- 07 aprile 2011, 18:34

Il paese dei bambini tristi

Proteste delle mamme di Cengio per lo stato increscioso delle aree 
gioco per i bambini. Situazione che è però specchio di una realtà più grave, di 
un paese che sembra si limiti a sopravvivere

A Cengio i bambini sono tristi. Il girello che si trasformava in una  velocissima astronave è immobile da tempo; di altalene ne è rimasta una sola;  la ringhiera che dovrebbe proteggere la scaletta dello scivolo sta per  staccarsi e la mamma non vuole che ci si vada.
 I giardini in località Isole, adiacenti gli impianti sportivi che dovrebbero  essere vanto e lustro del paese, sono da tempo in uno stato di squallido  abbandono. Eppure tutti i giorni sono frequentati da decine di bambini. La zona  è bella, e poi non è che le altre aree gioco attrezzate – si fa per dire – 
dalle scuole di Cengio Genepro siano in uno stato migliore.

Alcune mamme protestano. I loro bambini hanno diritto a qualcosa di meglio. E poi c’è tutto il discorso della pericolosità di quei  giochi rotti e abbandonati.
E’ stato risposto loro che non ci sono soldi. Sicuramente vero. Ma, allora gli  altri paesi come fanno? A Cairo, Carcare, Millesimo, a differenza di Cengio, i  soldi piovono dal cielo? Difficile. Eppure i loro giardini, i loro parchi giochi sono decenti, ben  tenuti, in certi casi anche nuovi. E in quei giardini, difatti, trovi allora bambini e genitori di Cengio, costretti ad emigrare per donare ai figli qualche ora di divertimento sicuro.
Il sindaco, Ezio Billia, però, non ci sta: <Non mi sembra che le aree giochi siano in uno stato di tale degrado. È vero che si sono  alcuni giochi magari da sostituire ma parlare in termini di fatiscenza o addirittura di pericolo, mi sembra esagerato. Nonostante nel bilancio di previsione non ci fossero fondi destinati a questo settore, vedremo comunque di muoverci per poter effettuare almeno qualche piccolo intervento, in base alle nostre finanze. Cengio, come molti altri paesi, sta soffrendo per i tagli ai fondi, ma la differenza è che qui non abbiamo privati e costruttori con cui fare convenzioni, come succede in altri paesi. E sul continuo raffronto con Millesimo, va sottolineato come si tratti di due realtà diverse: un unico centro con un sistema urbanistico in espansione contro un paese suddiviso in sette frazioni senza nessuno interessato ad investire>.
E allora  l’abbandono dei giardini cengesi è la cartina di  tornasole di una situazione ben più complessa e radicata. A Cengio i privati non investono,  a Cengio non ci sono industrie, a Cengio, a  parte una singola eccezione portata avanti da un imprenditore coraggioso, non  si costruisce più da tempo, anzi, gli affitti sono tra i più bassi della Val  Bormida, attirando chiunque non possa permettersi di abitare altrove. Sicuramente tanti i motivi alla base di questa situazione. Ma tra i  principali, sicuramente, la storica dipendenza del paese dall’Acna. Prima come 
fabbrica-paese, quando c’era lavoro, poi, quando è stata chiusa, e sono già più  di 10 anni, quella catena non si è spezzata, è diventata solo più aleatoria, ma  altrettanto tenace, nell’attesa di una reindustrializzazione che si sta ancora  aspettando. Un’attesa tanto spasmodica che non ha lasciato, o non si è ritenuto  il caso di ricercare, possibili alternative. E non sarebbe giusto incolparne esclusivamente l’attuale amministrazione  comunale, anche se, vincendo le elezioni, oltre agli onori devi prenderti le  tue responsabilità. E poi Cengio, a differenza di altri Comuni valbormidesi, ha addirittura un onorevole in Parlamento, almeno così si dice.
Eppure quei parchi giochi abbandonati diventano quindi il simbolo di un paese  in attesa. Che si limita a sopravvivere.
Riflessioni che vengono interrotte dalle grida e dalle risate dei bambini. C’è  chi si rincorre intorno al girello rotto che rimane immobile; c’è chi spinge  gli altri sull’unica altalena; c’è chi prende con le piccole manine ghiaia ed  erba sporca che diventano magici ingredienti da posare sullo scivolo difettoso  per chissà quali pozioni. Perché fortunatamente, i bambini di Cengio non sono tristi. Nonostante i  cengesi.

Eleonora Miraglia