecnologica ed ecologica della città;
- mettere in sicurezza i territori a partire dall'abbattimento del rischio idrogeologico;
- rispristinare un sistema di regole che riaffermi la legalità attraverso la cancellazione delle norme derogatorie e la legislazione d'emergenza”.

“Ecco ciò che andrebbe deciso e fatto – termina Indulgenza - per fermare il saccheggio del territorio e delle città; ciò che andrebbe posto in essere anche nell'Imperiese, dove da sempre gli interessi del 'partito del mattone' condizionano pesantemente scelte politiche e amministrative e dove nell'ultimo decennio abbiamo subito una vera e propria cementificazione, in termini di impatto ambientale e di edificazione disordinata e sempre più invasiva, mentre contestualmente è crollato il livello degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture pubbliche e delle risorse naturali e ambientali. Eppure, dopo gli scandali di Tangentopoli, la politica è stata di segno opposto: la legislazione urbanistica è stata infatti smantellata pezzo a pezzo. La cultura delle regole è stata sostituita dalla prassi della deroga. I piani regolatori, e cioè il quadro coerente dello sviluppo delle città, vengono sostituiti dall’urbanistica contrattata: volta per volta si decide la dimensione e i caratteri degli interventi urbani, al riparo di qualsiasi trasparenza. Conseguenza inevitabile, se si pensa che le elezioni politiche del 1994 portarono alla vittoria Silvio Berlusconi che all’interno del suo programma aveva promesso ‘padroni a casa propria’, slogan che dà il via alla serie di leggi – non adeguatamente contrastate negli anni dei governi di centro-sinistra – che avrebbero messo in crisi il governo pubblico del territorio.

L’Istat ha certificato (2009) la costruzione in Italia di oltre 3 miliardi di metri cubi di cemento, una produzione edilizia imponente, molto simile per dimensioni a quella realizzata negli anni Cinquanta-Settanta quando l’Italia era investita da grandi flussi demografici e da indici di crescita economica a due cifre. Nell'ultima, recente denuncia levata da Carlo Petrini, ‘Contro la cementificazione del nostro territorio’, si rileva che in appena 15 anni sono spariti sotto una colata di cemento 3 milioni di ettari di territorio, l'equivalente del Lazio e l'Abruzzo messi insieme. Col cosiddetto piano casa voluto dal Governo delle Destre si è verificata immancabilmente una nuova accelerazione din tale fenomeno. La cancellazione delle regole urbane ha dunque giovato al mondo della proprietà fondiaria e delle costruzioni. Non ha giovato di certo anche alla qualità delle nostre città. Solo in base a nuovi princìpi giuridici e ad una diversa pianificazione locale si potrà fermare il saccheggio del territorio e delle città. È necessario un nuovo paradigma: se finora lo sviluppo delle città e del territorio ha favorito la speculazione immobiliare e il mondo delle imprese colluse con la politica, è venuto il momento di riportare i destini delle città e del territorio nelle mani delle popolazioni insediate, di una cittadinanza attiva. Occorre affermare che il territorio, le città e le risorse naturali che consentono la vita insediativa sono beni comuni non negoziabili, nella consapevolezza che così facendo si preserva la ricchezza della comunità che essi costituiscono e si attua uno sviluppo non 'sviluppista' e puntualmente a favore della rendita e delle lobbies economico/affaristiche, ma fatto di investimenti di utilità sociale, essi stessi volano della creazione di nuove risorse in termini di buona occupazione e d economie sane. Le istituzioni pubbliche, attraverso le forme della partecipazione attiva della popolazione, ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze. È questo il pilastro su cui deve essere rifondato il governo del territorio. I beni comuni non possono essere trasformati in funzione dell’esclusivo tornaconto dei proprietari degli immobili e dei detentori della rendita, ma ogni mutamento deve essere deciso dalle amministrazioni pubbliche attraverso forme di partecipazione delle comunità insediate, specie in questo periodo di scarse risorse economiche. Questo principio generale di nuovo governo del territorio e della città si completa con due corollari. In primo luogo occorre conoscere quanto è avvenuto. Finora non ci sono dati ufficiali su quante abitazioni sono state costruite e quante sono invendute, quante aree industriali sono dismesse, quante aree urbane sono prive delle più elementari opere di urbanizzazione. Per completare il quadro conoscitivo è dunque necessario applicare un anno di moratoria edilizia in cui sono consentiti soltanto gli interventi in corso, quelli di recupero e ristrutturazione di edifici esistenti ma è preclusa ogni urbanizzazione di terreni agricoli. Il secondo corollario riguarda il fatto che su ogni opera di rilevanza territoriale, da un nuovo centro commerciale a una grande opera, è la popolazione insediata che deve esprimersi attraverso le mature forme di partecipazione, e cioè referendum confermativi. Visto che le regole sono state infrante, occorre ricostruirle a partire da un nuovo protagonismo: quello dei custodi del bene comune, i cittadini”.