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| 21 settembre 2011, 10:09

Stoppani: la Sentenza della Corte dei Conti

Pubblichiamo integralmente la sentenza della sezione giuisdizionale per la Regione Liguria a propositi dei danni erariali determinati dall'incredibile storia dello stabilimento Stoppani che vede ancota 11 lavoratori in mezzo a una strada

Stoppani: la Sentenza della Corte dei Conti

Questo documento non è né semplice né breve ma racconta in termini esatti una dele vicende più contorte e indicative della storia "industriale" di questa regione, di ciò che è stata, e di quel che lascia. Pensiamo di far cosa utile ai lettori e agli archivi, nel pubblicarlo integralmente QUI

e ne trascriviamo copia di seguito:

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Sent. 112/2011

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA

composta dai magistrati: Dott. Andrea Russo
Dott. Tommaso Salamone Dott. Maria Riolo

ha pronunciato la seguente

Presidente Consigliere relatore

Consigliere

SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n°17960 del registro di segreteria, promosso

dalla Procura regionale nei confronti di:
- “Società Immobiliare Val Lerone S.p.A.”, in persona del legale rappresentante,

con sede in Milano - Corso Magenta n. 85, e, la medesima dichiarata fallita con sentenza n. 246 del 15 giugno 2007 del Tribunale civile di Milano – Sezione II civile, riassunto nei confronti della stessa Società, in persona del curatore fallimentare, avv. Antonio Adinolfi;

- Polleri Giambattista, residente in Bogliasco (Ge) in Via Mazzini n. 180, rappresentato e difeso dall’Avv. Giorgio Giorgi ed elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, Via San Vincenzo n. 2;

- Pirondini Valerio, residente a Cassano Magnano (Va) in Via Mazzel n. 16, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Gerbi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Genova, Via Roma n. 11/1;

- Bruzzone Giuseppe, residente in Varazze (SV), Via Papa Innocenzo IV n. 33/4, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Gerbi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Genova, Via Roma n. 11/1;

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- Parisi Vincenzo, residente a Genova in Via Cellini n. 9/10, rappresentato e difeso dall’Avv Micaela Rossi presso il cui studio in Genova - Via Nino Bixio n. 3/2 ha eletto domicilio;

- Castello Renzo, residente in Genova in Via Cesare Cabella n. 22b/27, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Sabrina Ortino e Roberto Delfino ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Genova, Corso Dogali n. 12/2;

- Schena Gaetano, residente in Genova in Via Ariosto n. 4/14, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Carlo Raggi e Raniero Raggi ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Genova, Via Palestro n. 2/11;

- Grassi Antonella, residente in Genova in Salita San Barborino n. 6/12 sc.B, già rappresentata e difesa dall’avv. Gian Fausto Lucifredi, e, quest’ultimo deceduto, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Andrea Mozzati e Glauco Stagnaro, a mezzo dei quali si è costituita nel giudizio riassunto, a seguito dell’ordinanza di sospensione pronunciata all’udienza del 13.11.2007, e presso il cui studio in Genova, via Corsica n. 2, ha eletto il proprio domicilio;

udita nella pubblica udienza del 4 novembre 2010 la relazione del dott. Tommaso Salamone;

uditi il rappresentante del Pubblico Ministero, nella persona del Procuratore Regionale dott. Ermete Bogetti, l’avv. Ilaria Greco, su delega dell’avv. Giovanni Gerbi, per Pirondini e Bruzzone, l’avv. Giorgio Giorgi per Polleri, l’avv. Micaela Rossi per Parisi, gli avv.ti Sabrina Ortino e Roberto Delfino per Castello, l’avv. Raniero Raggi per Schena e l’avv. Glauco Stagnaro per Grassi; non costituita la “Società Immobiliare Val Lerone S.p.A.”;

Ritenuto in

FATTO
Il Procuratore regionale, con atto di citazione depositato in data 9 marzo 2007,

regolarmente notificato, ha convenuto in giudizio la “Società Immobiliare Val Lerone S.p.A.”,

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in persona del legale rappresentante – anzi, la medesima essendo stata dichiarata fallita con sentenza n. 246/2007 del Tribunale civile di Milano, in persona del curatore fallimentare, avv. Antonio Adinolfi, ai sensi dell’art. 299 c.p.c., - i signori Bruzzone Giuseppe e Pirondini Valerio, il primo quale direttore dei lavori ed entrambi quali dirigenti della società predetta, i signori Parisi Vincenzo, Castello Renzo, Schena Gaetano e Grassi Antonella, quali dirigenti e funzionari regionali ed il sig. Polleri Giambattista, collaudatore dei lavori, per sentirli condannare al risarcimento dei danni arrecati in concorso tra loro alla Regione Liguria in relazione al “programma di bonifica della zona costiera della foce del torrente Lerone”, cofinanziato con fondi comunitari ed affidato alla società “Luigi Stoppani S.p.A.” (ora Immobiliare Val Lerone).

Più specificamente, con l’atto introduttivo del giudizio il requirente chiede, in via principale, la condanna dei convenuti al risarcimento del danno quantificato nell’importo di euro 3.687.502,26 per totale inadempimento della obbligazione di risultato (bonifica), assunta dalla società Stoppani nei confronti della Regione, ovvero, in subordine, la condanna degli stessi per inadempimento parziale, nella somma di euro 1.757.751,70, “per attività e oneri non previsti a progetto oppure previsti e non realizzati”.

Sulla base della esposizione fatta dal Procuratore regionale e della documentazione versata nel processo, risulta la seguente situazione fattuale.

Nel quadro di un più ampio “Accordo di programma” per la deindustrializzazione e riconversione delle aree su cui insisteva lo stabilimento Stoppani, stipulato sin dal 26/11/1991 tra la Provincia di Genova, i Comuni di Arenzano e Cogoleto e la Società Stoppani, la Regione Liguria approvava con D.G.R. n. 3231 del 26 luglio 1993 l’invio della scheda progettuale relativa al “Programma di riassetto e riqualificazione ambientale della zona costiera della foce del torrente Lerone" al Ministero dell’Ambiente, ai fini del suo inserimento tra gli interventi ammessi a finanziamento nell'ambito del programma comunitario ENVIREG, presentato il 3/11/1990 dall’Italia alla CE e deciso favorevolmente

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dalla Commissione europea in data 25/7/1991.

Dopo l’inserimento, con decreto del Ministero dell’Ambiente 7 luglio 1993, dell’intervento nel programma comunitario, la Regione Liguria, con deliberazione della Giunta Regionale n° 9121 del 29.12.1994, affidava l a realizzazione del Programma alla Società Stoppani in base allo schema di convenzione (poi stipulata in data 30.03.1995), che veniva allegata alla deliberazione, quale parte integrante della stessa.

Con la predetta convenzione, stipulata tra la Regione Liguria e la Società Stoppani, la Regione affidava a quest’ultima l’incarico relativo alla “realizzazione della bonifica dell’area interessata dall’inquinamento da cromo nel litorale e nell’area interessata dall’attività dello stabilimento della Società”, il cui programma di intervento veniva descritto nell’allegato tecnico alla deliberazione nel quale erano anche riportati i costi previsti.

In particolare, l’allegato tecnico prevedeva interventi di progettazione per la riconversione delle aree (a carico della Stoppani); di controllo ambientale (prevalentemente a carico della Stoppani); di bonifica dell’arenile interessato dal deposito delle terre esauste (prevalentemente a carico della CE); di bonifica del torrente Lerone (prevalentemente a carico della Stoppani); di recupero e trattamento dei rifiuti tossico nocivi, già dislocati nelle vasche di Pian Masino, nonché di completamento di canali di gronda per lo smaltimento delle acque piovane (a totale carico della Stoppani).

Nella convenzione venivano previsti numerosi adempimenti a carico della Società Stoppani, strumentali allo svolgimento della funzione di controllo spettante alla Regione (stati di avanzamento lavori mensili, relazioni semestrali e fatture semestrali, conservazione degli originali di spesa per 5 anni dalla data di ultimazione dell’intervento) e la Stoppani, a garanzia dell’adempimento di tutti gli obblighi assunti, si impegnava a stipulare una fideiussione (art. 7), poi accesa per un massimale di lire 3.570.000.000 mediante polizza fideiussoria a favore della Regione contratta con la Compagnia Assicurativa La Viscontea Spa”.

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La durata dell’incarico era fissata in 4 anni dalla data della stipula della convenzione (art. 4) ed alla Stoppani veniva riconosciuto un compenso di lire 7.140.000.000, pari al finanziamento comunitario, a fronte di un costo complessivo del programma di riqualificazione di lire 21.017.200.000, gravante per la parte residua sulla Società.

A seguito di comunicazione del 2 ottobre 1996 con cui il Ministero dell’ambiente informava la Regione che il termine finale per la realizzazione dei lavori dei Progetti Envireg finanziati con fondi comunitari era il 31 dicembre 1997 e che sarebbero stati riconosciuti solo i costi con fatturazione quietanzata a tale data, la Regione Liguria con la D.G.R. n°3191 del 7.8.1997, modificava la tempistica attuativa dell’intervento, fissando al 31.12.1997 il completamento dei lavori di bonifica della spiaggia alla foce del torrente Lerone ed entro il 2003 la definitiva bonifica delle aree interessate dallo stoccaggio provvisorio di Pian Masino, ed approvava uno schema di “Programma Operativo”, con cui veniva rimodulata la distribuzione del finanziamento, trasferendo a totale carico CE le spese ancora da effettuare per i controlli ambientali e per la bonifica dell’arenile.

Con la stessa deliberazione, la Regione, cui spettava l’attività di controllo, così come previsto sia dall’art. 3 del Decreto del Ministero dell’Ambiente del 07.07.1993 sia dall’art. 8 della convenzione del 30.03.1995, nominava un collaudatore in corso d’opera nella persona del dott. Giambattista Polleri, incaricandolo di svolgere il controllo sulle attività dell’intero programma di deindustrializzazione (di cui il programma comunitario Envireg rappresentava la parte più rilevante).

In precedenza la Regione aveva approvato, con deliberazione di Giunta n. 3231 del 29 settembre 1995, il progetto per la realizzazione - in Località Cava Molinetto nel Comune di Cogoleto - della discarica per rifiuti speciali derivanti dalle lavorazioni dello stabilimento Stoppani e, con deliberazione n. 3232 in pari data (successivamente modificata e integrata dal provvedimento dirigenziale n. 779 del 16 settembre 1997 della Provincia di Genova, subentrata nelle relative competenze), i progetti concernenti la bonifica dell'arenile

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antistante lo stabilimento della Società Stoppani e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi all'interno di un capannone ubicato nello stabilimento della stessa.

Le operazioni di bonifica si svolsero nei seguiti periodi: 1°lotto tra il 15 aprile 1997 e il 15 maggio 1997, 2° lotto dopo la stagione baln eare tra 20 ottobre 1997 e 27 gennaio 1998.

Sottolinea il requirente che <<il progetto relativo alla bonifica dell’arenile prevedeva l’asportazione dall’arenile di 14.000 mc di “terre e sedimenti di spiaggia contaminati da terre industriali o contenenti CR VI superiore a 100 ppm” e che l’asportazione non si doveva limitare allo “strato superficiale di sabbia” ma anche al “materiale compatto a suo tempo depositato sull’arenile, mediante un idoneo mezzo meccanico, atto a frantumare”.

La società Stoppani appaltò alla ditta Trevisiol Giovanni srl di Varazze i lavori, ma la ditta non utilizzò alcun mezzo meccanico atto a frantumare il materiale compatto durante le operazioni di bonifica >>

Con riferimento alle operazioni di bonifica, il requirente precisa che << nel mese di ottobre 1997, la Regione Liguria, in applicazione dell’art. 17 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, emanò, in data 3 ottobre 1997, la deliberazione n. 3811 con cui furono adottate, ai sensi dell’art. 5 della L.R. 15 maggio 1997 n. 17, norme tecniche per interventi di bonifica in riferimento alla conversione delle aree dismesse.

Tali norme tecniche, al punto 6.1, relative al campionamento dei terreni, stabilivano che “il campione proveniente dalla porzione evidentemente più contaminata doveva essere utilizzato come rappresentativo dell’intero tratto (ndr superficie campionata)”>>.

Il medesimo sottolinea ancora che <<durante le operazioni di bonifica vennero condotti 2 campionamenti dal Presidio Multizonale di Prevenzione di Genova (attuale Arpal), rispettivamente in data 24.11.1997 e in data 18.12.1997. Il primo campionamento fu condotto sul fondo ( non viene specificata la profondità nel verbale di campionamento) delle trincee nn. 24/25, 26/27, 28/29 e le analisi rilevarono che sul fondo della trincea nn. 26/27

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era presente del cromo esavalente in quantità di 122 mg/kg ( all.n. 2 alla “Ann.”). Anche nel secondo campionamento venne prelevato del materiale dal fondo (profondità 3 m) nelle trincee nn. 34/36, 35/38, 39/40 e le analisi nuovamente mostrarono un’alta concentrazione di cromo VI (220 mg/Kg) nelle trincee n°35/38.

Risulta dagli atti che la Stoppani provvide ad un’ulteriore asportazione del materiale inquinato dalle trincee nn. 26/27 e 35/38; le successive analisi di controllo vennero effettuate dalla società stessa, la quale eseguì n°200 analisi sul fondo delle trincee condotte all’interno del laboratorio aziendale con la metodologia del campione ricostruito, ovvero la concentrazione del cromo VI veniva riferita al campione complessivo (campione ricostruito) ipotizzando che la frazione sopravaglio fosse inerte.

A lavori ultimati furono effettuati dall’ARPAL altri campionamenti, secondo la metodologia prevista dalla DGR 3811/1997:

in data 3.02.1998, a 2.5 m di profondità in 5 punti dell’area del primo lotto bonificato ( a scavi aperti non è stata effettuata alcuna analisi da parte di enti pubblici), i valori di CR VI riscontrati ricadevano nei limiti previsti.

in data 22.04.1998 e in data 08.05.1998, in superficie, in 11 punti dell’area del secondo lotto, dalle analisi risultava la totale assenza di cromo VI >>.

Sulla base di tali risultati la Provincia di Genova, nella relazione datata 02.12.1998, ritenne la bonifica “completata per la parte inerente la rimozione del materiale inquinato da cromo VI con concentrazioni superiori a 100 mg/kg e la successiva sostituzione con materiale inerte idoneo”.

Senonché osserva il requirente che “dai risultati della successiva caratterizzazione (2003-2005) condotta dall’Arpal su incarico della Regione Liguria sul sito di interesse nazionale Cogoleto-Stoppani risultarono nell’area oggetto della bonifica Envireg concentrazioni di CR VI superiori a 100 mg/Kg.. Nel punto AR 15 a profondità di 2 m è stato riscontrato un valore di CR VI pari a 126 ppm e a profondità di 3 m di 107 ppm valutato

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ricalcolando la concentrazione di CrVI sull’intera massa del campione (e non sulla sola frazione passante 2mm), come da nota datata 11.11.2005 a firma del Direttore Scientifico Regionale dell’Arpal, dott.ssa Cecilia Brescianini”.

L’Arpal con nota datata 27.11.2005 a firma della Brescianini precisava che il punto AR 15 era da considerarsi rappresentativo di un’area pari a 2.500 mq, pari al 21% di tutta l’area Envireg.

Il Procuratore regionale, a conclusione dell’istruttoria condotta anche a mezzo dell’attività d’indagine del Nucleo investigativo del Corpo Forestale di Genova - cui lo stesso aveva delegato i necessari accertamenti a seguito di denuncia, presentata in data 20.4.2004 dal Presidente di Legambiente Liguria - accertava che “l’arenile sulla sponda orografica destra della foce del torrente .... risulta l’area maggiormente inquinata nonostante gli interventi di bonifica attuati nel 1997 dalla ditta Stoppani e finanziati con fondi comunitari”, desumendone che “gli interventi della società Stoppani non sono stati eseguiti a regola d’arte”, per cui l’intero importo collaudato sarebbe stato, a suo avviso, indebitamente riconosciuto e, pertanto, da restituire.

Riscontrava inoltre che erano stati posti a carico pubblico attività e oneri non previsti a progetto o eseguiti in modo difforme a quanto previsto.

Aggiungeva a ciò che, “il finanziamento comunitario era al lordo dell’IVA, mentre nel verbale di collaudo gli importi vengono espressi al netto di IVA e anche la Società Stoppani presenta le fatture per il riconoscimento delle spese sostenute al netto”.

Ed, in proposito, era da rilevare che, secondo quanto disposto nella scheda n°15 “Spese ammissibili nell’ambito dei Fondi strutturali IVA ed altre imposte e tasse” della Decisone della Commissione del 23.04.1997 n° 97/322/CE, “L’IVA che può essere recuperata, rimborsata o compensata in qualche modo non può essere considerata sovvenzionabile e pertanto non può essere cofinanziata dai fondi strutturali”.

Sulla base di tali accertamenti, il requirente, ritenuta la sussistenza di un danno

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erariale, previa contestazione degli addebiti, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del decreto legge 15 novembre 1993, n° 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n° 19, non avendo ritenute idonee a superare detti addebiti le giustificazioni addotte dagli interessati, ha convenuto in giudizio la “Società Immobiliare Val Lerone S.p.A.”, in persona del legale rappresentante (ed essendo stato dichiarato il fallimento della Società prima dell’udienza, ha citato la società in riassunzione, ai sensi dell’art. 299 c.p.c., in persona del curatore fallimentare, avv. Antonio Adinolfi), i signori Bruzzone Giuseppe, Pirondini Valerio, direttore dei lavori il primo ed entrambi dirigenti della società predetta, Polleri Giambattista, collaudatore in corso d’opera, Parisi Vincenzo, Castello Renzo, Schena Gaetano e Grassi Antonella, dirigenti e funzionari regionali, per sentirli condannare, in via principale, per inadempimento totale delle obbligazioni (di risultato) assunte dalla Società Stoppani con la convenzione e, in particolare, dell’obbligazione principale di realizzare la bonifica dell’intera area interessata, al risarcimento in favore della Regione del danno quantificato nell’importo di euro 3.687.502,26, in solido tra loro, ove sia riconosciuto sussistente l’elemento soggettivo del dolo, ovvero, qualora sia riconosciuto sussistente l’elemento soggettivo della colpa grave, “con ripartizione dell’addebito nella misura dell’80%, pari ad euro 2.950.002,29, a carico della società Immobiliare Val Lerone e del 20%, pari ad euro 737.500,57, a carico delle altre persone fisiche convenute, importo quest’ultimo a sua volta da ripartire in quote uguali fra gli stessi”.

In via subordinata, ha chiesto la condanna dei medesimi convenuti, per inadempimento parziale, al risarcimento della somma di euro 1.757.751,70, in solido tra loro, ove venga ritenuto sussistente il dolo, ovvero con la medesima ripartizione suindicata, qualora venga ritenuta sussistente la colpa grave, e precisamente, “dell’importo di euro 1.757.751,70, l’80% pari ad euro 1.406.201,36 a carico della società Stoppani e il 20% pari ad euro 351.550,34 a carico, in quote uguali, delle persone fisiche ritenute corresponsabili”. In ogni caso con rivalutazione monetaria e interessi legali, nonché spese di giudizio.

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Per quanto attiene alla subordinata richiesta di condanna per inadempimento parziale, la Procura deduce che le attività di bonifica collaudate e poste a carico del finanziamento comunitario, sono state svolte, in parte, in parziale difformità da quanto previsto a progetto nella scheda Envireg e, in parte, non previste, in assenza di perizia di variante.

Più specificamente, il Procuratore regionale contesta ai convenuti l’avvenuto collaudo con conseguente imputazione a carico della quota comunitaria del costo del trattamento di terre t/n provenienti dall’arenile per 11.705,99 tonnellate, in realtà non trattate, corrispondente alla somma di lire 1.676.766.077 ( t. 11.705,99 x costo tratt. per tonn. £ 143.240), pari ad euro 865.977,37. Ciò sarebbe risultato dalle annotazioni riportate sui “Rapporti assistenti di lavorazione”.

Sempre con riferimento alla subordinata richiesta di condanna per parziale inadempimento, oltre alla suindicata somma di lire 1.676.766.077, pari ad euro 865.977,37, relativa alle spese finanziate per il trattamento di terre dell’arenile in realtà non effettuato, il requirente imputa alla Società di avere ottenuto il collaudo e la liquidazione di alcune spese non previste nella scheda Envireg, e precisamente:

lire 98.186.223, pari ad euro 41.044,50, per opere relative alla riqualificazione del torrente Lerone;

lire 127.289.383, pari ad euro 65.739,48 per la progettazione e direzione lavori della bonifica dell’arenile;

lire 1.212.922.054, pari ad euro 626.421,96, per l’approntamento e la realizzazione della discarica di Cava Molinetto (realizzazione di quattro moduli di abbancamento e acquisizione delle aree per lire 1.244.514.926, di cui solo lire 1.212.922.054 posto a carico del finanziamento Envireg, sebbene la sua capacità (riferita alla volumetria autorizzata inizialmente, pari a 155.000 mc) fosse stata utilizzata nella misura del 3% per l’abbancamento dei rifiuti provenienti dall’arenile (t. 8.532,07) e del 4% complessivo (t.

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10.395,07), considerando anche le terre di Pian Masino (t. 1.863,00); l’acquisto di terreni, secondo quanto stabilito nella decisione della Commissione Europea n. 97/322/CE del 23.4.1997, per essere posto a carico dei fondi comunitari avrebbe dovuto essere interamente - e non solo per il 3 per cento - destinato agli interventi di bonifica oggetto del finanziamento Envireg ed effettuato da una istituzione pubblica o da un organismo operante in regime di diritto pubblico;

lire 79.473.240, pari ad euro 41.044,50, per il collaudo delle opere e delle attività del progetto, che la deliberazione G.R. n. 3191 del 7.8.1997 poneva espressamente a carico della società Stoppani;

lire 208.845.000, pari ad euro 107.859,44, relative al premio della Polizza Fideiussoria che l’impresa ha dovuto accendere, ai sensi dell’art. 7 della convenzione del 30.3.1995, presso la compagnia assicuratrice La Viscontea S.p.a., a favore della Regione Liguria a garanzia della buona esecuzione dell’intero programma di deindustrializzazione e riconversione delle aree occupate dallo stabilimento; detta spesa, ad avviso della Procura, era chiaramente a carico della Stoppani e, comunque, sulla base della decisione della Commissione Europea n. 97/322/CE del 1997, il costo relativo alla fideiussione non poteva essere posto a carico della quota comunitaria, in quanto la garanzia afferiva ad un Programma di intervento comunitario (PIC), forma di intervento in cui rientrava il Programma operativo Envireg.

Del danno, come sopra individuato, il Procuratore regionale ha chiamato a rispondere:

- la Società “Luigi Stoppani S.p.A.”, la quale ha modificato la propria denominazione in “Società Immobiliare Val Lerone” (atto per notaio Casali Paola in data 24.2.2004), “per non avere eseguito correttamente le opere di bonifica e per avere, quindi, illegittimamente beneficiato, in tutto o in parte, dei finanziamenti a carico pubblico”.

Alla Società viene contestato, in particolare, che per il reintegro del materiale

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inquinato asportato dalla spiaggia furono utilizzati materiali accantonati in precedenza in occasione di mareggiate (pietre, ghiaia e sabbia) o provenienti dalla stessa spiaggia (pietre), in violazione delle precise disposizioni impartite dal Ministero dei trasporti e della navigazione e dalla Provincia di Genova, secondo le quali l’arenile avrebbe dovuto essere ripristinato esclusivamente con materiale inerte proveniente da cava autorizzata.

Inoltre, osserva il requirente, le terre dell’arenile, che avrebbero dovuto essere assoggettate, quali rifiuti tossico nocivi, ad un trattamento completo - termicamente a mezzo del Forno 70 della società Stoppani - per 14.000 mc (28.000 t.), furono invece trattate con l’impianto “Mick per un quantitativo notevolmente inferiore, secondo quanto dedotto dall’analisi dei “Rapporti assistenti di lavorazione” e del registro di carico e scarico e dal giornale dei lavori di spiaggia;

- il dott. Bruzzone in qualità di Direttore dei lavori – lo stesso ha firmato i verbali di collaudo parziali e finali - “per non aver vigilato sulla rispondenza delle attività messe a carico pubblico e per non aver ottemperato alle disposizioni previste dalla convenzione del 30.03.1995 stipulata con la Regione Liguria”;

- il dott. Pirondini, quale Direttore Amministrativo della Società Luigi Stoppani, “per aver sottoscritto atti di collaudo con la Direzione Lavori e per non aver tenuto la contabilità separata (così come previsto nella convenzione del 30.03.1995 e nella Decisione CEE n°C (91) 1504/2 del 25.07.1991), impedendo al collaudatore la verifica diretta della corrispondenza tra i lavori svolti e i relativi importi sia per i lavori in economia che per quelli in conto terzi”.

- il dott. Polleri, in qualità di Collaudatore dei lavori, per non aver vigilato sulla rispondenza delle attività messe a carico pubblico; per avere, in particolare, collaudato come trattate un quantitativo di terre provenienti dall’arenile di t. 16.331,19 (11.705,99 t. in più di quelle effettivamente trattate, pari a t. 4.625), sulla base “delle dichiarazioni del dr. Bruzzone riportate sui registri di carico e scarico”, senza aver visionato i “Rapporti degli assistenti di

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lavorazione” e per avere collaudato come finanziabili a carico dei Fondi comunitari, spese per attività o non previste (approntamento cava Molinetto) o diversamente ripartite dalla scheda Envireg;

- i seguenti funzionari della Regione Liguria “per non avere esercitato l’attività di vigilanza sull’attuazione degli interventi finanziati, sulla rispondenza delle attività poste in essere con quanto previsto nei progetti oggetto di finanziamento”, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto Ministero dell’ambiente del 7 luglio 1993 e dell’art. 8 della convenzione del 30.3.1995 intervenuta tra la società Stoppani e la Regione Liguria, omettendo peraltro di firmare, quali rappresentanti delle Regione, i verbali di collaudo in corso d’opera e quello finale, redatti dal dott. Polleri; e precisamente:

- il dott. Vincenzo Parisi, in qualità di dirigente del dipartimento dell’Ambiente dal 20.12.1995, che ha coordinato le attività dei dirigenti dott. Castello e dott. Schena fino al 1.3.2004 ed ha adottato il decreto n. 126 del 30/6/1998, ripartendo le spese tra società e fondi Envireg in modo difforme da quanto previsto dalla D.G.R. n. 9121 del 29.12.1994;

- il dott. Gaetano Schena, in qualità di dirigente del Settore Politiche e Programmi Ambientali, che si è occupato del programma Envireg dal 01.01.1999 sino al termine dei pagamenti dell’intero ammontare del finanziamento comunitario alla società Stoppani;

- il dott. Renzo Castello, quale funzionario dell’Ufficio Bonifiche che si è occupato del programma Evireg dall’inizio del 1997 alla fine del 1998, provvedendo anche alla liquidazione dei SAL di cui ai decreti n. 175/23 e n. 328/56, pur non essendo stati presentati dalla Società i SAL dei mesi di novembre e dicembre 1997;

- la dott.ssa Antonella Grassi, in qualità di funzionario responsabile del procedimento di liquidazione per non aver effettuato l’attività di controllo e verifica che ha comportato il pagamento indebito dei lavori non effettuati o non autorizzati.

La responsabilità viene contestata ai predetti, in via principale, come dolosa. Assume il requirente che, nella specie, la sussistenza del dolo risulta desumibile

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dalla volontà della società (e, per essa, dalla volontà delle persone fisiche dalla stessa dipendenti: dr. Bruzzone, in qualità di Direttore dei lavori e dr. Pirondini in qualità di direttore amministrativo) di non perdere, in tutto o in parte, il contributo comunitario, come “minacciato” dal Ministero dell’Ambiente (cfr. nota n. 1018/ARS/DI/VDA datata 17.1.1997): eventualità prospettata qualora la società non fosse riuscita ad ultimare l’intervento entro il termine del 31.12.1997.

In sostanza, prosegue il requirente, c’era l’intenzione a qualsiasi livello (collaudatore, Regione Liguria, Ministero e naturalmente la stessa ditta Stoppani) di non perdere il finanziamento comunitario o una sua parte, eventualità che avrebbe costituito per i dirigenti degli enti pubblici una perdita sia in termini di credibilità politica sia in termini di efficacia ed efficienza dell’azione della pubblica amministrazione.

Tale specifica volontà si sarebbe tradotta, per quanto riguarda la società Stoppani ed i suoi dipendenti nonché il collaudatore, in un’affrettata conduzione dell’intero programma di bonifica e nell’inclusione, a carico pubblico, di spese sicuramente non ammissibili. E la consapevolezza di tale inammissibilità deriverebbe dalla circostanza che le delibere giuntali (con relativi allegati) n. 9121/94 e n. 3191/97 erano estremamente chiare in ordine a quanto avrebbe dovuto far carico al finanziamento comunitario e a quanto, per contro, doveva restare a carico della quota nazionale (Società Stoppani).

Per quanto riguarda i funzionari della Regione, l’elemento soggettivo del dolo viene ritenuto sussistente avuto riguardo all’assoluta assenza di controlli ovvero all’utilizzo di strumenti del tutto impropri (es. decreto n. 126/1998 sottoscritto dal dr. Parisi che approvava uno schema di suddivisione delle spese pubbliche e private, nel quale sono riportate alcune somme considerevoli - per complessive Lit. 513.793.846 - precedentemente non previste o previste a carico di Stoppani, in palese contrasto con quanto approvato con le deliberazioni giuntali n. 9121/1994 e n. 3191/1997).

Rileva, inoltre, il Procuratore regionale in punto di elemento soggettivo, che “tutte le

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persone fisiche convenute nel presente giudizio sono, altresì, imputate in ordine agli stessi fatti oggetto della presente controversia, di concorso in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche - art. 640bis c.p.- nonché di concorso in falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici - art. 479 c.p. - come da richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova e conseguente decreto del GUP che ha disposto il dibattimento”.

Per l’ipotesi in cui la Sezione dovesse, invece, ravvisare l’elemento soggettivo nella sussistenza della colpa grave, sostiene che “quest’ultima è ictu oculi rilevabile dagli atti ....., sia con riguardo alla macroscopica inottemperanza, da parte della società Stoppani, agli obblighi convenzionalmente assunti, sia con riguardo al comportamento gravemente negligente tenuto dai funzionari regionali che omisero di effettuare i controlli loro devoluti dalla legge e/o dalla convenzione, come sopra specificato”.

I signori Giuseppe Bruzzone e Valerio Pirondini si sono costituiti a mezzo dell’avv. Giovanni Gerbi, il quale ha presentato due memorie di analogo contenuto con cui eccepisce:

a) l’inammissibilità dell’azione per difetto di giurisdizione.

La Corte dei conti sarebbe priva di giurisdizione nei confronti della Società Immobiliare Val Lerone s.p.a. (ex Luigi Stoppani s.p.a.) e dei due suoi dirigenti, Valerio Pirondini e Giuseppe Bruzzone, convenuti nel presente processo, trattandosi di soggetti privati non legati da alcun rapporto di impiego o di servizio con alcuna Pubblica Amministrazione.

Ad avviso del difensore, la Società Luigi Stoppani non era concessionaria di opere pubbliche, non è stata inserita nell’organizzazione pubblica, non è stata investita di funzioni pubbliche né ha avuto la gestione di denaro pubblico.

Essendo stato il finanziamento accordato alla Regione Liguria, la stessa era infatti mera appaltatrice di opera pubblica, cui l’atto di citazione imputa non una responsabilità amministrativa ma un inadempimento totale (o parziale) alle obbligazioni assunte con la

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convenzione stipulata con la Regione Liguria;

b) l’inammissibilità dell'azione per intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia con riguardo alla domanda di condanna per “inadempimento totale” sia con riguardo alla domanda “per “inadempimento parziale”.

In ipotesi di danno arrecato nel corso dell’esecuzione di opere pubbliche il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui, con il deposito del collaudo, l’Amministrazione ha la possibilità di conoscere il danno e il comportamento illecito che lo ha causato.

Nel caso di specie i lavori di bonifica e ripristino dell’arenile ammessi al finanziamento Envireg sono stati collaudati con certificato di collaudo in corso d’opera al 23 giugno 1998, emesso in data 2 luglio 1998, mentre le spese di progettazione, collaudo e premio della polizza fideiussoria sono state approvate con il decreto dirigenziale del 30 giugno 1998, n.126 e le spese per la realizzazione della discarica di Cava Molinetto con decreto dirigenziale 1 agosto 2000, n. 728, sicché al 28 settembre 2006, data in cui è stato notificato al convenuto l’invito a dedurre il termine quinquennale di prescrizione era ampiamente decorso.

L’azione sarebbe prescritta anche ove si facesse decorrere il termine prescrizionale dal momento di approvazione del certificato di collaudo o dai pagamenti liquidati alla Società tutti entro il 1998, eccetto il saldo del contributo liquidato il 23 agosto 2000.

La prescrizione sarebbe intervenuta anche con riferimento a quest’ultimo pagamento, contestandosi da parte dei deducenti anche l’efficacia della messa in mora effettuata dal Procuratore Regionale in data 28 aprile 2005, per omessa indicazione della causa petendi e dell’ente pubblico danneggiato;

c) nel merito, oppone l’infondatezza dell’azione per difetto di danno erariale, di condotta colpevole e di nesso di causalità.

Nessun danno erariale sarebbe stato arrecato alla Regione Liguria in quanto la

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Società Luigi Stoppani avrebbe provveduto nel termine assegnato alla bonifica dell’arenile, asportando e sostituendo con materiale inerte tutte le terre ed i sedimenti di spiaggia inquinati da cromo esavalente con concentrazione superiore a 100mg/Kg., per un quantitativo superiore a quello di 14.000 mc previsto a progetto, e raggiungendo in toto gli obiettivi previsti dal Programma di riassetto e riqualificazione ambientale della zona costiera della foce del Torrente Lerone ammesso al finanziamento Envireg, così come certificato dal collaudatore Dott. Polleri (cfr. certificato di collaudo al 23 giugno 1998) e verificato dalla Provincia di Genova a seguito di campionamenti ed analisi effettuati nel corso dell’opera e il 22 aprile e l’8 maggio 1998 (relazione conclusiva, redatta il 2 dicembre 1998 dall’Area n. 8 Ambiente della Provincia di Genova).

L’affermazione del Procuratore Regionale circa l’inattendibilità delle conclusioni dell’ente preposto al controllo – peraltro formulata senza ipotizzare un qualche responsabilità dei funzionari autori della stessa - non sarebbe supportata da alcun elemento di prova.

Né il cromo esavalente, riscontrato in due soli campioni nel 2005 – otto anni dopo il completamento della bonifica – proverebbe che la bonifica non sia stata compiuta a regola d’arte, dovendo detta presenza essere ricondotta ad eventi accidentali e meteorici avvenuti in epoca successiva.

In proposito, il difensore sottolinea che il 21 settembre 2002 vi fu un’alluvione che provocò l’allagamento di alcune zone dell’ex stabilimento Stoppani con rilascio nel torrente Lerone di materiale tossico ancora stoccato all’interno dello stabilimento. A ciò aggiunge che i due campioni su cui si fonda l’accusa, riguarderebbero un unico punto in cui non fu possibile la totale asportazione del materiale inquinato per la presenza delle tubazioni della fognatura del Comune di Cogoleto, collocate al di sopra delle terre in precedenza depositate dalla Società.

La tesi secondo cui i due campioni prelevati in tale punto (alla profondità di due e tre

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metri) sarebbero rappresentativi del 21% di tutta l’area Envireg sarebbe dunque palesemente erronea.

Neppure costituirebbero prove di inadempimento della Società la circostanza che sia stata disposta una ulteriore bonifica dell’arenile per il raggiungimento di valori più rigorosi imposti dalla normativa successiva o il fatto che sia stato dichiarato lo stato d’emergenza per l’inquinamento ancora presente nell’area dell’ex stabilimento e non della spiaggia (dichiarazione ritenuta illegittima e impugnata dalla Società Val Lerone con ricorso al TAR Lazio ancora pendente).

Il ripristino dell’arenile sarebbe avvenuto in conformità al progetto approvato ed alle direttive impartite alla Società dagli Organi competenti, con l’utilizzo di 40.000 tonnellate di materiale inerte.

I massi di grosse dimensioni rinvenuti durante gli scavi e non inquinati da cromo sono stati utilizzati per ripristinare il molo frangi-onde alla foce del torrente e per il riempimento delle trincee, dopo averle ripulite a mano e su autorizzazione della Provincia, mentre sabbia pulita presente nella zona è stata utilizzata solo per ricostituire il profilo della spiaggia, come previsto dal progetto.

Le tracce di cromo rinvenute nel novembre 1997 in un solo cumulo di materiale vengono attribuite dalla difesa all’azione del mare, essendo il cromo esavalente presente, sia pure in basse concentrazioni, in tutti i fondali della zona.

Inoltre il dott. Bruzzone ed il dott. Pirondini non avrebbero posto in essere le condotte che vengono loro imputate in quanto, anche se fosse configurabile una qualche responsabilità amministrativa degli stessi per un ipotetico danno patito dalla Regione Liguria in relazione alle spese sostenute per un intervento di bonifica non esattamente effettuato, tale responsabilità non potrebbe comunque essere attribuita ai predetti, atteso che il dott. Bruzzone, contrariamente a quanto affermato dal Pubblico Ministero, dopo un breve periodo – durante il quale furono asportate dalla spiaggia terre inquinate per 5.500 tonnellate - dal

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22/9/1997 fu sostituito nella funzione di direttore dei lavori di bonifica dell'arenile dal Dott. Pino Carieri, (cfr. comunicazione della Società Stoppani alla Regione Liguria del 29/09/1997 e certificati di collaudo parziale al 30 novembre 1997, al 31 dicembre 1997 e al 23 giugno 1998). Tale direzione lavori è terminata il 31/1/1998.

Lo stesso non era neppure responsabile dell’impianto di trattamento delle terre, di cui era responsabile l’Ing. Lumachi.

Il dott. Pirondini, da parte sua, quale direttore amministrativo della Società, non avrebbe avuto alcun ruolo nello svolgimento delle operazioni di bonifica dell’arenile, era privo di competenze tecniche per valutarne la correttezza e si è limitato a firmare i certificati di collaudo in rappresentanza della Società, i quali restano però atti imputabili al solo collaudatore.

Il difensore contesta anche la fondatezza della subordinata domanda di condanna per inadempimento parziale.

Nega, in particolare, che vi sia stato inadempimento parziale per il mancato completo trattamento delle terre provenienti dall’arenile, dal moneto che gli importi collaudati dal dott. Polleri corrispondono esattamente ai quantitativi di terre trattate dalla Società.

Il difensore sostiene in proposito che i “rapporti degli assistenti di lavorazione” addetti all’impianto di trattamento terre “Mick” non sarebbero probanti delle quantità trattate, in quanto gli stessi non erano muniti di macchinari per la pesatura, ma annotavano sui loro registri solo il numero delle “bennate” delle terre tossico nocive stoccate all'interno del capannone cosiddetto "ex minerale", che venivano prelevate dal capannone per essere aggiunte alle terre da trattare, provenienti dalla spiaggia e stoccate a Pian Masino.

Le terre trattate sarebbero state pesate e documentate dalla Società nei registri di carico e scarico dei rifiuti tossico nocivi stoccati a Pian Masino e nei registri di carico e scarico dei rifiuti tossico nocivi asportati dall’arenile (entrambi asseverati e controllati dalla Provincia). Inoltre, a partire dal 3 ottobre 1997, è stato tenuto dal direttore dei lavori un

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giornale dei lavori nel quale sono state puntualmente indicate le quantità di terre asportate e quelle di materiale inerte utilizzato per il ripascimento. Sono state inoltre fornite al collaudatore tutte le fatture relative alle attività svolte da terzi.

Con riferimento alle spese (di “bonifica delle acque di falda e di superficie”; di progettazione e direzione dei lavori di bonifica dell'arenile; di approntamento e realizzazione della discarica di Cava Molinetto; di collaudo delle opere; di premio fideiussione) contestate dalla Procura in quanto ritenute non ammissibili in base al programma operativo approvato con la deliberazione G.R. n. 3191 del 7 agosto 1993, eccepisce che tali spese sono state successivamente approvate dal Ministero dell’Ambiente e ritenute ammissibili dalla Commissione e europea, in esito alle verifiche compiute, le quali hanno comportato numerose integrazioni e chiarimenti.

In merito sostiene, pertanto, la mancanza di danno erariale per essere state le spese in questione indispensabili per la realizzazione del Programma di bonifica e, in ogni caso, utili per la Regione Liguria, come emergerebbe dalla relazione in atti della dott.ssa Basile, dirigente del Ministero dell’Ambiente.

Quanto, infine, all’elemento soggettivo, non sarebbe stata allegata nessuna prova della sussistenza di comportamenti dolosi o anche solo gravemente colpevoli, essendo stata ogni decisione assunta dalle Amministrazioni competenti sulla base degli ordini che venivano impartiti dal direttore dei lavori, dott. Carieri e dal collaudatore dei lavori.

Nel concludere nei termini suindicati, il difensore chiede - previa sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 o 296 cod. proc. civ., in considerazione della pendenza per gli stessi fatti di un procedimento penale - il rigetto delle avversarie domande e, in via di mero subordine, la riduzione del danno ai sensi dell’art. 52 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214;

- in via istruttoria, chiede che sia disposta consulenza tecnica ai fine di verificare le quantità di terre trattate nel periodo in contestazione sulla base della documentazione disponibile compresi i registri relativi alla discarica di Molinetto e le fatture emesse dalla

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Ditta Trevisol.

L’Avv. Giorgio Giorgi, costituitosi con memoria per il signor Polleri, deduce quanto segue:

- la mancanza di nesso causale tra il ritrovamento dei “crostoni” da parte dell’ARPAL nel 2005, dopo che si sono verificati più eventi alluvionali, e i lavori di bonifica della spiaggia conclusi il 30/1/1998 e certificata come avvenuta dall’Amministrazione Provinciale di Genova a seguito dei campionamenti ed analisi effettuati nel 1998 dall’ARPAL;

- i campionamenti effettuati dall’ARPAL in numero di due in un’area di oltre 6.500 mq tra il 2003 e il 2005 non avrebbero valore in quanto sono trascorsi circa otto anni dalla bonifica; l’area era soggetta a modifiche naturali e, nella specie, è stata interessata da alluvioni; inoltre, a monte persisteva un sito industriale che continuava a produrre cromo esavalente;

- il soggetto tenuto a verificare la qualità dei materiali e la corrispondenza tra il progetto e il realizzato è il Direttore dei lavori , nella specie nominato a far data dal 22/8/1997, e non il collaudatore;

- l’infondatezza della contestazione di non aver rispettato le linee guida per gli interventi di bonifica, introdotte dalla DGR n. 3811/97 - le quali prevedono concentrazioni limite più rigorose, pari a 10 mg/Kg e diverse modalità di esecuzione e valutazione delle analisi – in quanto alla bonifica in questione andavano applicati i patti contrattuali tra Regione Liguria e Società Stoppani, che prevedevano l’asportazione del materiale inquinato da cromo VI con concentrazioni superiori a 100/mg/Kg.;

- le modalità di esecuzione della bonifica e l’impiego di sabbia proveniente dalla spiaggia per il ripristino del solo manto di copertura è stato autorizzato dalle autorità di controllo (Provincia di Genova e Comune di Cogoleto);

- le opere non preventivate con utilizzo di fondi pubblici – e, in primo luogo, la discarica di Molinetto - erano necessarie e funzionali agli obiettivi del Programma di

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riqualificazione ambientale oggetto di finanziamento, come risulterebbe anche dagli atti pubblici versati in nel giudizio; inoltre, il richiedere l’approvazione di una variante avrebbe fatto perdere il cofinanziamento comunitario;

la Pubblica Amministrazione ha fatto proprie le proposte del collaudatore compresa la ripartizione delle spese a carico del finanziamento Envireg;

- l’intervenuta prescrizione – in via preliminare - dal momento che il termine iniziale va individuato nella data del 2/7/1998 (data della acclarazione dei rapporti tra la Regione liguria e società Stoppani in merito al cofinanziamento Envireg - Relazione integrativa), in quanto a partire da tale data l’Amministrazione e venuta a conoscenza del presunto illecito commesso dal convenuto; nega inoltre la possibilità per il PM di compiere atti interruttivi della prescrizione, istituto che il difensore non ritiene peraltro applicabile in materia di danno erariale, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della l. n. 20/1994, la quale prevede che la prescrizione del danno maturi “in ogni caso” in cinque anni dal fatto dannoso.

L’avv. Giorgi conclude nei termini suindicati, chiedendo il rigetto delle domande formulate in citazione e facendo istanza, ove occorra, di ammissione di prova per interrogatorio formale di parte convenuta e per testi indicandi.

Il dott. Vincenzo Parisi si è costituito con memoria dell’Avv. Micaela Rossi.

In via pregiudiziale, il difensore chiede di valutare l’opportunità di sospendere l’azione di responsabilità in pendenza del procedimento penale ed eccepisce l’improcedibilità/inammissibilità dell'azione di responsabilità contabile per intervenuta prescrizione.

Posto che i comportamenti contestati al proprio assistito in relazione all’adozione del decreto dirigenziale n. 126 del 1998 sono riferiti al certificato di collaudo del 20 aprile 1998, il termine prescrizionale andrebbe computato da tale data, o al più dal 30.6.1998 – data del provvedimento di approvazione - dal momento che tale collaudo, anche se definito “parziale”, è in realtà il collaudo finale relativamente alle opere ricomprese nel progetto

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Envireg finanziabili con fondi comunitari. Inoltre, ove l’esordio della prescrizione venga individuato con riferimento ai pagamenti, sottolinea che solo l’ultima liquidazione a saldo è avvenuta nel 2000, quindi entro il quinquennio antecedente all’atto di costituzione in mora del 18 aprile 2005, cui non riconosce comunque efficacia interruttiva.

Nel merito eccepisce il difetto dell'elemento soggettivo, sia sotto il profilo del dolo che della colpa, e il difetto di nesso causale in considerazione del fatto che all’epoca dell'intervento di bonifica dell'arenile (e comunque tuttora) la competenza sui controlli degli interventi in materia di bonifica dei siti contaminati era attribuita per legge nazionale e regionale alla Provincia, che, nella specie, provvide a stendere la relazione finale sulla base dei controlli eseguiti dall’ARPAL.

Chiede pertanto alla Corte di prendere in considerazione l'ipotesi di estendere il giudizio anche all'ARPAL, che ha eseguito i controlli, e alla Provincia di Genova, per avere, formulato un giudizio di idoneità della bonifica “inappropriato” o “inadeguato”.

Inoltre, essendo stato nominato dalla Regione per l’esecuzione dei controlli un collaudatore in corso d’opera, era quest’ultimo il solo chiamato a verificare e certificare che l’opera fosse stata eseguita a regola d’arte e secondo le prescrizioni tecniche impartite, in conformità del contratto, delle varianti e degli atti di sottomissione aggiuntivi, mentre “i funzionari regionali preposti .......non potevano né dovevano entrare nel merito dell’operato del collaudatore e delle sue decisioni” essendo gli stessi privi dei necessari requisiti professionali” per vigilare efficacemente sull’andamento dei lavori.

Quanto all’addebito di aver posto spese a carico dei Fondi comunitari, in base ad un criterio difforme da quello contenuto nella D.G.R. n. 9121/94, dopo aver rilevato l’estraneità del dott. Parisi in ordine all’inserimento nei fondi predetti delle spese relative alla discarica di Cava Molinetto, essendo avvenuto tale inserimento quando lo stesso non ricopriva più l’incarico di Dirigente del Dipartimento, eccepisce che le spese relative agli oneri di collaudo, alla polizza fideiussoria erano funzionali al progetto Envireg; inoltre, lo scostamento da

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precedenti delibere di Giunta doveva essere valutato dal responsabile del procedimento e dal funzionario degli affari giuridici addetto al controllo di legittimità e compatibilità finanziaria, i quali hanno anch’essi apposto la propria firma sul decreto n. 126 del 1998; in ogni caso, il Parisi aveva il potere di modificare le decisioni assunte dalla Giunta, dal momento che la stessa aveva trasferito al Dirigente le competenze in materia.

Contesta, infine, la sussistenza del danno per essere stata la bonifica correttamente eseguita con oneri a carico della Stoppani pari al 66 per cento del costo.

Conclude chiedendo l’assoluzione, con vittoria di spese e di onorari di giudizio.

Il dott. Gaetano Schena, costituitosi con memoria degli avv.ti Carlo e Raniero Raggi, eccepisce:

la prescrizione delle domande proposte dall’accusa con motivazioni analoghe a quello svolte dagli altri convenuti;

l’insussistenza di un danno erariale - sia in relazione alla domanda principale sia in relazione a quella subordinata – per essere stata la bonifica correttamente eseguita sulla base delle caratterizzazioni effettuate nel 1998 e dovendosi, d’altra parte, attribuire ad eventi successivi (successive attività inquinanti, la presenza di uno scarico anomalo sulla spiaggia, l’alluvione del 2002) la presenza di cromo esavalente riscontrata nel 2005;

gli importi collaudati corrispondono esattamente ai quantitativi di terre trattate, non essendo i rapporti degli assistenti idonei, in quanto privi di impianti di pesatura, a provare tali quantità;

le attività originariamente non previste dalla scheda Envireg, ma collaudate e poste a carico del finanziamento comunitario, sono state successivamente approvate dal Ministero dell’Ambiente, che le ha ritenute ammissibili al finanziamento comunitario, senza maggiori esborsi rispetto all’importo forfetario pattuito;

l'approntamento e la realizzazione della discarica di Cava Molinetto sarebbero stati indispensabili per effettuare i lavori di bonifica della spiaggia, dato che senza la discarica

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non sarebbe stato possibile eseguire i lavori di bonifica dell'arenile;

nel comportamento dello stesso non sarebbe ravvisabile alcuna condotta dolosa o colposa idonea a determinare il danno a lui contestato per essersi occupato della Stoppani dalla fine del 1999, senza avere alcuna competenza di tipo tecnico per effettuare i necessari controlli, e per essersi uniformato ai pareri tecnici del collaudatore, della Provincia di Genova e dell’Arpal.

Conclude, chiedendo alla Sezione:
di disporre l'interruzione del giudizio atteso il fallimento della Società Immobiliare

Val Lerone s.p.a.;
- di sospendere il giudizio in conseguenza della pendenza per gli stessi fatti di un

procedimento penale;
- di dichiarare estinta per prescrizione la pretesa risarcitoria azionata dalla Procura;
- in subordine disporre la riduzione del danno da risarcire ai sensi dell'art. 52 R.D.

12 luglio 1934 n. 1214.
Con vittoria di spese e di onorari dei giudizio.
In via istruttoria, ove occorra, chiede disporsi consulenza tecnica d'ufficio sulle

circostanze in precedenza indicate e sull'utilità conseguita dalla Regione Liguria in considerazione delle opere eseguite.

Il dott. Renzo Castello si è costituito a mezzo degli avv.ti Sabrina Ortino e Roberto Delfino, i quali hanno depositato memoria.

Nella stessa i difensori eccepiscono, preliminarmente, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale, dovendosi assumere come dies a quo per la decorrenza del termine quinquennale, ex art. 1, comma 2, l. n. 20/1994, la data del collaudo in corso d’opera (20/4/1998), in cui vennero collaudate tutte le opere finanziate con il Progetto Envireg, ovvero la successiva data del 19/2/2000, in cui il collaudatore accertò con la "relazione conclusiva", definita "acclarazione dei rapporti tra Regione Liguria e Società L.

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Stoppani in merito al cofinanziamento ENVIREG", la spesa sostenuta al 31/12/1997 dalla società Stoppani assoggettabile a cofinanziamento.

Nel merito, oppongono la mancanza del danno, dell’elemento psicologico e del nesso causale:

l’intervento è stato regolarmente eseguito, come da convenzione; non erano, infatti, applicabili i più rigorosi criteri di bonifica delle aree dismesse stabiliti dalla D.G.R. n. 3811 del 3/10/1997, non potendo essere apportata senza il consenso degli stipulanti nessuna variante in corso d’opera;

le analisi eseguite dall’Arpal nel 2005 sono irrilevanti, in quanto il materiale inquinante riscontrato si sarebbe depositato sulla spiaggia negli anni successivi;

nessuna omissione di controllo vi fu da parte del Castello, per essersi lo stesso “recato in loco” in occasione dei collaudi ed essendosi basato sul controllo esercitato dal collaudatore e sulle certificazioni dei funzionari e dirigenti della Provincia;

Concludono nei termini suesposti, chiedendo di assolvere il proprio assistito.
La dott.ssa Antonella Grassi si è costituita con memoria dell’avv. Fausto Lucifredi. Il difensore eccepisce:

la sostanziale estraneità della dott. ssa Grassi per non avere la stessa partecipato alla lunga vicenda, salvo aver sottoscritto l’atto a lei addebitato, essendo l’unico funzionario in servizio al momento della sua emissione;

l’attività di vigilanza e controllo competeva all’Amministrazione provinciale e, per la parte tecnica, all’Arpal;

per quanto specificamente attiene al progetto Envireg, la Regione ha nominato un controllore in corso d’opera ed il progetto è stato sottoposto al Ministro dell’Ambiente, che lo ha sempre condiviso;

per quanto specificamente attiene al Decreto del Direttore Generale n. 728 dell’1.8.2000, imputato alla convenuta, la stessa ha eseguito tutti i controlli di propria

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competenza, basandosi per la regolarità tecnica sulla relazione del collaudatore; quanto alla legittimità e compatibilità finanziaria, sul fatto che sul provvedimento è stato apposto il visto di legittimità dalla struttura degli Affari Giuridici del Dipartimento,

in via di mero subordine, l’intervenuta prescrizione, risalendo l’ultimo esborso all’agosto 2000;

l’erroneità della ripartizione del danno in maniera uguale per tutti i funzionari senza tener conto, nella denegata ipotesi di responsabilità della convenuta, del fatto che sua partecipazione ai pagamenti contestati è stata minima;

la contraddittorietà dell’avvenuta archiviazione da parte della Procura delle posizioni degli altri due dirigenti intimati, Tirelli e Avegno, i quali si sarebbero trovati in posizioni analoghe.

Conclude in termini con quanto dedotto, chiedendo l’archiviazione del procedimento e, in subordine, la chiamata in giudizio la Provincia di Genova, i suoi organi tecnici, per l’accertamento della loro esclusiva responsabilità, e i due succitati funzionari.

Con istanza depositata in data 26 ottobre 2007 il Procuratore regionale chiedeva il differimento dell’udienza in considerazione della pendenza in primo grado di procedimento penale concernete gli stessi fatti di cui al presente giudizio.

All’udienza del 13 novembre 2007, in accoglimento delle istanze di sospensione del giudizio avanzate da tutti i convenuti, la Sezione disponeva, ai sensi dell’art. 296 del cod. proc. civ., la sospensione del giudizio fino alla definizione del processo penale di primo grado.

Essendo stato il procedimento penale definito con sentenza del Tribunale di Genova – Sez. III penale n. 4421/09 del 28.1.2010, il Procuratore regionale ha provveduto a depositarne copia presso la Segreteria della Sezione, facendo istanza, in data 9/4/2010, di riassunzione del giudizio, la cui trattazione è stata fissata con decreto presidenziale per l’udienza del 4 novembre 2010.

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Prima di riferire sulle statuizioni contenute nella predetta sentenza penale, si premette che gli odierni convenuti erano stati rinviati a giudizio con i seguenti capi d’imputazione:

a) Polleri, Bruzzone e Pirondini, erano stati rinviati a giudizio, ai sensi degli artt. 81 cpv., 110, 479 e 640 - bis c.p., in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, per avere il Polleri posto a carico della CEE la spesa di progettazione e di direzione dei lavori della bonifica dell'arenile per un importo di £. 127.289.383, spesa che invece doveva essere posta a carico della Stoppani, società rappresentata da Bruzzone e Pirondini. Per raggiungere tale fine, il Polleri attestava falsamente, nei verbali di collaudo in corso d'opera e finale, nelle relazioni acclaranti i rapporti tra Regione Liguria e società Stoppani e nelle note del collaudatore, che la citata progettazione e direzione dei lavori era necessaria e funzionale al raggiungimento degli obiettivi della bonifica;

b) Polleri, Bruzzone, Pirondini, Grassi e Schena erano stati rinviati a giudizio, ai sensi degli artt. 81 cpv., 110, 479 e 640 - bis c.p., in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, per avere il Polleri posto a carico della CEE la spesa di predisposizione e realizzazione della discarica di cava Molinetto per un importo di £1.212.922.054, spesa che invece doveva essere a carico della Stoppani, società rappresentata da Bruzzone e Pirondini. Per raggiungere tale fine, il Polleri attestava falsamente, nei verbali di collaudo in corso d'opera e finale, nelle relazioni acclaranti i rapporti tra Regione Liguria e società Stoppani e nelle note del collaudatore, che la citata discarica era necessaria e funzionale al raggiungimento degli obiettivi della bonifica; la Grassi sottoscriveva il decreto emesso dalla Regione Liguria Dipartimento Tutela dell'Ambiente ed Edilizia 728 del 1-8-2000 dando atto, contrariamente al vero, della sottoscrizione da parte del Dirigente competente, dei certificati di collaudo in corso d'opera relativi all'intervento Programma operativo – riassetto e riqualificazione della zona costiera della foce del torrente Lerone e ponevano la citata somma relativa all’approntamento e

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realizzazione della pretta discarica a carico del finanziamento Envireg, autorizzando il servizio di ragioneria all'emissione del mandato di pagamento; lo Schena quindi, unitamente alla Grassi, attestavano falsamente nella cartella del decreto del direttore generale la regolarità amministrativa, tecnica e contabile di detto atto;

c) Polleri, Bruzzone, Pirondini, Castello e Parisi erano stati rinviati a giudizio, ai sensi degli artt. 81 cpv., 110 e 323 c.p., in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, per avere il Polleri, nei verbali di collaudo in corso d'opera e finale, nelle relazioni acclaranti i rapporti tra Regione Liguria e società Stoppani e nelle note del collaudatore, posto a carico della CEE la spesa relativa al premio polizza fideiussoria, per un importo di £. 208.845.000, spesa che invece doveva essere a carico della Stoppani, società rappresentata da Bruzzone e Pirondini. Il Castello ed il Parisi, quindi con decreto della Regione Liguria - Dipartimento Ambiente e Territorio politiche programmi ambientali n° 126 del 30/6/1998 ribadivano che detta somma era "ammissibile" a carico del finanziamento Envireg, disponendo tra l'altro l'invio di tale deliberazione al Ministero dell'Ambiente al fine dell' ottenimento del pagamento del saldo del finanziamento, con ciò arrecando un ingiusto danno alla CEE, con beneficio della società Stoppani Spa;

d) Polleri, Bruzzone, Pirondini, Castello e Parisi erano stati rinviati a giudizio, ai sensi degli artt. 81 cpv., 110, 479 e 640 - bis c.p., in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, per avere il Polleri posto a carico della CEE la spesa relativa agli oneri di collaudo per un importo di £79.473.240, spesa invece che doveva essere a carico della Stoppani, società rappresentata da Bruzzone e Pirondini. Per raggiungere tale fine il Polleri dichiarava contrariamente al vero, nei verbali di collaudo in corso d'opera nel collaudo finale (del 11-5-02), nelle relazioni acclaranti i rapporti tra Regione Liguria e società Stoppani e nelle note del collaudatore, ed in particolare nel documento dell’11.5.2002, recante il "giudizio complessivo riservato al collaudatore sulla condotta dei lavori da parte dell'impresa e relazione riservata sulle richieste avanzate dall’impresa”, che le opere del

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collaudo e delle attività di progetto erano a carico del programma Envireg. Il Castello ed il Parisi, quindi, con decreto della Regione Liguria - Dipartimento Ambiente e Territorio politiche programmi ambientali n° 126 del 30/6/1998 ribadivano che detta somma era "ammissibile" a carico del finanziamento Envireg, disponendo, tra l'altro, l'invio di tale deliberazione al Ministero dell'Ambiente al fine dell' ottenimento del pagamento del saldo del finanziamento, con ciò arrecando un ingiusto danno alla CEE, con beneficio della società Stoppani Spa;

e) Polleri, Bruzzone e Pirondini, erano stati rinviati a giudizio, ai sensi degli artt. 81 cpv., 110, 479 e 640 - bis c.p., per avere, in concorso tra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, il Bruzzone attestato falsamente nei verbali di collaudo e nei registri trattamenti di terre tossico-nocive provenienti da spiaggia per 16.331,09 tonnellate, anziché quelle realmente trattate ammontanti a 4.625,20 tonnellate, ed il Polleri provveduto a collaudare detti lavori, di fatto mai eseguiti, corrispondenti ad una somma di £. 1.676.766.007, riconoscendoli a carico della quota comunitaria, con ciò arrecando un danno ingiusto alla CEE con beneficio della Stoppani Spa, società rappresentata dal Bruzzone e dal Pirondini,

Gli imputati sono stati assolti dal Tribunale di Genova da tutte le imputazioni loro ascritte con il seguente dispositivo:

“Visto l'art.530 cpp,

assolve Polleri Giambattista, Bruzzone Giuseppe e Pirondini Valerio dal reato a loro ascritto al capo a) perché il fatto non sussiste;

assolve Polleri Giambattista, Bruzzone Giuseppe, Pirondini Valerio, Grassi Antonella e Schena Gaetano dal reato di cui all'art.640 bis cp a loro ascritto al capo b) e dal reato di cui all'art.479 cp di cui allo stesso capo in relazione alla condotta attribuita a Polleri, perché il fatto non sussiste;

Visto l'art.530 cpv cpp,

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assolve Polleri Giambattista, Bruzzone Giuseppe, Pirondini Valerio, Grassi Antonella e Schena Gaetano dal reato di cui, all'art.479 cp, a loro contestato al capo b) in relazione alla condotta attribuita a Grassi e Schena perché il fatto non costituisce reato;

assolve Polleri Giambattista, Bruzzone Giuseppe, Pirondini Valerio, Castello Renzo e Parisi Vincenzo dai reati a loro ascritti al capo c) ed al capo d) limitatamente per quest'ultimo al reato di cui all'art.479 cp perché il fatto non costituisce reato;

assolve Polleri Giambattista, Bruzzone Giuseppe, Pirondini Valerio, Castello Renzo e Parisi Vincenzo dal reato di cui all'art.640 bis cp, a loro ascritto al capo d) perché il fatto non sussiste;

assolve Polleri Giambattista, Bruzzone Giuseppe. e Pirondini Valerio dai reati a loro ascritti al capo e) perché il fatto non sussiste”.

La dott.ssa Grassi Antonella, già rappresentata e difesa dall’avv. Gian Fausto Lucifredi, essendo quest’ultimo deceduto, si è costituita nel giudizio riassunto con memoria degli Avv.ti Andrea Mozzati e Glauco Stagnaro.

I difensori subentrati hanno confermato tutte le difese svolte dall’avv. Lucifredi, formulando le seguenti ulteriori eccezioni:

- nullità della citazione per non essere stati precisati gli addebiti mossi alla dott.ssa Grassi circa le condotte asseritamente dannose dalla stessa poste in essere e le ragioni per le quali sarebbe ravvisabile il dolo o la colpa grave;

- nullità dell’atto di riassunzione per assoluta indeterminatezza; non recando tale atto alcun richiamo alla citazione, né il nominativo della convenuta, né le conclusioni formulate, lo stesso sarebbe affetto da nullità assoluta, mancando le indicazioni prescritte dall’art. 125, disp. Att. Cod. proc. civ.;

- tardività della riassunzione in quanto notificata allorché era decorso il termine di tre mesi stabilito dall’art. 297 del cod. proc. civ.;

nel merito, l’avvenuta prescrizione dell’azione e l’infondatezza della stessa.

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I difensori confermano, infine, le conclusioni precedentemente rassegnate, chiedendo, in via subordinata, l’applicazione del potere riduttivo, con vittoria di spese e onorari di giudizio.

Tutti i convenuti costituiti hanno presentato memorie con cui hanno richiamato le difese svolte in precedenza, eccependo ulteriormente la nullità e/o inesistenza dell'atto di riassunzione per violazione dell’art. 26 r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, dell'art. 297 cod. proc. civ. e dell'art. 125 disp. att. cod. proc. civ. per la mancanza del nome delle parti e dei loro difensori con procura e del richiamo alle domande formulate con l’atto introduttivo. In particolare l’avv. Gerbi, il quale rappresenta nel presente giudizio il Bruzzone ed il Pirondini, lamenta l’impossibilità di riferire l’atto di riassunzione ai propri assistiti.

Nel merito i convenuti, premesso che vi è identità dei fatti materiali alla base del presente giudizio contabile e di quelli oggetto di accertamento in sede penale, in attesa della cui definizione il giudizio era stato sospeso, e considerato che il processo penale si è concluso con una sentenza irrevocabile di assoluzione da tutti i reati loro ascritti, chiedono il proscioglimento da ogni addebito, atteso che la sentenza penale, ai sensi dell’art. 652 cod. proc. pen., fa stato nel giudizio contabile, quanto all'accertamento dei fatti. In ogni caso, osservano che la sentenza penale di assoluzione, rappresenta un elemento nuovo, di decisivo rilievo, di cui il Collegio deve tener conto.

All’odierna udienza i difensori intervenuti hanno illustrato le argomentazioni difensive svolte negli atti scritti, concludendo per il proscioglimento dei propri assistiti.

In particolare, tutti i difensori hanno ribadito l’eccezione di nullità dell’atto di riassunzione per la mancata indicazione delle parti nei cui confronti si è inteso proseguire il giudizio. Hanno, inoltre, lamentato la mancata formulazione di nuove conclusioni in relazione alla sentenza di assoluzione con cui si è concluso il processo penale in attesa della cui definizione era stato sospeso il giudizio contabile.

L’avv. Greco ha rilevato che la produzione da parte della Procura di

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documentazione relativa ad altri procedimenti nel giorno di scadenza del termine per il deposito non ha consentito di replicare.

L’avv. Giorgi ha sottolineato che la sopravvenuta sentenza penale ha contraddetto l’impostazione dell’atto di citazione, negando la sussistenza di un concorso di condotte dolose preordinate a conseguire illecitamente il contributo. In ogni caso, dovendo escludersi la sussistenza del dolo, nella specie ciò che rileva è che sia stato mantenuto l’equilibrio tra mezzi pubblici e privati (il contributo è stato erogato nell’importo previsto e la Stoppani ha provveduto ad eseguire, oltre ai lavori finanziati con imputazione ai fondi comunitari, tutti i lavori previsti dalla convenzione a proprio carico) e che le opere approvate fossero funzionali alla bonifica.

L’Avv. Ortino, dopo aver rilevato che la Procura ha prodotto, oltre ad atti relativi ad un diverso procedimento, solo i verbali di alcune deposizioni testimoniali, ha chiesto l’acquisizione di tutti gli atti del procedimento penale.

Il Pubblico ministero, premesso che altri soggetti - tra cui il dott. Carieri, direttore dei lavori dal settembre 1997 - hanno avuto un ruolo rilevante nella vicenda e che la Procura ha depositato il dispositivo di una sentenza penale di condanna per disastro ambientale nei confronti del Bruzzone, ha chiesto un rinvio di 180 giorni per poter integrare il contraddittorio e per acquisire le motivazione della sentenza, non potendosi escludere che dalle stesse emergano elementi rilevanti nella vicenda in trattazione.

Il requirente ha quindi respinto tutte le censure in ordine alla validità dell’atto di riassunzione, osservando che nella specie non è stato riassunto un giudizio interrotto, ma è stata richiesta al giudice la fissazione di udienza per la prosecuzione di un giudizio sospeso; anche se non sono state indicate le parti, è stato comunque riportato il numero del giudizio e tutte le parti si sono costituite, per cui non può essere dichiarata la nullità dell’atto, avendo lo stesso raggiunto il proprio scopo. Nessuna interruzione deve essere dichiarata in conseguenza del fallimento, essendo stato il giudizio instaurato nei confronti della curatela.

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Respinge anche l’eccezione di difetto di giurisdizione, in quanto è la Società ad avere percepito il finanziamento e solo il percettore, come chiarito dalla Cassazione con sentenza n, 20434/2009, può considerarsi destinatario del finanziamento: è la Società, infatti, che, sulla base della convenzione, in caso di inadempimento deve rimborsare il contributo; inoltre, è significativo che la Regione sia stata chiamata a vigilare sulla corretta utilizzazione dello stesso, dal momento che il controllo sarebbe stato affidato al Ministero se fosse stata la Regione la beneficiaria del finanziamento. Il P.M. ha anche respinto l’eccezione di prescrizione sulla base dei principi affermati nella sentenza delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 2/QM/2003, secondo cui il termine quinquennale di prescrizione decorre dal collaudo finale. Lo stesso ha ancora precisato che, in ogni caso, l’ultimo pagamento è avvenuto nell’agosto 2000 e che, pertanto, attesa l’idoneità dell’atto di costituzione in mora dell’aprile 2005, in base alla sentenza delle SS.RR. n. 14/QM/2000, il termine prescrizionale era stato validamente interrotto dalla Procura.

Passando al merito, ha contestato l’efficacia preclusiva della sentenza penale di assoluzione, non essendo applicabile al giudizio di responsabilità amministrativa l’art. 652 c.p.p., il quale presuppone la costituzione di parte civile del danneggiato, attività che il Pubblico ministero contabile non può svolgere.

Per il resto ha illustrato le argomentazioni svolte nell’atto introduttivo del giudizio con particolare riferimento alla non corretta esecuzione della bonifica per non essere stati trattati i quantitativi di terra collaudati e per non avere la Società utilizzato per il ripristino terre inerti di cava, atteso che sono stati riscontrati sulla spiaggia quantitativi di cromo che non avrebbero potuto essere rinvenuti su materiale di cava .

Nel concludere ha chiesto il rinvio o la sospensione del giudizio, confermando per il resto tutte le domande formulate in citazione e dichiarando di non opporsi ad eventuali consulenze tecniche d’ufficio.

I difensori, cui è stato concesso di replicare brevemente con particolare riferimento

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alle nuove richieste formulate dal P.M., si sono opposti tutti al rinvio o alla sospensione del giudizio.

I difensori si sono opposti, in particolare, alla richiesta di acquisire gli atti di un processo penale per disastro ambientale, in quanto non supportata da alcun elemento sulla loro rilevanza.

L’avv. Raggi ha eccepito in proposito l’inaccoglibilità della richiesta, atteso che la stessa è stata formulata dal requirente in vista della mera eventualità che da una sentenza, relativa a fattispecie diversa da quella dedotta nel presente giudizio, possano emergere elementi rilevanti. E tale richiesta risulterebbe, ad avviso dello stesso singolare, ove si consideri che il Procuratore regionale non ritiene che debba tenersi conto delle prove testimoniali acquisite e della ricostruzione operata nella sentenza penale passata in giudicato, avente per oggetto gli stessi fatti su cui la Sezione è chiamata a pronunciarsi.

L’avv. Delfino, con riferimento alla ritenuta inapplicabilità dell’art. 652 c.p.p., ha sottolineato che sono la CEE e la Regione che avrebbero potuto costituirsi parte civile e non lo hanno fatto.

Con riferimento al mancato utilizzo di materiale inerte di cava per il ripristino della spiaggia, l’avv. Ortino ha eccepito che nel territorio, di cui trattasi, il cromo si riscontra nel terreno per le sue caratteristiche geologiche.

Al termine dell’udienza il giudizio è stato trattenuto per la decisione. Considerato in

DIRITTO
Oggetto del presente giudizio è la richiesta di risarcimento del danno cagionato, con

dolo o colpa grave, alla Regione Liguria, in relazione al “Programma di bonifica della zona costiera della foce del torrente Lerone”, cofinanziato con fondi comunitari, dalla società “Luigi Stoppani S.p.A.”, affidataria dei lavori, in concorso con i signori Pirondini Valerio e Bruzzone Giuseppe, dirigenti della società predetta, Polleri Giambattista, collaudatore dei

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lavori, e con i signori Parisi Vincenzo, Castello Renzo, Schena Gaetano e Grassi Antonella, dirigenti e funzionari regionali.

L’azione risarcitoria viene esercitata, in via principale, per totale inadempimento della obbligazione di risultato (bonifica dell’intera area interessata) assunta dalla società Stoppani nei confronti della Regione, ovvero, in subordine, per inadempimento parziale, per avere conseguito la Società la liquidazione a carico dei fondi comunitari di “attività e oneri non previsti a progetto oppure previsti e non realizzati”.

• Sull’eccezione di nullità della riassunzione e di proposizione fuori termine della stessa

In rito occorre, innanzi tutto, esaminare l’eccezione di nullità o inesistenza dell’atto di riassunzione per violazione degli artt. 26 del r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, 297 cod. proc. civ. e 125 disp. att. cod. proc. civ., sollevata dai convenuti per la mancata indicazione del nome delle parti, dei loro difensori e delle domande proposte, nonché per tardività dello stesso.

Al riguardo, osserva il collegio che per la prosecuzione del processo sospeso l’art. 297 c.p.c., nella specie applicabile, prevede una mera istanza al giudice di fissazione di una nuova udienza nel termine perentorio di sei mesi dalla cessazione della causa di sospensione (Corte conti, Sez. I, sent. n. 28 del 2006).

D’altra parte, va anche sottolineato che, secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, “la nullità dell'atto di riassunzione non deriva dalla mera mancanza di uno o più dei requisiti di cui all'art. 125 disp. att. c.p.c., bensì dalla impossibilità del raggiungimento dello scopo per effetto della mancanza degli elementi essenziali” (Cass. n. 21071 del 2009).

Alla luce dei principi suesposti, il collegio ritiene che, nella specie, l’istanza di riassunzione possedesse i requisiti necessari a riattivare il processo quiescente, considerato che è stato esattamente indicato il giudizio che si intendeva riassumere e che l’atto, recante l’inequivoca volontà di proseguire il giudizio, è stato regolarmente proposto nel termine di sei

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mesi dalla cessazione della causa di sospensione nei confronti di tutte le parti.

In proposito appare particolarmente significativo che anche l’avv. Gerbi - il quale, rappresentando due dei convenuti, lamenta l’impossibilità di individuare a quale dei propri assistiti sia riferibile ciascuno dei due atti di riassunzione a lui notificati - abbia prodotto due puntuali e articolate memorie, una per il Pirondini ed una per il Bruzzone, sì che pure in tal caso, come per gli altri convenuti costituiti, può affermarsi che l’atto ha raggiunto anche in concreto lo scopo a cui era destinato.

Priva di pregio appare anche l’eccezione, sollevata dagli avv.ti Mozzati e Stagnaro per la convenuta Grassi, di tardività dell’atto di riassunzione per essere avvenuta la notifica dello stesso oltre il termine di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione ex art. 297 c.p.c.. Ed invero, tale termine più breve - rispetto a quello di sei mesi, previsto in precedenza – è stato introdotto dall’art. 46, comma 12, della legge 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009 (data della sua entrata in vigore).

Orbene, poiché, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, la disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore, trattandosi nella specie di un giudizio incardinato nel 2007, l’eccezione, oltre che infondata, appare pretestuosa.

Con specifico riferimento, poi, alla lamentata mancanza di un richiamo alle domande formulate con l’atto introduttivo, è sufficiente rammentare che l’istanza di riassunzione non è volta ad introdurre un nuovo procedimento, ma ha la funzione di riattivare un procedimento già iniziato tra le parti, di cui le stesse hanno pertanto piena conoscenza. Di conseguenza, non è necessario che siano riproposte le domande dell’originario atto di citazione, in quanto “se nell’atto di riassunzione non sono state riproposte le pretese avanzate in precedenza dalla parte, queste, in mancanza di elementi contrari, devono intendersi immutate” (Corte conti, Sez. Emilia Romagna, sent. n. 1071 del 2001; in termini, Cass. sent. n. 21903 del 2004).

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Parimenti, in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di nullità della citazione sollevata dalla convenuta Grassi per non essere stato precisato alcunché in ordine agli addebiti contestati ed agli elementi costitutivi della domanda.

A tale riguardo osserva la Sezione che, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito al numero 3 dell’art. 163 (la cosa oggetto della domanda) ovvero se manca “l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda”, di cui al numero 4 dello stesso articolo.

La nullità della citazione postula, dunque, la totale omissione o l'assoluta incertezza in ordine al petitum o alla causa petendi; tale ipotesi di assoluta incertezza non ricorre, però, quando, come nella specie, l’oggetto e le ragioni della domanda siano individuabili attraverso un esame complessivo dell'atto (Cass., sez. III, 28 agosto 2009, n. 18783).

Ed invero, con l’atto introduttivo del giudizio il requirente ha contestato specificamente alla Grasso di avere omesso, dolosamente o con colpa grave, nella sua nella qualità di funzionaria responsabile del procedimento di liquidazione della spesa, la dovuta attività di controllo e verifica per avere la stessa sottoscritto il decreto n. 728 dell’1.8.2000 e, quindi, attestato, contrariamente al vero, come sottoscritto dal Dirigente competente il certificato di collaudo parziale del 31.1.2000, sulla cui base è stato disposto il pagamento dei lavori, che lo stesso assume non effettuati o non ammissibili al finanziamento comunitario.

Per i motivi suesposti, l’eccezione è infondata e, pertanto, deve essere respinta.

Ancora in rito deve respingersi la domanda di dichiarare l’interruzione del processo, in conseguenza del fallimento dell’Immobiliare Val Lerone, essendo stata la predetta Società citata in riassunzione, ai sensi dell’art. 299 c.p.c., in persona del curatore.

Devono parimenti essere respinte le istanze di integrazione del contraddittorio nei confronti di altri soggetti avanzate da alcuni convenuti e dal pubblico ministero, il quale ha

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anche chiesto il rinvio del giudizio “per acquisire le motivazione di altra sentenza penale riguardante taluno dei convenuti condannato per disastro ambientale, non potendosi escludere che dalla stessa emergano elementi rilevanti nella vicenda in trattazione”.

Con riferimento alle domande di integrazione del contraddittorio, si osserva che la coesistenza di una pluralità di rapporti risarcitori non integra un’ipotesi di litisconsorzio necessario.

Infatti, se l’obbligazione è solidale, ove sia accertata la natura dolosa della responsabilità, la stessa determina la costituzione non già di un unico ed inscindibile rapporto obbligatorio con pluralità di soggetti, bensì di tanti rapporti obbligatori, fra loro distinti, quanti sono i condebitori in solido, per cui è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati (ex plurimis, Cass. n. 379/2005).

Se l’obbligazione è parziaria, il giudizio si svolge solo relativamente ai condebitori nei cui confronti è stato incardinato il giudizio, limitatamente alla loro quota di responsabilità, restando impregiudicata la possibilità per la Procura di esercitare in un secondo momento l’azione di responsabilità nei confronti di coloro che sono rimasti estranei al giudizio.

Di conseguenza, non ricorrendo nel caso di specie un’ipotesi di litisconsorzio necessario, le richieste di integrazione del contraddittorio formulate dalle parti debbono essere respinte.

Inoltre, quanto alla richiesta di rinvio, osserva la Sezione che, con l’acquisizione della sentenza penale irrevocabile pronunciata dal Tribunale di Genova sugli stessi fatti oggetto del giudizio contabile, il processo risulta sufficientemente istruito, né, d’altra parte, sarebbe coerente con il principio della ragionevole durata del processo ritardare ulteriormente la conclusione del presente giudizio in relazione ad esigenze istruttorie, la cui utilità nella stessa prospettazione attorea appare meramente ipotetica.

• Sull’eccezione di difetto di giurisdizione

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In via pregiudiziale deve, a questo punto, essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dai convenuti Bruzzone e Pirondini, secondo i quali, la Corte dei conti sarebbe priva di giurisdizione nei confronti della Società Immobiliare Val Lerone s.p.a. (ex Luigi Stoppani s.p.a.) e dei suoi dirigenti, trattandosi di soggetti privati non legati da rapporto di impiego o di servizio con alcuna Pubblica Amministrazione.

Gli stessi sostengono, inoltre, che, essendo stato il finanziamento accordato alla Regione Liguria, la Società Luigi Stoppani era mera appaltatrice di opera pubblica.

Al riguardo occorre premettere che, com’è noto, a seguito del progressivo operare dell’Amministrazione tramite soggetti non organicamente inseriti nella stessa e dell’estendersi dell’attività svolta secondo gli schemi propri del diritto privato, l’orientamento della Corte regolatrice della giurisdizione è da tempo approdato ad una nozione ampia di rapporto di servizio non necessariamente organico con la Pubblica Amministrazione, ma anche solo “funzionale”, cioè “caratterizzato dall’inserimento del soggetto esterno nell’iter procedimentale dell’ente pubblico come compartecipe dell’attività a fini pubblici di quest’ultimo” (Cass. sent. n. 3899 del 2004).

In armonia con tale più ampia nozione di rapporto di servizio, la Corte di cassazione ha ritenuto irrilevante, ai fini dell’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti, sia la qualità del soggetto (che può essere un privato o un ente pubblico) sia il titolo in base al quale viene gestito il pubblico denaro, potendo lo stesso consistere non solo in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto privato, in quanto “ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto .............. alla natura del danno e degli scopi perseguiti,.... cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo di essere del programma imposto dalla pubblica amministrazione, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e l'incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento delle finalità perseguite, egli realizza

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un danno per l'ente pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano.... ” (Cass. SS.UU., n. 4511 del 2006).

Posto, dunque, che sono la natura pubblica delle risorse finanziarie rispetto alle quali si è concretato il danno e la loro destinazione al perseguimento di un fine pubblico a determinare l’incardinazione della giurisdizione, nessun dubbio può sussistere sulla soggezione alla giurisdizione contabile della società tratta a giudizio, attesa l’avvenuta instaurazione di un rapporto di servizio tra la Stoppani e la Pubblica Amministrazione per effetto della convenzione stipulata nel marzo 1995 tra la Società predetta e la Regione Liguria.

Nella specie, infatti, la Società Stoppani, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del Bruzzone e del Pirondini, non era mera appaltatrice dei lavori oggetto della convenzione, dal momento che alla stessa non fu affidata la semplice esecuzione di determinati lavori, ma la realizzazione del “Programma di riassetto e riqualificazione ambientale della zona costiera della foce del Torrente Lerone” (D.G.R. n. 9121 del 2004) in relazione al quale avvenne l’erogazione, attraverso la Regione ed il Ministero dell’ambiente, del finanziamento di lire 7.140.000.000 a carico di fondi comunitari. Fu, dunque la Stoppani, e non la Regione Liguria ad essere la destinataria del finanziamento, tanto è vero che, ai sensi dell’art. 3 del D.M. 7 luglio 1993, sulla Regione gravava “un generale onere di vigilanza sull’attuazione degli interventi finanziati...”, compito che presupponeva l’alterità della Regione rispetto al soggetto investito della realizzazione del programma comunitario, nella specie, per l’appunto, la Società Stoppani.

Ed il rapporto di servizio instauratosi con la Società, che per la parte di attività dedicata all’attuazione del Programma pubblico è da considerare inserita nell’organizzazione formale dell’ente Regione, vale ad escludere che i fondi pubblici possano essere riguardati come corrispettivi di prestazioni contrattuali, anziché come

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finanziamenti da impiegare nell’attuazione del programma comunitario.

Quanto alla censura secondo cui non sussisterebbe in ogni caso la giurisdizione nei confronti dei dirigenti della società che hanno agito per la stessa, avendo questi un rapporto organico solo con la Società, si osserva che rientra nella giurisdizione della Corte dei conti il giudizio di responsabilità amministrativa per danno erariale, riguardante fatti commessi da amministratori o dipendenti di ente, che, ancorché privato, è destinatario di contributi comunitari distratti dal fine pubblico cui erano destinati (Cass. Sezioni unite, n. 20132 del 2004 e n. 9963 del 2010).

Inoltre, posto che, ai fini del radicamento della giurisdizione contabile, risultano decisivi essenzialmente l’oggettivo perseguimento di interessi pubblici e la qualificazione pubblica delle risorse rispetto alla quali si è verificato l’evento dannoso, va precisato che “per incardinare la giurisdizione della Corte dei conti è necessaria e sufficiente l’allegazione di una fattispecie oggettivamente riconducibile allo schema suindicato. Afferisce invece al merito ogni problema relativo all’effettiva esistenza del danno e del rapporto di impiego o di servizio del suo autore” (Cass. SS.UU. n. 24672 del 2009).

Conclusivamente, deve pertanto affermarsi la giurisdizione di questa Corte sia sulla società sia sui dirigenti della stessa qui convenuti, non essendovi dubbio che questi ultimi, secondo la prospettazione di parte attrice, si siano attivamente e dolosamente inseriti nel procedimento che ha portato all’erogazione della spesa.

• Sull’eccezione di prescrizione
Sempre in via preliminare deve essere esaminata l’eccezione, sollevata da tutte le

parti costituite, di inammissibilità dell'azione per intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno, sia con riguardo alla domanda di condanna per “inadempimento totale” sia con riguardo alla domanda di condanna per “inadempimento parziale”.

Al riguardo osserva, infatti, il collegio che nelle ipotesi di danni erariali collegati all’esecuzione di lavori pubblici, secondo il consolidato orientamento della Corte dei conti

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(cfr. Sezioni Riunite n. 2/2003/QM del 15 gennaio 2003), l’esordio della prescrizione va collocato nel momento in cui, con la presentazione del collaudo finale, viene assoggettata a verifica tutta l’attività espletata nel corso dell’opera e divengono definitivi i rapporti giuridici derivanti dal contratto di appalto; dunque, è con il collaudo finale che l’eventuale danno acquista i caratteri di certezza e attualità necessari per poter essere fatto valere nel giudizio di responsabilità amministrativa.

Né il fatto che siano intervenuti collaudi in corso d’opera, può valere a modificare la data di esordio della prescrizione, in quanto nella specie i lavori si riferiscono ad un unico programma, i cui lavori sono stati certificati definitivamente nel maggio 2002, anno in cui è stato chiuso il programma stesso.

Sulla base dei principi suesposti, nel caso di specie, considerato che l’atto di collaudo finale fu emesso l’11.5.2002, nel momento in cui fu notificato ai convenuti l’atto introduttivo del giudizio (aprile del 2007) il termine quinquennale di prescrizione - peraltro già interrotto con l’avvenuta costituzione in mora dei convenuti nell’aprile 2005 e la notifica dell’invito a dedurre nel settembre 2006 - non era ancora interamente decorso.

Di conseguenza, l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale è infondata e, in quanto tale, deve essere rigettata.

• Sulla domanda proposta, in via principale, di risarcimento per inadempimento totale

Passando all’esame delle altre questioni di merito, ai fini della definizione del giudizio, occorre anzitutto verificare l’efficacia esplicata nel processo contabile dalla sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento.

In proposito la Sezione ritiene di dover confermare il proprio orientamento, secondo cui anche nel giudizio amministrativo-contabile trova applicazione l’art. 652 del codice di procedura penale, in forza del quale la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, al pari di quella di condanna (ex art. 651 c.p.p.), “ha

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efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'articolo 75, comma 2” (Sez. Liguria, sent. n. 315 del 2008; cfr.: Sez. I Centr., n. 211 del 2005 e n. 14 del 2008; Sez. II Centr. n. 289 del 2006).

Tale interpretazione <<risulta attestata e rafforzata dall'emendamento apportato all'art. 652 c.p.p. dalla novella recata dall'art. 9 della legge n. 97/2001 il quale, introducendo la precisazione che l'efficacia di giudicato della sentenza penale assolutoria irrevocabile opera nel giudizio civile o amministrativo per il risarcimento del danno non solo promosso “dal danneggiato” ma anche “nell'interesse dello stesso”, ha inteso riferirsi al “procedimento di responsabilità erariale dinanzi alla Corte dei conti”, come emerge in maniera palese dai lavori parlamentari, rendendo così evidente ed inequivocabile il riferimento al Procuratore Regionale della Corte dei conti, quale esclusivo soggetto legittimato all'esercizio dell'azione risarcitoria contabile>> (Sez. I Centr., n. 387 del 2007; Cfr., ex plurimis, Sez. II n. 289 del 2006; Sez. III n. 75 del 2007).

Chiarito che tale norma trova applicazione anche nei giudizi di responsabilità amministrativa, occorre però precisare che non esiste alcun automatismo tra l’assoluzione penale e l’esito del processo contabile; ciò, innanzi tutto, in quanto il P.M. contabile può imputare a titolo di omissione di doveri di servizio e di negligenza una condotta che in sede penale viene contestata a titolo di dolo.

Il giudicato penale va, dunque, valutato caso per caso, tenendo conto dell’effettivo accertamento contenuto nella sentenza di assoluzione: la formula assolutoria “perché il fatto non sussiste”, non è necessariamente rappresentativa dell’insussistenza del fatto materiale,

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potendo, invece, esprimere – pur in presenza del fatto fenomenico – la mancanza di taluno degli elementi di cui si compone il fatto-reato.

Inoltre, il giudicato penale di assoluzione produce gli effetti preclusivi previsti dall’art. 652 c.p. “solo quando contiene un effettivo accertamento dell’insussistenza del fatto o dell'impossibilità di attribuirlo all'imputato e non quando l'assoluzione sia motivata con la mancanza di sufficienti elementi di prova in ordine al fatto o all'attribuibilità di esso all'imputato” (Cass. 19.5.2003, n. 7765; cfr.:Cass. 13.12.1996, n. 11162; Cass. 30.3.1998, n. 3330).

L’affermata limitazione degli effetti preclusivi del giudicato penale trova, peraltro, un significativo riscontro nel fatto che nel nuovo codice di procedura penale non sia stato riprodotto l'art. 25 del precedente codice del 1930, che precludeva l'azione civile anche nel caso in cui, in sede penale, fosse stato dichiarato non essere sufficiente la prova che il fatto sussistesse o che l'imputato l'avesse commesso.

Il collegio, nel prestare adesione a detti principi, affermati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione con riferimento al giudizio civile, ma pienamente applicabili anche al giudizio amministrativo-contabile (ex plurimis, Corte conti, Sez. I sent. n. 387/2007; Sez. Lazio n. 844/2007), ritiene, di conseguenza, che l’assoluzione penale non precluda l’azione di responsabilità nei casi in cui la pronuncia penale si concretizzi in una valutazione di insufficienza dell’apparato probatorio, il quale “può essere tuttavia sottoposto alla autonoma valutazione del giudice contabile e ritenuto sufficiente, secondo i propri parametri, per consentire l’affermazione di una responsabilità amministrativa” ( Corte conti, Sez. I n. 387/2007, cit.).

Ciò premesso e venendo al caso di specie, come meglio sopra riferito, l’ “insussistenza del fatto” relativamente all’avvenuta fraudolenta imputazione a carico dei fondi comunitari delle spese per la progettazione e direzione dei lavori della bonifica dell'arenile (capo a), per la predisposizione e realizzazione della discarica di cava Molinetto

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(capo b), per il pagamento del premio della polizza fideiussoria (capo c), per gli oneri di collaudo (capo d) - è stata dichiarata dal giudice penale per mancanza degli “artifizi e raggiri” o del “vantaggio patrimoniale” (capo c), quindi per la carenza di elementi propri delle norme incriminatrici – artt. 640 bis c.p. e 323 c.p.; mentre con riferimento all’imputazione di aver posto a carico della CE maggiori quantitativi trattati di terre t/n (capo d) il giudice ha assolto gli imputati “perché il fatto non sussiste”, ai sensi dell’art. 530, cpv, del c.p.p., in quanto “non può escludersi con sufficiente certezza che i quantitativi trattati dall’impresa furono quelli da essa indicati e riconosciuti dal collaudatore”.

Dunque, alla luce delle considerazioni svolte, nella specie, scaturendo l’insussistenza del fatto dalla mancanza di un elemento della fattispecie incriminatrice o dalla mancanza di prove sufficienti, nessuna preclusione deriva per questo giudice dalla sentenza penale di assoluzione pronunciata in relazione ai medesimi fatti posti a base del presente giudizio di responsabilità amministrativa.

Resta fermo che, per il principio della unicità della giurisdizione, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, il giudice può utilizzare le prove raccolte in diverso giudizio fra le stesse o altre parti (consulenze tecniche, acquisizioni documentali, dichiarazioni testimoniali ecc...), come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, al fine di trarne non solo semplici indizi o elementi di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva (ex plurimis, Cass. n. 11426/2006; Id. n. 8585/1999; id. n. 2839/19977; Cfr., Corte conti, Sez. Prima, n. 56 del 2010).

Tanto premesso, il collegio è chiamato, in primo luogo, a verificare se vi sia stato il totale inadempimento delle obbligazioni (di risultato) assunte con la convenzione dalla Società Stoppani e, in particolare, dell’obbligazione di realizzare la bonifica del tratto di arenile interessato, secondo il “Programma di riassetto e riqualificazione ambientale della costiera della Foce del Torrente Lerone”, in relazione al quale il requirente ha avanzato, in via principale, nei confronti della predetta Società e degli altri convenuti, domanda di

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risarcimento di danno erariale per l’intero importo del contributo comunitario.

In merito osserva il collegio che l’imputazione di totale inadempimento dell’obbligazione - assunta dalla Stoppani con la convenzione del 1995 - di realizzazione della bonifica dell’area inquinata da cromo esavalente su cui insisteva lo stabilimento della Società, poggia precipuamente sui risultati della caratterizzazione condotta sul sito dall’Arpal, che rivelarono nell’area oggetto della bonifica Envireg concentrazioni di CR VI superiori a 100 mg/Kg.. In particolare, osserva il requirente che “ Nel punto AR 15 a profondità di 2 m è stato riscontrato un valore di CR VI pari a 126 ppm e a profondità di 3 m di 107 ppm valutato ricalcolando la concentrazione di CrVI sull’intera massa del campione (e non sulla sola frazione passante 2mm)” e detto punto “era da considerarsi rappresentativo di un’area pari a 2.500 mq, pari al 21% di tutta l’area Envireg”.

La bonifica non sarebbe stata eseguita a regola d’arte, dal momento che l’area maggiormente inquinata è risultata essere proprio l’arenile sulla sponda orografica destra della foce del Torrente Lerone in cui la stessa fu realizzata; in particolare, la Società non avrebbe adempiuto all’obbligo di asportare dall’arenile le terre contaminate da cromo esavalente stimate a progetto in 14.000 metri cubi, pari a circa 28.000 tonnellate.

La Sezione non ritiene che le prove dedotte dall’accusa siano idonee a dimostrare la mancata realizzazione della bonifica in conformità al progetto approvato ed al Programma ammesso al finanziamento Envireg.

Anzitutto occorre considerare che, contrariamente a quanto ritenuto dal requirente, il quale ha anche contestato il mancato rispetto delle linee guida relative agli interventi di bonifica approvate con D.G.R. n. 3811/97, il Programma di riqualificazione, oggetto della convenzione del 31 marzo 1995, prevedeva la rimozione dalla spiaggia delle terre e dei sedimenti inquinati da Cromo esavalente in concentrazione superiore a 100 mg/Kg, essendo questo l’obiettivo del Programma Envireg. In tal senso risultano anche le prescrizioni della D.G.R. n. 3232/95 - ex D.P.R. n. 915/82 all’epoca vigente - con cui venne, tra l’altro,

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approvato il progetto concernente la bonifica dell’arenile; né, d’altra parte, ai fini della verifica del raggiungimento di tale obiettivo, può tenersi conto della legislazione successiva, che, nel dettare nuove norme tecniche e linee guida, ha previsto concentrazioni massime di cromo esavalente pari a 10 mg/Kg, limite dieci volte inferiore a quello preso come riferimento per la bonifica dell’arenile, al cui rispetto si era contrattualmente obbligata la Stoppani.

Tanto considerato, il collegio non condivide neppure il giudizio di assoluta inattendibilità espresso dal Procuratore regionale in ordine alle conclusioni della Provincia di Genova – ente preposto al controllo delle relative operazioni – che con relazione del 02.12.1998 ritenne la bonifica “completata per la parte inerente la rimozione del materiale inquinato da cromo VI con concentrazioni superiori a 100 mg/kg e la successiva sostituzione con materiale inerte idoneo”.

In particolare, i funzionari della Provincia di Genova Paola Fontanella, Fulvio Audino e Alessandro Ambrosiani - i quali, va sottolineato, non sono stati coinvolti nel giudizio di responsabilità dal requirente, che pure ha espresso un così severo giudizio - nel certificare l’avvenuto raggiungimento dell’obiettivo del Progetto Envireg, hanno precisato che “In corso d’opera si era comunque già constatato visivamente che l’intervento di rimozione delle terre inquinate si era spinto al di là di quanto previsto dal progetto”.

Tale affermazione ha trovato pieno riscontro nella testimonianza resa in sede penale dal sig. Parodi, il quale seguì i lavori della bonifica per l’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Cogoleto.

Il Parodi ha, infatti, dichiarato in tale sede che faceva periodicamente dei sopralluoghi e di ricordare per quanto riguarda la bonifica che andava “a verificare che asportassero completamente il materiale per il quale dovevano asportarlo c’erano le gru c’erano le ruspe che erano arrivati alla cosiddetta beach rock che era proprio...grattavano proprio sul fondo e non ce n’era più terra”.

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D’altra parte, non può trascurarsi che le riferite conclusioni vennero assunte da funzionari dell’Amministrazione provinciale che avevano seguito personalmente le operazioni di bonifica, sulla base delle analisi effettuate, a lavori ultimati, dal Laboratorio chimico del Presidio Multizonale di Prevenzione di Genova (attuale Arpal) su campioni prelevati, secondo la metodologia prevista dalla DGR 3811/1997, il 3.02.1998, a 2.5 m di profondità in 5 punti dell’area del primo lotto bonificato, con riferimento ai quali i valori di CR VI risultarono nei limiti previsti, e su campioni prelevati nei giorni 22.04.1998 e 8.05.1998, in superficie, in 11 punti dell’area del secondo lotto, relativamente ai quali le analisi evidenziarono la totale assenza di cromo VI.

Non solo, i predetti tennero anche presenti i risultati delle analisi dei campioni prelevati – durante l’esecuzione della bonifica - dal fondo di sei trincee nei sopralluoghi del 24 novembre e del 18 dicembre 1997 (nei 2 casi in cui furono riscontrati valori superiori a 100 mg/Kg la Stoppani provvide ad un’ulteriore rimozione del materiale fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati).

Le surriferite prove documentali non possono, ad avviso del collegio, essere superate dalla ritenuta insufficienza delle analisi condotte dal P.M.P.: lamenta, infatti, il requirente che “la valutazione dell’idoneità del materiale destinato a riempimento è stata effettuata solo una volta.......nonostante le ripetute richieste formulate, tra settembre e ottobre 1997, dalla Regione Liguria e dal Comune di Cogoleto”, avendo gli operatori dell’USL 3 Genovese provveduto solo il 5.11.1997 ad effettuare i prelievi.

Tali censure, le quali riguardano esclusivamente il comportamento di funzionari della USL n. 3, peraltro non coinvolti dall’azione di responsabilità, non solo non sono di per sé idonee a provare che la bonifica non sia stata compiuta a regola d’arte, ma evidenziano, anzi, l’impegno - quanto meno con riferimento a tale specifica contestazione - posto dai funzionari regionali nell’esercizio di quella vigilanza, di cui l’Accusa contesta la totale mancanza.

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Né in presenza dei predetti documenti che attestano i risultati della bonifica, possono costituire prova della mancata effettuazione della stessa le diverse inadempienze addebitate, o soltanto rilevate, “in punti diversi” di una lunga e articolata citazione, alla Stoppani, ai suoi dirigenti, al collaudatore e ai funzionari della Regione, quali l’utilizzo del Mick, anziché del Forno 70, la presenza di cromo esavalente in concentrazione inferiore a 1 mg/Kg in materiale destinato al riempimento accantonato sulla spiaggia, l’impiego di materiale non inerte di cava per il riempimento delle trincee e, più in generale, le modifiche apportate al progetto di bonifica dell’arenile.

Il mancato utilizzo del Forno 70, il limitato impiego di materiale bonificato di provenienza della spiaggia per il ripristino degli scavi effettuati, come pure tutte le modifiche alle modalità di conduzione dei lavori progettati, sono stati giustificati dalla Stoppani, espressamente valutati ed autorizzati dagli Organi addetti al controllo e, soprattutto, le contestate inadempienze, sulla base dei rilievi tecnici effettuati non sembra abbiano influito significativamente sull’obiettivo della bonifica, secondo le prescrizioni della normativa dell’epoca.

In relazione alle modifiche apportate alle modalità di esecuzione dei lavori occorre anche considerare che il termine per la realizzazione della bonifica, indicato dalla convenzione nella data del 31.3.1999 (quattro anni dalla stipulazione della stessa) fu spostato al 31 dicembre 1997, a seguito della nota del 2 ottobre 1996, con cui il Ministero dell’ambiente comunicò alla Regione il termine finale per la realizzazione dei lavori coperti da finanziamento U.E. dei Progetti Envireg. Per cui, tenuto anche conto che per l’indisponibilità dell’ex cava di Molinetto - dove avrebbero dovuto essere stoccate definitivamente le terre asportate dall’arenile - i lavori affidati con la D.G.R. n. 9121/94 “non hanno potuto avere inizio.... sino al 1° aprile 1997, quando è stata autorizzata dalla Provincia di Genova” (D.G.R. n. 3191/1997) e che gli stessi furono interrotti durante il periodo di balneazione (testimonianza nel processo penale dell’Agente della Polizia

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Forestale Greco Simona), la bonifica che avrebbe dovuto avere una durata di quattro anni finì per essere compiuta in circa quattro mesi. Conseguentemente, non può non rilevarsi come le implicazioni sulle modalità di conduzione della bonifica siano state, in gran parte, una conseguenza prevedibile della nuova tempistica dei lavori approvata dall’organo deliberante della Regione.

Neppure ritiene il collegio che rappresentino prova idonea a dimostrare la non corretta esecuzione della bonifica le analisi fatte dall’Arpal nel 2004, le quali hanno riscontrato valori superiori a 100 mg/Kg in due soli campioni prelevati a diverse profondità nell’unico punto AR 15.

Ed invero, il teste Pucci, geologo presso l’ARPAL, escusso nel processo penale (ud. del 27/5/2009), oltre a dichiarare che il piano di caratterizzazione effettuato in tale circostanza era diretto a verificare lo stato di contaminazione dell’area sulla base dei limiti vigenti nel 2004, ha precisato che “i valori e le analisi che vennero eseguite in quell’anno cioè sui campioni prelevati aprile 2004, erano in riferimento a normativa vigente cioè il DM 471/99”, che prevedeva metodiche molto più rigorose rispetto a quelle impiegate nelle analisi della bonifica Envireg in cui “si spalmava in funzione della proporzione ..... di parte fine il valore a tutto il campione quindi si abbassava il valore”; conseguentemente, l’analisi “era più tollerante”, dal momento che “il valore di cromo esavalente totale si abbassava più significamene quanto più parte grossolana c’era ...in proporzione”.

Inoltre, non può non considerare questo organo giudicante che l’inquinamento riscontrato a distanza di circa otto anni dalla bonifica, oltre ad essere influenzato dalle diverse modalità di effettuazione dei campionamenti e delle analisi, può essere stato determinato da fatti successivi, quali gli sversamenti accidentali dei residui della produzione della fabbrica che proseguì fino al 2002, lo spostamento di terre per effetto di mareggiate in una situazione di più ampio inquinamento, nonché l’evento calamitoso, verificatosi in data 21/9/2002 – come attestato dal Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 145 del

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25/9/2002 - in conseguenza delle forti precipitazioni, che causarono l’inquinamento del Torrente Lerone ed il trasporto a mare di materiale tossico stoccato lungo le sue rive.

Dunque, pur in presenza di gravi violazioni - come meglio sarà infra specificato - delle disposizioni in ordine alla tenuta di una contabilità separata, della mancata, o comunque non adeguata, collaborazione della Società nel mettere a disposizione del collaudatore i documenti contabili e i dati tecnici necessari al collaudo delle opere eseguite, di modifiche alle modalità di conduzione della bonifica (tra cui impiego del Mick in luogo del Forno 70), la Sezione per i motivi ampiamente suesposti ritiene che non possa essere accolta la domanda di restituzione dell’intero finanziamento, non risultando sufficientemente provato l’addebito contestato dalla Procura, in via principale, di “inadempimento totale, da parte della società Stoppani, alle obbligazioni (di risultato) assunte con la convenzione stipulata con la Regione Liguria”.

• Sulla domanda proposta, in via subordinata, di risarcimento per inadempimento parziale

Respinta, pertanto, la richiesta di risarcimento del danno per mancata realizzazione del risanamento dell’area interessata, alla cui attuazione era destinato il finanziamento comunitario, il collegio deve a questo punto affrontare le subordinate richieste dell’accusa e, più precisamente – lasciando per ultimo l’addebito di non aver effettuato il completo trattamento delle terre t/n provenienti dalla spiaggia, attese le diverse conclusioni che il collegio intende assumere in merito allo stesso - la domanda di risarcimento del danno patito dalla Regione Liguria in relazione a spese non previste dal “Programma di riassetto e riqualificazione ambientale della zona costiera della Foce del Torrente Lerone”, ma domandate, collaudate e poste a carico del finanziamento comunitario.

Trattasi, più specificamente, come sopra riferito, delle spese per la riqualificazione del Torrente Lerone ( lire 98.186.223), per la progettazione e la direzione dei lavori di bonifica dell'arenile (127.289.383 lire), per l'approntamento e la realizzazione della discarica

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di Cava Molinetto (lire 1.212.922.054), per il collaudo delle opere e delle attività a progetto (lire 79.473.240) e per il pagamento del premio della polizza fideiussoria che l’impresa ha dovuto accendere, ai sensi dell’art. 7 della convenzione del 30.3.1995, a favore della Regione Liguria a garanzia della corretta esecuzione delle opere alla stessa affidate (lire 208.845.000).

Tale domanda risulta infondata per l’insussistenza di danno per la Regione Liguria.

Con riferimento alla stessa deve, infatti, considerarsi che la Corte di cassazione, nel riconoscere la giurisdizione della Corte dei conti sui soggetti che fruiscono di finanziamenti comunitari, ha individuato in tali fattispecie un danno per l’Ente pubblico nell’ipotesi in cui il beneficiario, facendo un uso non corretto del contributo, determini uno sviamento dalle finalità per la cui realizzazione lo stesso è stato erogato. E’ nota, in proposito, l’affermazione giurisprudenziale secondo cui il beneficiario del contributo cagiona un danno all’ente pubblico “anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano.... ” (Cass. SS.UU., n. 4511 del 2006).

Ciò considerato, nella specie, nessun danno hanno patito le finanze regionali: non vi è stato, infatti, nessuno sviamento dal fine pubblico rappresentato dal disinquinamento ambientale, cui i fondi comunitari erano destinati, dal momento che tutte le spese che l’accusa assume essere state illegittimamente erogate alla Società risultano essere state tutte funzionali alla realizzazione del Programma ammesso a finanziamento.

Ed invero il Polleri, nel porre a carico della quota comunitaria dette spese, originariamente non previste, o previste a carico della Stoppani, ha diffusamente motivato (nelle relazioni di collaudo in corso d’opera al 31/12/97 del 20/4/1998 e di collaudo finale dell’11.5.2002, nonché nella relazione integrativa di “Acclarazione dei rapporti tra Regione Liguria e Società Stoppani” del 2/7/1998, relativamente alle spese di Cava Molinetto), la correlazione delle opere e delle attività in questione con il programma finanziato, esplicitando il carattere di onere implicito all’esecuzione dell’attività del costo della polizza

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fideiussoria, la prassi e l’opportunità di non porre a carico dell’esecutore dell’opera gli oneri di collaudo, il carattere necessario e funzionale alla bonifica della progettazione successiva dei lavori di riqualificazione del Torrente Lerone e di approntamento della cava di Molinetto (per stoccare in via definitiva le terre provenienti dalla spiaggia).

Inoltre, l’imputazione di tali spese ai fondi comunitari, proposta dal collaudatore Polleri – sulla base delle richieste degli organi rappresentativi della Società (Pirondini e Bruzzone) - ed approvata dalla Regione con decreto dirigenziale n. 126 del 30.6.1998 e n. 728 dell’1.8.2000 (con quest’ultimo decreto fu approvata l’imputazione ai Fondi CE delle spese per l’approntamento e la realizza della discarica Molinetto), fu sostanzialmente assentita anche dal Ministero dell’Ambiente, il quale, dopo aver ricevuto la relazione finale e il certificato di collaudo, con la nota dell’11 maggio 2000, autorizzò l’erogazione della somma a saldo.

Il Ministero dell’Ambiente, va sottolineato, era l’organo competente, ex art. 4, comma 4, del D.M. 7 luglio 1993, a verificare l’ammissibilità ai fini del “Programma comunitario” delle spese relative ai singoli interventi (nota Ministero dell’Ambiente alla Procura della Corte dei conti del 14 aprile 2005).

Le opere poste a carico del finanziamento sono state, infine, controllate dalla Commissione Europea, la quale ha indicato le spese che non ha ritenuto ammissibili (nota del Min. Amb. n. 79/2005, cit.).

Dunque, dall’esame degli atti suindicati - sulla cui base si è proceduto al finanziamento di opere ed attività originariamente non previste dalla scheda Envireg a carico dei Fondi CE – emerge con tutta evidenza che le spese in questione erano certamente strumentali e necessarie al programma comunitario, per cui il fatto che non sia stata seguita la procedura di variante e la mancanza di formale approvazione da parte della Giunta regionale della modifica del progetto non appaiono sufficienti a far ritenere dannose le erogazioni in questione, tanto più ove si consideri che il giudizio di ammissibilità fu espresso

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dal Ministero dell’Ambiente, che era l’autorità nazionale, avente competenza in materia (nota del Capo di Gabinetto del Min. Amb. del 23 febbraio 2005 (All. 78 alla nota del Corpo Forestale).

Con specifico riferimento alle spese per l’acquisizione e la trasformazione in discarica della cava Molinetto, particolarmente significativo appare, circa l'assenza del contestato danno erariale, il contenuto della relazione del 14 aprile 2005 fatta alla Procura regionale dalla dott.ssa Basile, dirigente del Ministero dell'Ambiente.

La dirigente rappresentava, infatti, nella stessa che il Ministero autorizzò l’ammissibilità della spesa a seguito di specifica richiesta della Regione Liguria, sottolineando che “la discarica era già prevista nel progetto generale ........ anche se non ne aveva previsto l’inserimento dei relativi costi nel programma comunitario” e che "è stata autorizzata l'ammissibilità al finanziamento e quindi la rendicontazione delle spese sostenute anche per la discarica in questione in quanto del tutto funzionale all'obiettivo del risanamento di un territorio demaniale di alto valore ambientale e paesaggistico. Tutte le opere e i lavori ammessi a contributo risultavano ammissibili nell'ambito dello strumento finanziario comunitario, che prevede la possibilità di finanziamenti anche in favore di soggetti privati.

L'approntamento della discarica di cava Molinetto è stato di importanza fondamentale per le operazioni di bonifica che si sono succedute....”.

Deve ancora osservarsi che l’indispensabilità della discarica per iniziare i lavori di bonifica della spiaggia risulta dallo stesso Programma Operativo approvato con deliberazione della Giunta regionale 7 agosto 1997 n. 3191, nel quale si dà atto che "a seguito della non disponibilità della discarica ... i lavori di bonifica affidati con deliberazione della Giunta Regionale n. 9121 del 29 dicembre 1994 non hanno potuto avere inizio, relativamente all'asportazione del materiale presente sulla spiaggia sino all’aprile 1997, quando è stata autorizzata dalla Provincia di Genova.... la discarica in Cava Molinetto" .

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Quanto all’assunto del Pubblico Ministero circa l’inammissibilità di tale spesa a fronte di un suo utilizzo del 3-4 % per le terre provenienti dalla bonifica, debbono ancora richiamarsi le precisazioni fornite dal competente dirigente del Ministero (l’Ufficio di Gabinetto aveva competenza per l’istruzione ed l’approvazione del programma, mentre le singole Direzioni erano competenti per l’attuazione), con la nota suindicata: “tale intervento rientrava tra quelli ammissibili al fine di promuovere il riassetto delle zone costiere che ne salvaguardi la bellezza naturale e, valorizzandole, ne tuteli i biotopi,ma nello stesso tempo contribuiva a mantenere sotto controllo la gestione dei rifiuti industriali tossici e pericolosi; obiettivi tutti compresi nel programma di cui trattasi" ......"poter disporre della discarica definitiva ........... sta consentendo le ulteriori operazioni ancora in corso della bonifica dell'area-stabilimento (s.d.r.) ......"

Infine, ritiene il collegio di dover osservare che, risultando l’utilizzo del finanziamento in linea con l’obiettivo comunitario, “l’intenzione di non perdere il finanziamento comunitario o una sua parte”, presente a tutti i livelli, contrariamente all’avviso espresso dal requirente non è di per sé illegittimo: ne è riprova il fatto che il Programma, che avrebbe dovuto chiudersi nel 2000, si concluse nel 2002 (nota succitata del Min. Amb.), essendo stato convenuto con la Commissione di “inserire tutte le spese ammissibili effettuate comunque nei termini temporali previsti dal programma”. Nel caso di specie, tale possibilità si era concretizzata per il fatto che le spese ammesse a finanziamento nel previsto limite massimo di lire 7.140.000.000 – quindi, intuitivamente, non per mancanza di altre spese ammissibili, ma evidentemente perché detto importo costituiva il limite massimo finanziabile – erano risultate sensibilmente inferiori per essere state calcolate al lordo dell’IVA, essendosi erroneamente ritenuto che anche quest’ultima fosse rimborsabile, mentre in realtà, secondo quanto chiarito dalla Commissione, l’IVA era rendicontabile ma non rimborsabile.

Di conseguenza, dall’imputazione ai fondi Envireg delle spese in questione nessun maggior esborso è derivato per la CE, atteso che le maggiori spese sono state finanziate

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con i fondi resisi disponibili a seguito del ridimensionamento di alcune spese risultate inferiori alle previsioni in conseguenza delle modifiche che era stato necessario apportare alla conduzione dei lavori e della non finanziabilità degli oneri fiscali per Iva, dei quali si era erroneamente tenuto nel determinare la quota massima da mettere a carico della CE.

In proposito va anche sottolineato che la Giunta regionale, allorché fu necessario accorciare drasticamente i tempi per il completamento del Programma, oltre a rivedere i tempi di esecuzione dei diversi lavori, provvide a rimodulare i lavori da porre a carico dei Fondi comunitari, individuando, a tal fine, quelli che sarebbero stati realizzati entro il temine del 31/12/1997, essenziale per la loro rimborsabilità, facendo in tal modo salvo l’utilizzo dell’importo massimo finanziabile di lire 7.140.000.000 (D.G.R. n. 3191/97).

Dunque, le decisioni assunte dagli Uffici regionali, oltre ad essere supportate dalle suindicate autorizzazioni del Ministero dell’ambiente, appaiono anche coerenti con la stessa volontà dell’Organo deliberante dell’Amministrazione regionale, il quale manifestò in tale occasione la chiara volontà di utilizzare l’intero finanziamento.

D’altra parte, non può non osservarsi che, attesi i tempi ristretti disponibili (circa quattro mesi), la predisposizione di una perizia di variante e la sua formale approvazione da parte della Giunta regionale non avrebbe consentito di fruire dello stesso nella sua totalità.

Infine, il collegio deve esaminare la fondatezza dell’addebito contestato ai convenuti di non avere eseguito, in parziale difformità da quanto previsto dalla convenzione, il completo trattamento delle terre t/n provenienti dalla spiaggia, omissione che avrebbe comportato l’imputazione a carico del finanziamento comunitario di un maggiore importo di lire 1.676.766.077 (pari ad euro 865.977,37) per il trattamento di t. 11.705,99 di terre tossico nocive in realtà non trattate, con un danno per l’Ente Regione di pari importo.

L’avvenuto collaudo e finanziamento di terre t/n maggiori di quelle effettivamente trattate, in mancanza della tenuta di una contabilità separata dei lavori della bonifica,

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sarebbe provata, ad avviso della Procura, dai dati riportati sui “Rapporti assistenti di lavorazione”.

I convenuti, in particolare Bruzzone, Pirondini e Polleri, sostengono, per contro, che gli importi collaudati corrispondono esattamente ai quantitativi di terre trattate dalla Società, che sarebbero esattamente documentati nei registri di carico e scarico tenuti dalla stessa.

I "Rapporti degli assistenti di lavorazione" non sarebbero ad avviso dei medesimi probanti, dal momento che gli operai addetti all’impianto di trattamento terre “MicK”, essendo privi di impianti di pesatura, non registravano le quantità di terre trattate, ma soltanto il numero di “bennate” <<di terre tossico nocive, stoccate all'interno del capannone cosiddetto "ex minerale", che venivano prelevate dal capannone per essere aggiunte alle terre da trattare, provenienti dalla spiaggia e stoccate a Pian Masino, al fine di raggiungere la percentuale di calce indispensabile per rendere possibile la reazione>> (memorie Bruzzone e Pirondini).

L’assunto difensivo è privo di fondamento.

Ed invero, dalle annotazioni riportate alla voce “Trattamento Terre” dei “Rapporti degli assistenti” relativi al periodo 1.1.1997 – 31.12.1997 si evince che nel 1997 furono trattate complessivamente 39.293,60 tonnellate, di cui t. 32.805,40 di terre provenienti dalla produzione - indicate come terre EIMCO - t. 1.863,00 di terre tossico nocive di Pian Masino e t. 4.625,20 di terre t/n asportate dalla spiaggia, a fronte - per quanto qui interessa - di terre di spiaggia collaudate come trattate, e conseguentemente ammesse a finanziamento CE, per t. 16.331,09, quindi, per un quantitativo in più rispetto a quelle realmente trattate (4.625,20) di t. 11.705,99.

L’attendibilità dei dati riportati in detti “Rapporti” – i quali erano atti interni all’azienda - è intuitivamente percepibile dalla precisione e accuratezza con cui sono stati riportati negli stessi, non solo i quantitativi delle terre introdotte e delle sostanze aggiunte (solfato), necessarie al trattamento, ma anche gli altri dati tecnici, quale, ad esempio, la temperatura

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della camera, rappresentativi delle modalità di funzionamento dell’impianto durante il processo di lavorazione, nonché i periodi di fermo dello stesso con specificazione dei motivi.

In merito a detti “Rapporti”, il dott. Bruzzone, interrogato nel corso dell’istruttoria dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale, ha dichiarato che le schede denominate “Rapporto assistenti di lavorazione” venivano compilate per ciascuno dei tre turni dagli operai addetti alla macchina trattamento terre, i quali registravano le quantità di terre espresse in numero di “bennate” distinte in terre tossico nocive e terre di produzione, indicando queste ultime come terre “EMCO” (verbale di audizione del 16.5.2005).

Dette dichiarazioni hanno trovato pieno riscontro nelle informazioni testimoniali rese dal responsabile del trattamento terre, Ing. Norberto Lumachi (verbale di audizione dell’1.6.2005), il quale ha anche precisato (verbale del 26 gennaio 2005) che, in assenza dei registri di carico e scarico del Mick prescritti dalla D.G.R. n. 92 del 19.1.1989, “I dati di produzione del Mick venivano comunicati ogni mattina direttamente al Direttore dello Stabilimento, ....... Il foglio riassuntivo della produzione giornaliera veniva inviato alla Direzione di Milano”.

La credibilità dei dati esposti nei “rapporti” in questione risulta, pertanto, anche dai controlli – a diversi livelli aziendali – cui gli stessi venivano assoggettati in considerazione della loro importanza ai fini della misurazione dell’attività dell’impianto trattamento terre.

Né la veridicità delle registrazioni in questione è stata contestata dai convenuti in modo convincente.

Ed invero, le argomentazioni difensive volte a negare significatività ai predetti “Rapporti”, esclusivamente incentrate sul fatto che le quantità sono espresse in “bennate” e che le terre registrate riguarderebbero solo le terre di provenienza dalla produzione, risultano inconsistenti, ove si consideri che sia il Bruzzone che il Lumachi hanno dichiarato che ad una bennata corrispondono 1,6 tonnellate e che le registrazioni riguardano tutte le

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terre introdotte; il secondo ha inoltre fornito indicazioni su come enucleare le terre tossico nocive nei casi in cui è stato indicato soltanto il rapporto tra terre t/n e terre Eimco.

I dati ricavabili dai rapporti degli assistenti sono, peraltro, i soli ad essere compatibili con le potenzialità dell’impianto, quali risultano dalla ricostruzione operata dalla Guardia Forestale sulla base delle acquisizioni istruttorie.

Con riferimento, poi, all’invocata utilizzabilità del registro dei lavori e del registro di carico e scarico della spiaggia è sufficiente osservare che entrambi – il primo è stato tenuto solo dal novembre 1997 – recano quantitativi di terre inviate al trattamento (nel solo mese di dicembre oltre 6.000 t) di gran lunga superiori a quelli indicati dal Bruzzone (50 t/g) e dal Lumachi (100 t/g) e, comunque non compatibili con la capacità giornaliera di trattamento terre t/n del Mick (circa 90 t/g).

Né si reputano meritevoli di condivisione le conclusioni della relazione tecnica del Dott. Gaetano Castiello prodotta dai convenuti Bruzzone e Pirondini; la stessa, infatti, pur prendendo le mosse da una potenzialità di trattamento di 10 t/h (240/g), individua una trattabilità teorica di terre t/n di 8 t/h (80 per cento delle terre introdotte nel Mick), a fronte di una resa del 30 per cento dichiarata dal Lumachi, responsabile del trattamento terre (audizione di Lumachi, responsabile del trattamento delle terre, del 26.1.2005)

Inoltre, il collaudatore, nel giudicare le quantità “trattate” riportate nei registri di carico e scarico compatibili con la capacità dell’impianto, ha assunto come presupposto un ipotetico regolare funzionamento dello stesso, in realtà non sussistente, stante che, sulla base delle schede compilate dagli assistenti, nei mesi di novembre e dicembre l’impianto è stato fermo per rotture o manutenzione per circa la metà del tempo.

La Sezione, acclarata, sulla base delle suesposte motivazioni, la sussistenza di un danno per la Regione Liguria di euro 865.977,37 per il trattamento di 11.705,99 tonnellate di terre t/n in realtà non effettuato, ritiene che dello stesso debbano rispondere, in via principale, in parti uguali e in solido tra loro, la Società che ha indebitamente fruito di tale

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maggiore importo ed il Pirondini e il Bruzzone, i quali hanno agito per la stessa in qualità di dirigenti.

La responsabilità dei predetti soggetti è indubbiamente di natura dolosa, non potendo non essere consapevole e intenzionale la richiesta di riconoscimento di costi per un quantitativo di terre di circa tre volte rispetto a quelle effettivamente trattate e, comunque, notevolmente superiore alla capacità di trattamento dell’impianto.

Costituisce elemento idoneo a provare tale volontà la circostanza che i “Rapporti degli assistenti” utilizzati per i bilanci e le contabilizzazioni interne non furono mai messi a disposizione del Polleri che chiedeva la documentazione contabile dei lavori e, stante l’incompletezza della stessa, informazioni sul processo produttivo.

La consapevolezza degli illeciti comportamenti tenuti dalla Società e dai suoi dirigenti, emerge dalle stesse dichiarazioni rese nel corso delle indagini istruttorie da questi ultimi; ed infatti, il Bruzzone, il quale era responsabile del progetto della bonifica per la Stoppani, ha mostrato di avere piena conoscenza, non solo delle potenzialità della macchina trattamento terre, denominata Mick, ma anche dei quantitativi in concreto trattati: lo stesso ha, infatti, dichiarato che, in via ordinaria, “Giornalmente andavano al trattamento terre 50 t. di terre provenienti dalla spiaggia”, e fu il medesimo ad indicare in una “bozza” asseverata in 100 t al giorno la capacità di trattamento del mick (recepita dal Polleri nel verbale della visita di collaudo n. 13 (verbale audizione del Polleri del 4/7/2005).

Inoltre, è sintomatico della consapevolezza e volontarietà con cui la Società conseguì il finanziamento per un quantitativo di terre maggiore di quelle effettivamente trattate il fatto che la stessa abbia a lungo tergiversato prima di mettere a disposizione del Polleri la documentazione dallo stesso richiesta sin dalla lettera di convocazione della prima visita di collaudo dell’8 settembre 1997; e ciò malgrado la Società, rappresentata da Bruzzone Lumachi e Pirondini si fosse impegnata a fornirla, “così come chiarito nel corso della discussione nel più breve tempo possibile” (verbale della seconda visita di collaudo in

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corso d’opera).

Più specificamente, sebbene il Polleri abbia insistito sin dall’inizio del suo incarico perché gli fossero messi a disposizione documenti contabili adeguati o almeno dati tecnici sulla cui base ricostruire i quantitativi di terre trattate, detti documenti vennero prodotti con ritardo ed incompleti; inoltre, solo nel 1998 gli furono forniti i dati tecnici grazie ai quali si avvide che il processo di trattamento delle terre era stato modificato e poté quindi ridurre i relativi importi; mai gli vennero forniti i “rapporti degli assistenti”, certamente noti alla Direzione, attesa la loro importanza per i bilanci aziendali ed il cui occultamento intenzionale non poteva che essere strumentale alla richiesta di collaudare quantitativi di terre maggiori di quelle effettivamente trattate.

Tutti i verbali di collaudo in corso d’opera (in particolare, quelli al 30.11.1997 e al 31.12.1997) sono stati sottoscritti per la Società dal Pirondini e dal Bruzzone; gli stessi erano pertanto pienamente consapevoli della mancata tenuta di una contabilità separata per le opere previste dal capitolato dei lavori relativi al Programma comunitario, come pure della mancata o solo parziale evasione delle richieste del collaudatore necessarie alla corretta esecuzione del proprio incarico (verbale audizione Pirondini del 22/2/2005).

D’altra parte, non è credibile che i predetti Dirigenti della Società, i quali parteciparono alla fase di predisposizione del progetto di bonifica ed all’inserimento dello stesso tra i progetti ammessi a finanziamento CE, essendo il Bruzzone anche responsabile della sua attuazione, fossero completamente all’oscuro – secondo quanto dichiarato dagli stessi in sede istruttoria - della normativa comunitaria che prescriveva la tenuta di una contabilità separata dei lavori ammessi a finanziamento (Dec. Commissione CE del 25/7/1991, richiamata dall’art. 5 del D.M. 7 luglio 1993), e dell’obbligo di tenere un registro di carico e scarico del Mick, come da D.G.R. n. 92 del 19.1.1989, punto 2 d). L’obbligo di tenere adeguata contabilità dei lavori ammessi a finanziamento era previsto, inoltre, dall’art 8 convenzione del 1995 sottoscritta dalla Società.

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Del danno predetto debbono essere chiamati a rispondere anche il Polleri, in qualità di collaudatore dei lavori finanziati, ed i funzionari regionali Parisi e Castello, tutti in via sussidiaria, atteso il diverso titolo della loro responsabilità (colpa grave).

Non v’è dubbio, infatti, che il Polleri tenne nella vicenda che ci occupa un comportamento estremamente imprudente e superficiale, procedendo al collaudo, in assenza di adeguata contabilizzazione, e soprattutto del registro dell’impianto Mick, esclusivamente “sulla base delle dichiarazioni del dr. Bruzzone riportate nei registri di carico e scarico” (verbale audizione Polleri del 4/7/2005). E tale superficialità ed imprudenza furono certamente di grado elevato, sì da integrare gli estremi della colpa grave, ove si consideri che lo stesso era pienamente consapevole del comportamento omissivo, e talora ingannevole, tenuto dal Bruzzone.

Quest’ultimo, infatti, richiesto dal predetto di fornire chiarimenti sul processo produttivo, al fine di verificare il reale trattamento cui erano sottoposte le terre, si sottrasse a lungo alla richiesta, opponendo ripetutamente il segreto industriale e fornendo spiegazioni alla lavagna che subito provvedeva a cancellare, sì da impedire al collaudatore ed al suo assistente di prenderne nota; e quando, a seguito di reiterate richieste, nell’aprile del 1998 (a lavori ultimati) fornì una bozza di tale processo (collaudo parziale al 31/12/1997), il collaudatore si accorse, come già sopra rilevato, che la Stoppani aveva apportato modifiche al processo di bonifica per cui dovette procedere al ricalcolo in diminuzione dei costi relativi al trattamento delle terre (collaudo al 31/12/1997).

E l’avere lo stesso collaudato “sulla base della bozza asseverata dal dr Bruzzone fatta con schemi a blocchi” e dei quantitativi indicati nella colonna scarico del registro della spiaggia oppure indicati nel libro del Direttore dei lavori (dicembre 1997), avendo ritenuto sufficiente la contabilità consegnata dalla Stoppani, sebbene mancasse la documentazione giustificativa, di cui alla convenzione tra Regione e Stoppani del 30.3.1995 e all’art. 3, comma 3, del Decreto del Ministero dell’Ambiente 24/3/1993, come rilevato dallo stesso

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Polleri nel verbale della visita in corso d’opera n. 14, oltre che nei collaudi in corso d’opera e nelle annesse relazioni (l’impresa omise perfino di redigere gli ultimi stati di avanzamento lavori che vennero predisposti dallo stesso collaudatore), integra certamente un comportamento gravemente colposo.

Ed invero, il Polleri, pur avendo stimato in 100 t al giorno, sulla base di quanto dichiarato dal Bruzzone, la potenzialità di trattamento dell’impianto, collaudò in novembre e dicembre quantitativi (5.748,66 nel solo mese di dicembre, sulla base del Libro del giornale dei lavori) di circa il doppio della capacità assunta come corretta. Ciò, pur avendo riscontrato, a prescindere dalla non corretta valutazione della potenzialità dell’impianto, che, salvo una, tutte le volte che aveva fatto un sopralluogo al Mick questo non era in funzione per un problema di manutenzione (ver. audizione Polleri del 4/7/2005).

Lo stesso ha dichiarato in proposito: “ la mia intenzione era di avere la possibilità di controverificare i dati che mi venivano forniti con i registri di carico e scarico. Tuttavia alla fine ho collaudato i dati di tali registri della colonna della voce scarico” (verbale audizione del 4/7/2005, cit.).

Né la responsabilità del Polleri può considerarsi venuta meno per il fatto che lo stesso abbia segnalato tempestivamente ai competenti dirigenti e funzionari della Regione la mancata tenuta della documentazione contabile prevista dalla normativa.

Il medesimo diede, infatti, un apporto decisivo alla verificazione del danno in questione nel momento in cui ritenne di potere ugualmente procedere al collaudo di quantitativi, come sopra evidenziato, irrealistici, precisando ed attestando che la documentazione prodotta dalla Società era stata, comunque, sufficiente ed adeguata per una corretta contabilizzazione.

Il collegio ritiene, come detto, che abbiano altresì concorso alla produzione del danno i convenuti Parisi e Castello, per avere gli stessi omesso di esercitare per conto della Regione la prevista vigilanza sugli interventi finanziati.

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Il Parisi, in qualità di dirigente preposto al Dipartimento dell’Ambiente dal 20.12.1995, approvò con il Decreto n. 126 del 30.6.1998 il certificato di collaudo in corso d’opera al 31.12.1997 - con il quale il Polleri aveva proceduto al collaudo del trattamento delle terre provenienti dall’arenile – disponendo, per quanto qui interessa, l’imputazione ai fondi comunitari del costo relativo al trattamento di 11.705,99 tonnellate di terre tossico nocive in realtà non trattate.

Il Castello, da parte sua, quale funzionario dell’Ufficio Bonifiche, si occupò del Programma Envireg dall’inizio del 1997 alla fine del 1998 e sottoscrisse il suindicato decreto n. 126/1998, in qualità di responsabile del procedimento, senza avvedersi che la Stoppani non aveva neppure compilato gli stati di avanzamento lavori dei mesi di novembre e dicembre.

Risulta dagli atti che sebbene le richieste delle scritture contabili relative ai lavori eseguiti e dei documenti tecnici riguardanti il processo di trattamento delle terre inquinate provenienti dalla spiaggia fossero state avanzate dal Polleri, sin dalla prima visita in corso d’opera, mai i predetti, dirigente e funzionario della Regione, si presero cura di verificare se e come la Stoppani avesse ottemperato alle stesse.

Entrambi hanno ammesso, inoltre, di non avere effettuato nel periodo precedente la nomina del collaudatore controlli sulla rispondenza tra i lavori effettuati e quelli dichiarati dalla Stoppani per il riconoscimento delle spese sostenute (verbali audizioni Castello del 10.9.2004 e Parisi del 20.1.2005).

Né può condividersi quanto affermato dal Parisi, secondo il quale l’incarico affidato dalla Regione al dott. Polleri di collaudatore in corso d’opera garantisse i funzionari “anche sotto il profilo della vigilanza” (verbale audizione del 20.1.2005).

Ritiene, infatti, il collegio che la nomina del Polleri non abbia fatto venir meno i generali doveri di controllo e vigilanza normativamente intestati alla Regione, tra cui il dovere di assicurarsi che venisse tenuta la contabilità dei lavori, strumentalmente

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necessaria al corretto assolvimento dei compiti di controllo affidati al collaudatore.

Fu lo stesso Polleri – nominato nell’agosto 1997 - a sottolineare nella Relazione riservata alla Regione Liguria dell’11 maggio 2002 la gravità ed il sostanziale disinteresse con cui i funzionari della Regione seguirono le operazioni della bonifica: “a fronte di un’evidente ignoranza da parte dell’impresa delle norme che governano l’esecuzione delle Opere Pubbliche....... la Regione Liguria, nelle persone dei suoi funzionari, non ha esercitato sino alla data dell’incarico allo scrivente Collaudatore (nell’agosto 1997 n.d.r.), l’azione di indirizzo e di efficace gestione dell’appalto che la complessità delle opere in oggetto avrebbe richiesto”.

Anche tali condotte omissive hanno, dunque, rivestito un ruolo causale determinante nel procedimento che ha portato ad imputare al finanziamento comunitario costi in realtà non sostenuti per il trattamento delle terre dell’arenile.

Infine, deve osservarsi che relativamente al nocumento erariale accertato non ricorre alcuna responsabilità dei funzionari Schena Gaetano e Grassi Antonella, chiamati dall’accusa a rispondere indistintamente di tutte le voci di danno contestate dall’Accusa, in quanto il primo iniziò ad occuparsi del Programma Envireg dall’1.1.1999, quando le spese per la bonifica della spiaggia erano già state collaudate ed approvate, mentre la seconda, assegnata al Servizio Politiche e Programmi ambientali solo dal 15 dicembre 1997 (quindi a lavori quasi ultimati), e non risulta avere preso parte al procedimento di approvazione delle spese relative alla bonifica della spiaggia, né contestazioni in tal senso sono le sono state rivolte dalla Procura.

Alla luce delle considerazioni svolte debbono essere respinte sia la domanda principale di assoluto inadempimento, sia le domande subordinate per inadempimento parziale, fatta eccezione per il danno derivante dall’imputazione a carico del finanziamento comunitario del costo di lire 1.676.766.077 (pari ad euro 865.977,37) per il trattamento di un quantitativo di 11.705,99 tonnellate di terre tossico nocive in realtà non effettuato.

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Limitatamente a quest’ultima voce di danno vanno condannati, a titolo di dolo, al pagamento della somma di euro 865.977,37, in favore della Regione Liguria, la Società Immobiliare Val Lerone, in persona del curatore fallimentare, ed i signori Pirondini Valerio e Bruzzone Giuseppe nella misura di un terzo ciascuno e in solido per l’intero.

In relazione a tale danno vanno anche condannati, a titolo di colpa grave e in via sussidiaria, tenuto conto del diverso apporto causale dato alla verificazione dello stesso, Polleri Giambattista, nel limite del 30 per cento del danno (30 per cento di euro 865.977,37, pari ad euro 259.793,21) e Parisi Vincenzo e Castello Renzo, ciascuno nel limite del 10 per cento del danno (10 per cento di euro 865.977,37, pari ad euro 86.597,74)

I convenuti Schena Gaetano e Grassi Antonella debbono essere assolti da tutti gli addebiti.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Ricorrendo per i signori Schena Gaetano e Grassi Antonella una causa di proscioglimento nel merito, ai sensi dell'articolo 3, comma 2 bis, del D.L. n. 543/1996, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 639/1996, come autenticamente interpretato dall'art. 10 bis, comma 10, del D. L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, devono essere liquidati a favore dei predetti euro 3000,00 ciascuno per onorari e diritti spettanti alla difesa, oltre a C.A.P. e I.V.A., come per legge.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, definitivamente

pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, accoglie parzialmente la domanda attrice e per l’effetto:

- assolve da tutti gli addebiti i signori Schena Gaetano e Grassi Antonella;

- condanna la “Società Immobiliare Val Lerone S.p.A.”, in persona del curatore fallimentare, avv. Antonio Adinolfi, ed i signori Pirondini Valerio e Bruzzone Giuseppe al pagamento in favore della Regione Liguria della somma di euro 865.977,37

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(ottocentosessantacinquemilanovecentosettantasette/37), nella misura di un terzo ciascuno e in solido per l’intero;

- condanna, in via sussidiaria, Polleri Giambattista nel limite di euro 259.793,21 (duecentocinquantanovemilasettecentonovantatre/21) e Parisi Vincenzo e Castello Renzo ciascuno nel limite di euro 86.597,74 (ottantaseimilacinquecentonovantasette/74).

Sulle somme per cui è condanna è dovuta la rivalutazione monetaria dalle date in cui sono stati eseguiti gli indebiti pagamenti.

Dal deposito della sentenza sono dovuti gli interessi legali.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 4340,79 (quattromilatrecentoquaranta/79).

Liquida a favore dei signori Schena Gaetano e Grassi Antonella la somma di euro 3000,00 (tremila/00) ciascuno per onorari e diritti spettanti alla difesa, oltre a C.A.P. e I.V.A., come per legge.

Così deciso in Genova, nelle camere di consiglio del 4 novembre e del 9 dicembre 2010.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE (Tommaso Salamone) (Andrea Russo)

Deposito in Segreteria: 18/04/2011"

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