Sollecitata da un commento sulla figura di Gino Guglielmi, scritto da Fabrizio Aperto, e pubblicato da Sanremonews, mi è venuta voglia di buttar giù questo ricordo di mio padre, nel ventennale della sua morte. La scrittura è il mio mestiere, ma non è mai troppo facile raccontare le persone che ti hanno messo al mondo.
In tanti hanno fatto sapere alla mia famiglia che lo ricordano con affetto, dopo aver visto i manifesti in giro per Sanremo. Parecchi i commenti al post che abbiamo pubblicato mia sorella Antonella e io nei nostri profili Facebook. Eccone alcuni: Patrizia: il mio primo lavoro a 19 anni a "Il Ponente" di Sanremo, bellissima persona, un caro ricordo. Anna: per la festa di San Romolo mi ha premiato quando ero bambina per una gara di corsa nei sacchi, con la stessa importanza che se avessi vinto una gara sportiva. Che uomo! Ti faceva sentire importante. Carlo: lo ricordo con piacere anch'io, grande Gino! Valter: un personaggio notevole. Costanzo: lo ricordo a Sanremo alla Foce, nell'ufficio postale nel quale la mia mamma era direttrice, un uomo simpatico, pieno di energia. Se ben ricordo portava dei profumi in regalo agli impiegati. Alberto: un uomo legato al territorio e alle tradizioni, una persona illuminante.
Qualcuno si è chiesto perché il Comune non abbia mai pensato di intitolargli una strada, magari un caruggetto storto del centro storico, gli sarebbe sicuramente bastato.
Papà era una persona ottimista e aveva un pallino, riportare alla luce una Sanremo che non esisteva più, quella cittadina che, da metà dell'Ottocento e per cento anni, era stata meta di personaggi illustri, da Alfred Nobel a Edward Lear, dall'imperatrice russa Maria Aleksandrovna al Kaiser Federico III. Una Sanremo che profumava di fiori d'arancio e di vaniglia, assopita nei suoi giardini di palme e immersa nei boschi di ulivi, per dirla con la scrittrice Matilde Serao. Poi, se si imbatteva in qualche personaggio di Sanremo che aveva dato lustro alla città, come Antonio Rubino, Carlo Dapporto o Mario Calvino, era nel suo. Cercava foto e documenti in tutti gli archivi e amici distratti gliene regalavano a palate. Importante era stata per lui quella telefonata di un conoscente che lavorava al Casinò e che stava per buttare via nei cassonetti diversi album di foto storiche: "Gino, vieni a prendertele, che qui non interessano a nessuno, dobbiamo fare spazio negli uffici". Non se lo fece dire due volte, andò subito a ravattare nella rumenta, per dirla alla genovese, la mia lingua di oggi. Quelle foto sono in casa mia, nel mio studio, in attesa che interessino a qualcuno, che le voglia usare per mostre e ricerche.
Italo Calvino era un po' anomalo per papà, perché era nato a Cuba, dove Mario e Eva, i suoi genitori, avevano vissuto qualche anno. Era arrivato a Sanremo quando aveva due anni e poi era scappato via dopo il liceo e la lotta partigiana. Non si riconosceva più in quelle strade e su quel litorale turistico: la speculazione edilizia negli anni Cinquanta, a colpi di scure, stava stravolgendo quel paesaggio da sogno. Italo era poi diventato il più famoso sanremese di sempre, ma lontano dalla sua città, benché non abbia fatto altro, come autore, che scrivere e riscrivere quel paesaggio, dal Barone Rampante alle Città Invisibili. Ebbene, di Italo Calvino me ne sono occupata io: grazie alle foto raccolte da papà con pazienza certosina e che ho salvato da un frettoloso trasloco, ho costruito la mostra "Dal fondo dell'opaco io scrivo", che dopo essere stata allestita a Villa Ormond, nel decennale della morte dello scrittore (1995), nel 1999 è approdata alla New York University, voluta dalla figlia Giovanna, per le celebrazioni in onore di Italo Calvino nella Grande Mela. Tra i protagonisti di quell'evento: Salman Rushdie, Umberto Eco e Carlos Fuentes.
Ora sto parlando di me, però è soprattutto grazie a mio padre, al suo lavoro ossessivo di collezionista di documenti che interessavano a pochi, che quella mostra ha fatto il giro del mondo. E poi i genitori sopravvivono anche nei figli e in quello che fanno, o no?
Ebbene Fabrizio Aperto, nel suo intervento lo ricorda come "figura storica del panorama culturale della nostra città di cui si parla sempre troppo poco. Scrittore, poeta, conduttore televisivo, segretario della Famija Sanremasca, è stato in vita una di quelle personalità che hanno portato lustro a Sanremo". Si ricorda che quando era piccolo, Gino Gugliemi lo teneva incollato al televisore: conduceva un programma, andato in onda alla fine degli anni Settanta, intitolato "Il Rigulè". Lì papà dava sfogo al frutto delle sue ricerche - come nei suoi articoli o nei suoi libri - "con una maestria e una professionalità che, nel suo piccolo - scrive Aperto - non avevano nulla da invidiare ai grandi conduttori del teleschermo di allora". Tra gli ospiti Pippo Barzizza e Carlo Dapporto. Sempre Aperto si lamenta che i materiali della trasmissione sono stati portati via dal fango, nell'alluvione del 1998. Ho conservato video cassette e testi di quella trasmissione, se mai interessassero a qualcuno.
Ebbene mia mamma vive ancora a Sanremo, ma né io né mia sorella viviamo più lì, papà se ne sarebbe fatto un grande cruccio, ma avrebbe capito, perché come scrive sempre Aperto, Gino aveva intuito quanto fosse profondo il declino della sua città che amava tanto, e che non ci sarebbe più stato ritorno. Semmai il Comune di Sanremo volesse intitolargli un caruggetto o un recantu dimenticato, credo che farebbe una bella cosa. Vi lascio con un "Bona a vui", come diceva papà, innamorato del suo dialetto - alla fine di ogni puntata del "Rigulé".
Laura Guglielmi
Approfondimento QUIhttps://www.lauraguglielmi.it/genova-e-liguria/quando-mio-padre-gino-guglielmi-voleva-far-rivivere-sanremo/?fbclid=IwAR0RL1uSXhASQ8FMD-dOxfnjlOu57aXnzh-JuzOnMpAgtNWWIMUaqKbdPzg