Come da copione. Anzichè scusarsi con gli interessati, la cui identità è stata messa alla berlina - con tutte le conseguenze possibili - in un cassone all'aperto dietro agli uffici distaccati della Provincia c/o Ente Scuola Edile, qualche addetto sta dicendo che la colpa è dei giornalisti, minacciando denunce.
Perchè ovviamente, quando fai una vaccata grossa come un container, ti scoccia che venga scoperta, e allora la "minaccia" diventa un giornalista che fa il suo lavoro. Senza scavalcare alcunchè, forzare alcunchè, e neppure spacciandosi per qualcun'altro - vista l'assenza di personale e di controlli. Non con microcamere nascoste stile cia, ma con due normalissime macchine fotografiche ben visibili da chiunque.
Come se il reporter avesse eluso chissà quale vigilanza, che non c'è. Anche ben oltre gli orari di lavoro infatti, neppure la "consapevolezza" di avere in giardino qualche tonnellata di dati sensibili spinge chi di dovere almeno a chiudere i cancelli. Porte spalancate dunque, sul fronte e sul retro, nessuna vigilanza, nessun divieto d'accesso. Neppure una catenella marcia che impedisca l'ingresso almeno alle biciclette.
Ma la colpa è dei giornalisti. Che a porte aperte e carte incredibilmente abbandonate per offrire un reportage al pubblico si recano come chiunque altro nello spazio di un ente pubblico a documentare l'evidenza, vigenti art. 21 e diritto di cronaca.
Attenzione dunque ai disoccupati che si recano negli uffici del lavoro: potreste non essere sufficientemente autorizzati. Che poi i fatti vostri vengano accatastati all'aperto per il macero, ad opera di privati che con quei dati sensibili potrebbero farne ciò che vuole, non importa. L'importante è che non si sappia, e che si possa proseguire indisturbati nel trattare dati sensibili vincolati a precise normative, come carta straccia.