Nello scorso fine settimana la Compagnia del Teatro dell'Albero ha portato in scena e replicato, per tre sere consecutive, il suo nuovo lavoro Invito a cena (con il bebè...) un testo brillantissimo e caustico, di paternità sconosciuta, che mette in scena cinque rappresentanti di una borghesia cittadina mediamente colta che si dibatte fra opinioni politiche e rancori personali.
L'occasione è una cena con specialità marocchine, offerta a casa propria, dalla coppia Pierre e Babou (Elizabeth) - professore universitario lui e insegnante, madre, casalinga lei - al fratello di lei Vincent, agente immobiliare e a sua moglie Anne, manager nel campo della moda, che è in attesa del loro primo figlio. Partecipa alla cena l'amico di sempre Claude, un musicista professionista (suona il trombone in orchestra) che con Vincent e Babou è cresciuto e che ha condiviso con loro giochi infantili e confidenze adolescenziali. Parrebbe un quintetto solido e affiatato ma uno scherzo iniziale (si verrà a scoprirlo dopo, però), o meglio, una bufala un po' idiota di Vincent, sul nome da attribuire al nascituro, mette allo scoperto, in un crescendo di aggressività, tutte le inquietudini e contraddizioni che attraversano le due coppie. L'affiatamento sincero fra i quattro e l'amico Claude viene minato da una serie di rivelazioni che finiscono poi per ricomporsi in un finale agrodolce che non aggiunge nulla di più a ciò che già sappiamo sui protagonisti che pure hanno cercato di mettersi reciprocamente a nudo le coscienze. I personaggi non si sviluppano e le rispettive incomprensioni restano tali, anche se vengono suggellate nel finale da accomodanti abbracci fraterni.
Incorniciati dalla piacevole ambientazione creata dallo scenografo e regista Carlo Senesi e dalle luci di Tony Damiano, i cinque si sfidano a un combattimento verbale in punta di fioretto, palleggiandosi battute ironiche, a metà tra la critica sociale e il divertimento; vanno via leggeri, senza eccessi, lasciando solo intravedere ciò che può celarsi sotto il perbenismo del vivere civile. Pierre (Anselmo Nicolino) si rivela fin dalla prima scena un presupponente e polemico intellettuale, Vincent (Franco La Sacra), nuovo ricco materialista e compatto, è beffardo e arrogante il giusto, Babou (Loredana De Flaviis) gentile e mortificata dalle incomprensioni del marito, ma protagonista nel finale di una lunga tirata, durante la quale vuota finalmente il sacco delle sue frustrazioni, Claude (Paolo Paolino) è l'amico mite e bonario e così discreto da risultare quasi invisibile, mentre Anne (Nicoletta Napolitano) è una moglie amorevole ma determinata.
In questo perfetto meccanismo teatrale così ben oliato e benissimo recitato, ognuno di noi spettatori si sente a casa propria, vorremmo intervenire e dire la nostra, massimamente compartecipi a quanto avviene e a quanto si dice, in sostanza un piccolo miracolo di immedesimazione fra pubblico e spettacolo, realizzato da attori e regista. Ammaliati dal ritmo indiavolato e dallo humor feroce si applaude calorosamente, riconoscendo in quei cinque sul palcoscenico, con le loro bassezze e i loro difetti, uno spaccato di umanità in cui è facile specchiarsi.