Riceviamo dal sindaco di Quiliano, Nicola Isetta il comunicato in cui spiega la sua non adesione alla manifestazione nazionale indetta a Roma per il prossimo 20 ottobre, pur condividendone i contenuti e lo spirito. I sostenitori genovesi della manifestazione del 20 Ottobre sono: Giacomo Casarino, Marco Doria, Silvio Ferrari, Don Andrea Gallo, Haidi Giuliani, Giuliano Giuliani, Aleandro Longhi, Mauro Passalacqua, Oscar Marchisio, Edoardo Sanguineti, Enrico Steardo. Nel loro appello alla partecipazione, giustificano così, i motivi dell'iniziativa: "La precarietà, la crescita della povertà e della sofferenza sociale, l'esclusione verso i migranti, l'indifferenza verso i problemi ambientali, sono stati la cifra della stagione del Governo Berlusconi. La vittoria dell'Unione ha sollevato una speranza che non può essere disattesa. Bisogna dare una chiara risposta alla domanda di cambiamento, che cresce nel paese, mentre il programma sul quale il centro-sinistra ha chiesto il voto agli elettori, è ancora lontano dall'essere attuato. Cedere alla rassegnazione però lascerebbe il campo alle ipotesi peggiori, per questo pensiamo serva un forte segnale di partecipazione". Per maggiori informazione sull'iniziativa www.20ottobre.org
A questo proposito Isetta ha dichiarato: "Non ho partecipato, all'appello e all'adesione dell'iniziativa del 20 ottobre perché ritenevo opportuno nel mio ruolo di Sindaco di una coalizione ampia (di cittadini e di forze del centro sinistra) mantenere un ruolo "Istituzionale" e di "Garanzia" necessario per il governo positivo della mia comunità fino all'ultimo giorno del mio mandato. Ritengo comunque opportuno a livello nazionale un "gesto" che riporti l'attenzione allo spirito dell'accordo preelettorale e nello tempo favorisca il percorso di formazione di una sinistra, capace di raccogliere e rilanciare non solo il dissenso, ma anche il desiderio di partecipazione che viene espresso nel nostro Paese. Ho preso atto dando un giudizio negativo, delle accuse formulate all'appello di massimalismo e di radicalità, cercando in ogni modo di creare divisioni e di addossare ai promotori l'intenzione di voler far cadere il Governo e di sconfessare l'agire di una parte del sindacato. Alla fine mi sembra, tuttavia, che il gran clamore mediatico abbia evidenziato l'importanza della mobilitazione e soprattutto abbia portato alla luce il problema di "come" intendere l'agire politico oggi, in una realtà, come quella italiana, segnata da alcune "specificità" che sono quasi sempre negative, ma che, se osservate meglio, potrebbero forse costituire una buona base di partenza proprio per una sinistra capace di intervenire sulle complessità del presente.
La prima di queste è che attualmente tutte le sinistre sono al governo del paese, in una configurazione unica rispetto a tutti i paesi dell'Europa continentale e tra le grandi e medie potenze mondiali. Questo fatto pone in una situazione di particolare responsabilità rispetto alla attuale crisi della politica. Crisi che, come molte autorevoli analisi hanno dimostrato, è dovuta alle trasformazioni del capitale, che riorganizzandosi su scala globale, ha fatto saltare il sistema di governo delle democrazie liberali basato sulla divisione tra pubblico e privato e tra produzione di beni e riproduzione umana. La cronaca quotidiana, oltre ai molti orrori delle guerre in corso, ci dimostra che in questa fase sono proprio i corpi e le nuove soggettività a creare "disordine" e la politica, quella istituzionale, non riesce a trovare una risposta adeguata alle esigenze di organizzazione sociale poiché le sfuggono i confini del suo stesso campo d'azione e dei processi che sempre più spesso generano nuove violenze identitarie e nuove esclusioni. In questo contesto, le scelte di politica nazionale se pure molto ridotte nella loro ampiezza, sono ancora importanti per individuare soluzioni alternative all'ideologia neo-liberista che pervade l'Europa e le istituzioni internazionali. Soprattutto dopo che la crisi dei "mutui" americani ha svelato in modo inequivoco il meccanismo di impoverimento svolto dai mercati finanziari nei confronti dei ceti medi e bassi della popolazione. Tuttavia per far in modo che soluzioni alternative divengano possibili e condivise occorre saper guardare alle pratiche che vecchie e nuove soggettività sociali, su cui si rovesciano i problemi più consistenti, riescono a individuare.
Ritengo emerga la necessità di cambiare rotta, e introdurre correzioni significative, che consentano di difendere i più deboli, di dare diritti ai senza diritto, di distribuire verso il basso e non verso l'alto le ricchezze. Cioè combattere il sistema della precarietà e chi vorrebbe che questo sistema diventasse l'unico nostro futuro. E' opportuno chiedere uno scatto di orgoglio, in modo che sia possibile ricostruire una speranza.
Sono abbastanza deluso da un sistema dilagante della società, della politica e della comunicazione che non riesce ad uscire dalla logica della politica come puro gioco di palazzo, che non ha la forza culturale e di conoscenza per discutere nel merito sui giudizi, sulle richieste, sulle proposte di spostamento delle politiche, e quindi si rifugia a discutere solo di nomi, di gossip, di piccole manovre.
Io credo che in questo momento sia necessario dare delle risposte concrete e assumere delle posizioni politiche chiare su alcune grandi questioni: il lavoro, la questione sociale, i diritti di tutti e l'ambiente. Su queste grandi questioni si deve discutere senza pregiudizi discriminazioni, e paletti. Mettendo in campo con chiarezza il peso e il valore delle posizioni, delle diverse idee e delle diverse rappresentanze di interessi sociali ed economici.
Una sinistra nuova dovrebbe rileggere quella storia innovandola, ma soprattutto dovrebbe avviare un "cambio di passo" nella relazione tra rappresentanti e rappresentati. Non si tratta infatti di introdurre forme apparenti di partecipazione che si esauriscono nella scelta di un leader, e neppure di guardare ai "movimenti" nel tentativo di recuperare una base da rappresentare, ma piuttosto di costruire un dialogo sistematico tra gli attori sociali per individuare soluzioni innovative, lasciando esprimere, anche a livello nazionale, capacità e energie che spesso nei contesti territoriali operano con successo.
Questa non è utopia, ma è l'unica strada vera per dare un senso e un valore ai sistemi di rappresentanza, di governo e di assunzione di responsabilità di gestione dei processi sociali, economici, politici e amministrativi.
Non ho aderito e non aderirò all'appello e all'iniziativa del 20 ottobre, perché ritengo che sia importante e necessario distinguere, in questo momento di grande confusione, il ruolo della " Istituzione" da quello della "Politica di schieramento e appartenenza" però mi auguro che il 20 ottobre ci sia la possibilità di dare spazio alle voci e di costruire un nuovo percorso e ponti tra "mondi diversi". Senza questo non c'è politica e non c'è neanche sinistra".
Nicola Isetta