- 12 luglio 2011, 13:16

Reati ambientali: ultimatum della Ue all’Italia

Il provvedimento emanato ad aprile dal Governo non recepisce in maniera adeguata le normative introducendo sanzioni troppo blande

Ultimatum della Commissione europea all’Italia sulle normative europee che disciplinano le sanzioni penali contro i reati ambientali e l’inquinamento marino: il nostro paese avrà altri due mesi per recepire in maniera adeguata le norme.

Se entro questo periodo non avrà notificato le misure di attuazione, la Commissione potrà adire la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Due le direttive che, secondo Bruxelles, sono state disattese.

Innanzitutto, la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, che obbliga tutti gli Stati membri a prevedere misure di diritto penale che rendano perseguibili violazioni gravi della normativa europea sulla tutela ambientale. La direttiva elenca le violazioni che devono essere considerate reati in tutti gli Stati membri, tra queste la spedizione illegale di rifiuti e il commercio di specie protette.

Poi c’è la direttiva 2009/123/CE sull’inquinamento provocato dalle navi (che modifica la direttiva 2005/35/CE), di cui alcuni Stati membri, compresa l’Italia, non avrebbero rispettato alcune norme. La direttiva fa parte di un pacchetto normativo che intende potenziare la sicurezza marittima e prevenire l'inquinamento causato dalle navi: essa impone agli Stati membri di considerare un reato i casi gravi di scarico illecito di sostanze inquinanti effettuato dalle navi.

Entrambe le direttive impongono ai paesi Ue di punire i reati con "sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive". Secondo l’esecutivo europeo, la mancata attuazione delle direttive da parte degli Stati membri ostacola l'adozione di norme minime comuni di diritto penale per la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi marini, norme ritenute essenziali per prevenire le lacune di cui potrebbero avvantaggiarsi gli autori di reati ambientali.

In realtà, il Governo ha emanato ad aprile uno schema di decreto legislativo, che recepisce le direttive 2008/99 e 2009/123, provvedimento ritenuto insufficiente da Legambiente, il cui parere trova ora conferma nella decisione della Commissione europea.

“E’ insopportabile avere una legge così poco efficace nel Paese in cui l’ecomafie hanno un giro d’affari di quasi 20 miliardi di euro”, sbotta il presidente dell’associazione, Vittorio Cogliati Dezza. “Quella del Governo è stata un’operazione di facciata per mettersi al riparo dall’ennesima procedura d’infrazione – aggiunge Cogliati Dezza – ma, come è evidente, non ha funzionato. Il provvedimento italiano infatti è intervenuto solo su questioni marginali senza mai toccare il cuore del problema. I reati ambientali – prosegue il presidente di Legambiente – continuano a rientrare tra le contravvenzioni, le sanzioni sono scarsamente deterrenti, i tempi di prescrizione bassissimi e non è stato previsto nulla per i reati nell’ambito del ciclo del cemento lasciando, di fatto, senza tutela il paesaggio.”

Per Cogliati Dezza, bisognerebbe introdurre nell’ordinamento italiano “un testo unico per i reati ambientali”, che metterebbe ordine nella “giungla di articoli e commi. L’Italia su questa materia – conclude il presidente di Legambiente – ha bisogno di una riforma coraggiosa che preveda pene reclusive crescenti in base alla gravità degli illeciti, dal danno ambientale al delitto di ecomafia o di frode ambientale.”

fonte: Staffetta Quotidiana / www.zeroemission.eu

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