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Eventi | 09 agosto 2019, 16:25

Triora: resteranno aperte per il mese di agosto le due principali chiese del piccolo centro della Valle Argentina

Si tratta della Collegiata e l’oratorio di San Giovanni Battista. Verranno osservati i seguenti orari: 10,30-12,30/14,30-17,30. Potrà essere constatato personalmente l’antico splendore di queste due chiese.

Triora: resteranno aperte per il mese di agosto le due principali chiese del piccolo centro della Valle Argentina

Anche quest’anno, nel mese di agosto, l’Associazione turistica Pro Triora, viste le numerose richieste dei turisti, che spesso si lamentano di trovare chiusi i portoni delle chiese, ha deciso di tenere aperti i due principali edifici religiosi dell’antico borgo, vale a dire la Collegiata e l’oratorio di San Giovanni Battista. Verranno osservati i seguenti orari: 10,30-12,30/14,30-17,30. Potrà essere constatato personalmente l’antico splendore di queste due chiese.

Maestosa, la Collegiata è un’ulteriore testimonianza dell’antico splendore del borgo medievale di Triora.  Della primitiva chiesa a tre navate e con il campanile a cuspide, com’era raffigurata nei pochi disegni tramandatici, non restano che pochi segni, pur se eloquenti. Il portale a sesto acuto con blocchi di pietra nera alternati a marmo bianco, i muri del lungo locale sottostante la chiesa, già usato dalla Confraternita dei Battuti, i due matronei ai lati del presbiterio, i lucernari visibili in Via Dietro la Stretta, i capitelli cubici sparsi un po’ ovunque tra i carugi parlano di un antico e glorioso tempio cristiano. L’antica facciata neoclassica, rifatta a nuovo nel 1837, ha purtroppo cancellato i lastroni di pietra nera e le pitture raffiguranti la Madonna, San Giovanni Battista e San Dalmazzo.

Nel battistero è conservata l’opera più pregevole esistente in Triora. Il Battesimo di Cristo,  dipinto nel 1397 dal senese Taddeo di Bartolo, faceva probabilmente parte di un trittico cuspidale, come si può supporre dalla mancanza ai lati di una vera cornice. Gesù Cristo è rappresentato nell’atto di ricevere il battesimo nel fiume Giordano da parte di San Giovanni Battista. Dal firmamento stellato appare l’Eterno Padre, poco più sotto è lo Spirito Santo, sotto forma di colomba. Ai lati assistono sei angeli, con i nomi in caratteri franco-gallici (Gabriel, Rafael, Serafin, Micael; degli altri due i nomi sono illeggibili). Entro due tondi della cuspide sono effigiati i profeti Elia ed Enoc. Particolarità del quadro è che è stato così firmato: Tadeo de Senis pinxit hoc opus M.CCC.L.XXXX.VII. E’ il più antico, datato e firmato, della Liguria di Ponente. Restaurato nel 1916 da Enry Luigi di Alba, rischiò più volte, tra il 1895 ed il 1904, verosimilmente per motivi finanziari, di essere ceduto ad antiquari. Nel dipinto “evidente appare, nella nitida costruzione delle figure, il debito verso la cultura pisana, mentre nell’uso sapiente dei preziosi motivi ornamentali delle vesti degli angeli riaffiora in modo deciso il ricordo della ricchezza decorativa propria della tradizione figurativa senese” (G. Algeri, A. De Floriani, La pittura in Liguria. Il quattrocento, 1991).

Nello stesso battistero Battistero sono state collocate due opere d’arte particolarmente importanti. La prima è un crocifisso ligneo, detto il Cristetto, restaurato a cura della Soprintendenza, con il legno dotato di numerosi nodi secondo un’antica tecnica, oggi pressoché sconosciuta. Era usato nei funerali delle famiglie povere, mentre a quelle ricche era riservato il crocifisso argenteo. La seconda è una tavola, anch’essa lignea, raffigurante il trigramma di Cristo: venne lasciata in dono alla popolazione da san Bernardino di Siena, nel 1418, quando si recò a predicare in queste zone. Il quadro dell’ancona, lAssunzione, risale al 1680 ed è opera del pittore triorese (1625-1690) Lorenzo Gastaldi. Rappresenta una splendida e fedele copia del quadro del bolognese Guido Reni esistente nella chiesa di Sant’Ambrogio a Genova.

Di pregevole fattura le due tavole ai lati dell’altare, riferibili al secolo XV. Quella a destra, la Pietà, raffigura Cristo morto compianto dalla Madonna, dalla Maddalena, da San Giovanni Evangelista e dalle Pie Donne. Con ogni probabilità eseguita in Genova, la tavola (cm. 170 x 90), che originariamente dovette costituire lo scomparto centrale di un polittico di non piccole dimensioni, è un’ulteriore testimonianza del tardo gotico già rappresentato dal Battesimo di Taddeo di Bartolo; in basso è un’iscrizione di carattere sacro, in caratteri franco-gallici, di difficile lettura.

La tavola a sinistra, invece, ha una storia singolare. Nel corso dei lavori di restauro nell’anno 1949, sotto la pittura dell’Ecce Homo applicatavi nel secolo XVI per rendere consono il quadro al culto delle Anime Purganti, la radiografia scoprì la preesistente figura di San Giacomo il Minore, figlio di Alfeo, barbuto, con bordone da pellegrino cui è appeso il cappello; il tutto su sfondo dorato e suddiviso da lineette a guisa di rete. Tuttavia i simboli del bastone e del cappello spettano a San Giacomo Maggiore, pellegrino in Spagna, come lo raffigurò il Caravaggio in un dipinto conservato nella pinacoteca di Chiari (Brescia). Il dipinto (cm. 150x73), che certamente dovette costituire lo scomparto centrale di un polittico, ripropone gli schemi compositivi introdotti da Taddeo di Bartolo, rivelando tuttavia, nel panneggio ridondante del prezioso manto del santo, una ricerca di effetti decorativi che rimandano alla tradizione lombarda, che inducono a collocare la datazione della tavola al 1435 circa.

Sopra all’altare si eleva un antico crocifisso ligneo del sommo scultore genovese Anton Maria Maragliano, mentre appoggiato alla balaustrata marmorea, recante la data del 1737, è un pregevolissimo Cristo del secolo XIV avanzato, con qualche influsso francese ma sicuramente eseguito in Italia. Particolarmente venerato e trasportato verticalmente (pesa oltre 60 chili) sul Monte delle Forche la seconda domenica dopo Pasqua, è stato restaurato nel 2002 dal Laboratorio Bonifacio di Bussana, il quale lo ha riportato all’antico splendore, sostituendo la croce nera, ormai tarlata, con una nuova. In un’urna posta nell’altare del Sacro Cuore sono custodite alcune reliquie di San Giovanni Lantrua da Triora, le cui spoglie sono nell’Ara Coeli di Roma. 

Il vicino oratorio di San Giovanni Battista è un autentico scrigno di opere d’arte. Anzitutto vi è l’ancona con l’Imposizione del nome al Battista. Datata e firmata dal pittore triorese Lorenzo Gastaldi (1625-1690) nel 1682, la tela è posta in una ricca cornice e completa magnificamente un altare ligneo eseguito nel 1690 dal maestro molinese Giovanni Battista Borgogno, detto il Buscaglia, e dorato dall’artista genovese Antonio Maria Vaccaro. Poi una tavola, proveniente della chiesa di Sant’Agostino, raffigurante San Nicola da Tolentino. Raffigura il santo nella pienezza della vita e collocato sopra un emisfero sorretto dal demonio, sotto il quale si stende un bel panorama di città. Sostiene con la destra un giglio e con la sinistra un libro aperto sul quale di legge “Praecepta Patris mei servavi et maneo eius in dilectione”. Restaurato dal genovese Martino Oberto nel 1994, è assai antico, risalendo al secolo XV. Dal 10 giugno al 9 ottobre 2005 ha avuto l’onore di essere esposto nella Città del Vaticano e precisamente nel Braccio di Carlo Magno, nell’ambito di una prestigiosa mostra iconografica incentrata sul santo tolentinese, dal titolo “Il linguaggio del mistero – il sole, il libro, il giglio”.  

Vi sono inoltre molti altri quadri, fra cui la Madonna del Rosario di Luca Cambiaso ed altri di Battista e Lorenzo Gastaldi. Uno in particolare, l’Ultima cena, ha colpito Vittorio Sgarbi, nel corso di una visita notturna, per la sua genuinità e particolarità.

Su una cassa processionale nei pressi dell’altare è collocata la maestosa ed artistica statua in legno del Battista, eseguita circa il 1725 dal sommo scultore genovese e principe della statuaria lignea in Liguria, Antonio Maragliano. Alcuni studiosi hanno recentemente posto in dubbio questa attribuzione, ma è tuttora viva la tradizione triorese, tanto che gli abitanti chiamano l’opera “la statua del Maragliano”. E’ un’opera di straordinaria perfezione, verso la quale i Trioresi nutrono una particolare devozione, anche se ormai viene trasportata in processione soltanto alla vigilia della festività di San Giovanni Battista il 23 giugno.

Da ammirare anche la statua di San Dalmazzo, proveniente dalla chiesa omonima e restaurata pochi anni fa. In una nicchia è invece collocata la statua di San Giovanni Battista detto “il piccolo”. Essa, pure in legno, eseguita secondo Fulvio Cervini, dal Buscaglia, ogni anno veniva portata al santuario di san Giovanni dei Prati nel giorno della festa del 24 giugno. La Pro Triora sottolinea infine la possibilità di visitare la chiesa di San Bernardino da Siena, con i suoi meravigliosi affreschi, uno dei quali raffigura le fattucchiere e gli eretici che ardono in un calderone. Per farlo è sufficiente rivolgersi al museo etnografico e della stregoneria, aperto tutti i giorni.

“E’ una magnifica occasione – dice il presidente Roberto Faraldi – per rendersi conto di quale cultura sia impregnata l’antica “città” di Triora. Invitiamo chi ama l’arte genuina  a sfruttare questa occasione, compiendo una visita nel paese delle streghe”.

Redazione

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